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Munafa ebook

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Read Ebook: A Smaller History of Rome from the Earliest Times to the Establishment of the Empire by Lawrence Eugene Smith William

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Ebook has 399 lines and 187805 words, and 8 pages

STORIA DELLA REPUBBLICA DI FIRENZE

SECONDA EDIZIONE RIVISTA DALL'AUTORE.

TOMO TERZO.

FIRENZE, G. BARB?RA, EDITORE. 1876.

Depositata al Ministero d'Agricoltura, Industria e Commercio per godere i diritti accordati dalla legge sulla propriet? letteraria.

G. BARB?RA.

SOMMARI DEL TOMO TERZO.

LIBRO SESTO.

Mala disposizione contro alla Casa Medici dei maggiori tra gli Ottimati. -- In Firenze i giovani chiedono le armi; quindi all'appressarsi dei due eserciti la citt? insorge e si dichiara contro ai Medici. Ma essendovi entrati i Capitani della Lega, si fa un compromesso. -- Pel caso di Roma i moti crescono in Firenze. Filippo Strozzi e madonna Clarice sua moglie. I due giovani Medici obbligati a partirsi di Firenze. -- I popolani armati impongono la riapertura del Consiglio Grande e un Governo com'era nel dodici. -- Niccol? Capponi eletto Gonfaloniere per tredici mesi. -- La citt? ? divisa tra chi voleva e chi non voleva romperla affatto co' Medici. -- Evasione del Papa. -- Feste in Firenze. Rigori contro ai partigiani dei Medici; guardia di giovani al Palagio. -- . Distruzione dell'esercito francese sotto Napoli: finiscono le Bande Nere, che erano al soldo dei Fiorentini. -- Andrea Doria, fattosi amico a Carlo V, costituisce in Genova una forma nuova di governo. -- I Francesi dopo altre sconfitte abbandonano anche la Lombardia. -- Istituzione in Firenze d'una milizia per cui si danno le armi in mano al popolo. Solennit?; orazioni che furono recitate. -- Sedizione dei giovani che avevano preso la guardia del Palagio. Condanna di Iacopo Alamanni e sua decapitazione. -- Ingrossa la parte avversa al Capponi. -- Ippolito dei Medici ? fatto Cardinale. -- Pratiche di Clemente per fare tornare i suoi in Firenze come semplici cittadini. Il Gonfaloniere ascolta queste pratiche. -- Una lettera caduta di mano a lui ? occasione a destituirlo dal magistrato e farlo mettere in accusa. Viene assoluto in quel giudizio, e torna a casa onorato. Francesco Carducci eletto in sua vece. -- Pratiche di pace tra 'l Papa e Cesare. In Firenze i pi? esperti consigliavano accostarsi a questo. Andrea Doria ne faceva formale proposta e mandava qui a tal fine, ma inutilmente, Luigi Alamanni. -- Trattato di Barcellona, pel quale il Papa e Cesare si obbligano a rimettere i Medici in Firenze. -- Pace di Cambray: Francesco I promette l'abbandono dei suoi alleati, intanto che egli e la Corte addormentavano l'ambasciatore Baldassarre Carducci di vane promesse. -- Moti diversi degli animi in Firenze. -- Carlo V a Genova : nuovo assetto allora dato da lui all'Italia. -- Quattro ambasciatori mandati a Cesare, dal quale sono rinviati al Papa. I quattro sono divisi tra loro. ? ad essi vietato seguirlo in Piacenza. -- L'ambasceria si discioglie, e Niccol? Capponi muore in Castelnuovo di Garfagnana.

