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Read Ebook: The Nuts of Knowledge: Lyrical Poems Old and New by Russell George William
Font size: Background color: Text color: Add to tbrJar First Page Next Page Prev PageEbook has 144 lines and 7833 words, and 3 pagesBastarono queste parole per far salire il rossore alle guancie di Giulio, quasi a volere smentire l'osservazione di Ernesto; ma questi continuava: -- E tutto ci? ? un commento alla lettera che m'hai scritto la settimana scorsa: ma non ? ancora tale da non farmi desiderare un commento pi? chiaro, pi? esplicito, pi? pieno nelle tue confidenze. Giulio s'era venuto confondendo sempre pi?, e al cenno della sua lettera, erasi addirittura turbato come un reo a cui si rinfacci la colpa che non pu? negare. -- Ah! la mia lettera: -- disse quasi balbettando -- ? stata una follia... scusami... Ho fatto male a scrivertela... -- Anzi, hai fatto benissimo. -- -- Sai pure! Ci sono dei momenti di scoraggiamento, di tristezza... Ora ? passato... Facciamo come se non avessi scritto niente, e non parliamone pi?. -- Bravo! Io che voglio fare tutto l'opposto: io che t'aspettavo con gran desiderio perch? ne discorressimo insieme proprio a cuore aperto. Il buon Giulio si confuse, si smarr? ancora di pi?. -- No... non adesso... il tempo non ? opportuno... questa non ? giornata da occuparci di tali bagatelle... pi? tardi, un'altra volta. -- -- No, signore, no, signore: -- disse con fermezza e con amorevole insistenza il primogenito dei Valneve, -- il tempo ? anzi opportunissimo, io non ho che due giorni da fermarmi, e l'anima stessa di mio padre sar? contenta che in questo giorno medesimo ci occupiamo dell'avvenire di persone che gli stavano tanto a cuore... Or dunque sta tranquillo, lasciami dire e rispondi a tono. La tua lettera, a cui non risposi, appunto perch? volevo venirti parlare a voce, l'ho qui... Vuoi che la rileggiamo insieme? -- -- No, no: -- grid? il giovane spaventato, il cui volto era tutto una fiamma. -- ? giusto: -- disse Ernesto col suo grazioso sorriso -- tu non hai certo bisogno di rileggerla per ricordartene, e io la so quasi a memoria. In quella lettera mi dicevi, cos?, tutto ad un tratto, che la vita t'era diventata insopportabile... nientemeno... -- Ernesto! -- esclam? vergognosissimo il giovanetto. -- E che pensavi quindi lasciar Torino, i congiunti, i conoscenti e andarti ad imbarcare per l'America, per l'Australia, per qualche terra ignota, se ci fosse, dove perderti affatto, che nessuno udisse pi? mai di te. -- Che vuoi? -- disse Giulio sempre pi? confuso. -- Ho forse ereditato dal mio povero padre l'umore vagabondo e il carattere irrequieto... -- Tu che sei una perla di giovanetto, mite, modesto, assennato! -- Troveresti tu tanto sragionevole il desiderio che io avessi di andare laggi? dov'? morto mio padre e rintracciarne la tomba? -- No, certo, ma bisogna esser sinceri. Il sentimento che ti spingerebbe a quella partenza non ? esclusivamente la devozione figliale, non ? l'amore delle avventure, n? il desiderio di guadagni. Come fu del buon zio Armando tuo padre; ma sarebbe quella medesima causa di tristezza e di scoraggiamento che accennavi poco fa... E poich? tu fai tante difficolt? a dirmela codesta causa, vuoi che te la dica io? -- Ma che supponi?... A che cosa vuoi alludere?... Ti assicuro... -- Ah! la menzogna poi non ist? bene... Potresti tu, oseresti tu negarmi che qui sotto c'? un amore?... -- Ernesto! -- esclam? Giulio, proprio con isgomento. -- Non dire una parola di pi?... Non farmi vergognare. -- E perch? vergognare?... ? una vergogna forse l'amare nobilmente una buona e brava ragazza?... Perch? tu ami nobilmente, non ? vero? -- Oh s?! -- esclam? il giovane con forza, con calore, con nuovo coraggio, l'occhio brillante e le guancie arrossate. -- E sei persuaso che quella che ami ? una buona e brava ragazza?... -- La migliore, la pi? leggiadra, la pi? sublime che sia sulla terra! -- grid? con entusiasmo Giulio. -- Un angelo, secondo il solito: -- aggiunse scherzevole Ernesto: -- ma questa volta credo che... e non secondo il solito... tu abbia proprio ragione a chiamarla cos?. Ma dandole il suo nome terreno, quella ragazza noi la chiameremo?... Si tacque aspettando che il giovane pronunziasse il nome: ma egli invece butt? di nuovo le braccia al collo del cugino e nascose tutto tremante il volto sulla spalla di lui. -- La