Carlo V fa muovere contro Firenze il Principe d'Orange; come si componesse l'esercito da lui condotto. -- Alfonso da Este abbandona i Fiorentini, ai quali Venezia ricusa mandare aiuto di soldati. -- Clemente invia contro Perugia il Principe d'Orange. -- Malatesta Baglioni soccorso dai Fiorentini, si accorda col Papa di loro consentimento. -- L'Orange assale Cortona che resiste, poi s'arrende. -- Castiglione Fiorentino saccheggiato. -- I nemici investono Arezzo, di dove il Commissario fiorentino si ritira. -- L'Orange pone il campo a Figline, e intanto fa dai suoi occupare il Casentino. -- In Firenze si delibera mandare al Papa quattro ambasciatori: and? innanzi agli altri Pier Francesco Portinari a fare istanza perch? il Papa fermasse l'esercito: parole del Papa che invia l'Arcivescovo di Capua. -- Questi giunto in Firenze, non vi ? ascoltato. Mandano all'Orange ambasciatori. I tre che raggiungono in Roma il Portinari trovano il Papa sulla partenza: sono ascoltati da lui in Cesena, ed hanno risposte che in Firenze non sono accolte. -- Il Gonfaloniere aveva chiamato una Pratica generale dove da tutti i Gonfaloni, eccetto uno solo, viene deliberata la resistenza. -- Fautori dei Medici fuggiti e banditi o ritenuti o condannati. Arsioni delle loro ville. -- Arsioni e guastamenti per decreto pubblico degli edifizi e giardini a un miglio dalla citt?. -- Fortificazioni alla citt?. Fanti assoldati e milizie cittadine; Malatesta Baglioni e Stefano Colonna. Balzelli, vendita di beni. -- Fuga e poi ritorno di Michelangelo Buonarroti che dirigeva le fortificazioni. -- Stato degli animi in Firenze. -- Devastazione del Val d'Arno. Lucrezia Mazzanti. L'Orange si conduce fino ad un miglio dalla citt? . -- Descrizione del campo dei Fiorentini. -- Descrizione del campo degli assedianti, Italiani, Tedeschi e Spagnoli. -- Malatesta disfida i nemici: questi la notte degli 11 novembre danno l'assalto alla citt?, che si difende popolarmente. -- Gli assediati assalgono il campo nemico, da cui si ritraggono onoratamente. -- Morte di Mario Orsini e di Giorgio Santa Croce. -- Un nuovo esercito scende di Lombardia: la citt? chiusa da ogni parte; perdita di Signa, di Pistoia e d'altri luoghi. -- Francesco Ferrucci Commissario d'Empoli, ripiglia Castel Fiorentino, assale ed espugna San Miniato; distrugge una banda di Spagnoli presso Palaia. -- Francesco Carducci esce di Gonfaloniere, a cui succede Raffaello Girolami . -- Il Gonfaloniere, convocato un grande Consiglio, lo interroga circa al mandare ambasciatori al Papa; il che fu approvato, ma poi annullano il voto e mettono condizioni che sono respinte duramente. -- Leggi spietate per fare danari sopra i beni dei ribelli; ori e argenti dei luoghi sacri mandati alla Zecca. -- Predicatori popolari che promettevano liberazione: Fra Benedetto da Foiano. -- Caterina dei Medici: disegni attribuiti al Principe d'Orange. -- Malatesta Baglioni fatto Capitano generale. Suo concetto sopra i pericoli dell'impresa; di qual sorta fosse il suo intendersi con Clemente. Propositi forti delle milizie cittadine. Scaramuccie continue, disfide. -- Combattimento particolare con la morte di Lodovico Martelli. -- Carlo Capello ambasciatore veneziano. -- Valore di Lorenzo Carnesecchi nella difesa della Romagna. -- Proposte vane di Francia; pensieri del Vescovo di Tarbes Oratore francese a Roma: parole di Clemente e suo infelice stato dell'animo.