chiameremo Albina, -- prosegu? dolcemente il fratello della giovanetta. Giulio ebbe una scossa in tutta la persona. -- Oh Ernesto! -- mormor?. -- Or dunque tu vedi che la tua confessione... un po' per forza se vogliamo... me l'hai fatta... e aff? mia, non ci vedo proprio nulla da vergognarsene. -- Ce n'?, a pensare che non si ? degni, neppur per ombra, di colei a cui si osa rivolgere la mente e consecrare il cuore, a pensare che ella non vi potr? mai corrispondere... -- E chi te lo dice? -- interruppe Ernesto. -- Tutto, e prima di tutto la coscienza di me stesso: -- rispose animandosi Giulio. -- Certo, se per esser degno di lei, bastasse amare sinceramente, profondamente, santamente, potrei sperare pur io; io che l'amo fin dal primo momento che ho avuto cognizione, che le ho votato un culto nel mio cuore, che in lei vedo tutto ci? che v'? di pi? bello e di pi? nobile nel mondo, che vorrei poterle mettere ai piedi tutte le grandezze, che vorrei potermi acquistare un raggio di gloria per unirlo allo splendore di leggiadria e di virt? che circonda la sua fronte. -- Ma bravo! -- esclam? il fratello d'Albina. -- Non ti ho sentito mai a parlare con tanta eloquenza!... Codeste belle cose, che dici a me, se tu le dicessi... -- A lei? -- interruppe Giulio spaventato. -- Dio mi guardi!... Come potrei osare?... In sua presenza non trovo pi? le parole. Ho un tumulto qui dentro... e non mi posso spiegare... Vorrei talvolta, e la lingua mi si annoda, e un tremito mi invade, e faccio dispetto a me stesso... E quando vedo altri che ha maniere cos? forbite ed eleganti, che sa parlare con garbo... -- Ah! qui veniamo dove il dente duole di pi?. Chi ? quest'altri? -- Niente.... nessuno.... Tu mi fai parlare, parlare, e mi scappano dette certe cose... -- Che a me dovresti confidare senza fartele tirar fuori cos? a spizzico... Quell'altri dunque non lo vuoi nominare? Lo nominer? io: ? il conte di Camporolle. Giulio ebbe un momento di risoluzione e di coraggio. -- Ebbene, s?, ? lui... Oh come lo invidio!... Come ne son geloso!... Mi pare a volte di odiarlo. -- Odiarlo! Egli ? pur cos? buono, gentile, e si fa ben volere da tutti. -- Eh! appunto per questo!... -- Giulio, -- disse Ernesto dopo una breve pausa: -- tu conosci la mia schiettezza, e io, secondo il solito, l'user? anche teco. Se io in codesta faccenda avessi potuto influire per qualche cosa, se avessi potuto effettuare il mio desiderio, non avrei voluto che nel tuo cuore nascesse tale amore per mia sorella.... -- Ecco l?! -- interruppe con dolorosa vivacit? il giovinetto: -- anche tu mi condanni?.... Se lo sapevo, lo sapevo... Anche tu preferisci quel conte Alfredo, che ? il beniamino di tutti. Tuo fratello Enrico n'? addirittura infatuato; la zia Adelaide stessa lo accoglie con maggior distinzione... L'hai detto benissimo tu adess'adesso: colui s? che sa farsi benvolere da tutti! Io sono un meschino e conosco la mia meschinit?. Il poveretto aveva le lagrime agli occhi e si mordeva le labbra per non rompere addirittura in pianto. Il cugino gli prese scherzosamente la guancia fra l'indice e il medio della mano destra e disse: -- Tu sei un ragazzo che hai trovato modo di fare un difetto, esagerandola, d'una bella virt?, che ? la modestia. Non vorrei che tu fossi un fatuo orgoglioso; ma che diamine! un pi? giusto concetto di te lo dovresti pure avere. Ora lasciami parlare, non interrompermi pi?, e vedrai che la conclusione non sar? tanto sgradevole come te lo immagini. Io dunque avrei desiderato per te un'altra compagna, che non avesse il medesimo sangue nelle vene; e per Albina uno sposo di tutt'altra stirpe, fosse pur anco di un'altra regione della penisola.... -- Come appunto il Camporolle! -- esclam? con qualche amarezza Giulio. -- E sai perch?? Perch? tutti i fisiologi oramai s'accordano nel dire che i matrimoni fra consanguinei vanno a detrimento della prosperit? della prole e sono causa di decadenza delle razze. L'indebolimento, l'esaurimento delle famiglie reali non hanno forse altra causa: ed a questa pure devesi attribuire il cambiamento nostro, quello che fece piccoli, delicati, sottili noi discendenti di quei colossi che portavano armature di ferro e maneggiavano antenne per lancie. -- Ed ? questa la conclusione che non deve essermi sgradita? -- domand? il giovanetto. Add to tbrJar First Page Next Page Prev Page |
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