Il territorio della Repubblica per grandissima parte occupato dai nemici. Francesco Ferrucci da Empoli sostiene la guerra nelle provincie circostanti. -- Ribellione di Volterra. -- Il Ferrucci, rinforzato di genti, assale Volterra, che dopo fiera battaglia nelle strade si d? a discrezione. -- Fabbrizio Maramaldo, entrato nei borghi di Volterra, vi fortifica. Il Marchese del Vasto, venuto dal campo sotto Firenze, assalta Volterra, dalla quale ? cacciato indietro dopo replicati combattimenti. -- Perdita d'Empoli per assalti e tradimenti. -- Malatesta in persona fa una mossa contro al campo Imperiale. -- Assalto notturno e sanguinoso di Stefano Colonna contro al quartiere degli Imperiali a Sant'Iacopo in Polverosa. Penuria di viveri e di danaro. -- Milizie accresciute, disegni temerari, male intelligenze con Malatesta. -- Il Ferrucci muove da Volterra. S'ammala in Pisa, indi procede fino a Pescia d'onde per la via dei monti aveva disegno scendere al soccorso di Firenze. -- Pratiche di Malatesta con l'Orange. -- Deliberazione del Grande Consiglio di dare l'assalto; al che Malatesta e il Colonna si oppongono. -- Intelligenze del Malatesta con l'Orange: la Signoria invia sul campo Bernardo da Castiglione, che torna avendo rotta ogni pratica. -- In citt? i soldati in arme, la giovent? in arme. -- Grande mossa dell'Orange contro al Ferrucci: si scontrano in Gavinana. ; battaglia lunga e diversa, morte del Principe. Sopraggiunge il Maramaldo, dal quale ? preso e ucciso il Ferrucci. -- In Firenze altri chiedono armi, altri s'accostano a Malatesta. Egli e il Colonna mandano a fare accordo col Gonzaga. Zanobi Bartolini. Baccio Valori. Bozza di Capitoli. -- Malatesta propone si accettino; la Signoria manda invece licenza a lui ed al Colonna. Malatesta ferisce un Niccolini che gliela aveva recata, e minaccia di fare entrare i nemici. -- Quattrocento giovani e ricchi e uomini di pi? sorte si radunano nella piazza di Santo Spirito, facendo dire alla Signoria che non riconoscono pi? altri che Malatesta. -- La Signoria manda al campo quattro ambasciatori per capitolare. Pochi in arme si raccolgono intorno al Palazzo. -- Articoli della Capitolazione .

TAVOLA DEI NOMI E DELLE MATERIE 389

STORIA DELLA REPUBBLICA DI FIRENZE.

LIBRO SESTO.

Le guerre d'Italia diedero cagione allo incontrarsi la prima volta insieme Francesi, Spagnuoli, Tedeschi; e l'antica terra fu il campo di quelle battaglie dalle quali usciva l'Europa moderna. Fino alla prova di quelle guerre l'Italia tenevasi in pi? alto grado delle altre genti: discesero queste, e ritrovandola disarmata, divisa, impotente; allora pigliarono maggiore fiducia di s? medesime, e si rallegrarono: ma nell'Italia cess? ad un tratto la vita esultante degli ultimi anni; falliva il pensiero nutrito pi? secoli, le arti politiche si vedeano fatte ludibrio a s? stesse. Fra queste ruine Firenze rinvenne la popolare libert? sua e fior? per uomini rimasti famosi; felice a confronto delle altre Provincie, finch? tutto il peso delle armi straniere non cadde sovr'essa per quivi estinguere la vita d'Italia.

Grandi erano intanto gli apparecchi d'Alfonso, il quale sapendo le guerre di Napoli doversi vincere fuori del Reame, aveva mandato per mare il fratello Federigo con forte armata contro a Genova, sperando con l'aiuto de' fuorusciti ribellarla dalla signoria di Lodovico: ma la spedizione mosse troppo tardi, e questi inviativi da Milano soldati in gran fretta contenne Genova, e indi con l'aiuto di Luigi duca d'Orl?ans, cugino del Re, battute le forze nemiche a Rapallo, costrinse Federigo con tutte le navi a ricovrarsi nel porto di Livorno, aperto a lui dall'amicizia di Piero dei Medici. Da un'altra parte muoveva il giovane Ferdinando duca di Calabria con buono esercito inverso Romagna, sperando procedere insino a Parma, citt? male affetta ai Duchi di Milano, e che gli avrebbe aperto l'entrata nel cuore di Lombardia. Ma convenivagli amicarsi prima quei Signorotti della Romagna; al che fu ostacolo principale Caterina Sforza che in nome del piccolo figlio teneva Forl?. A questo modo le due imprese, le quali dovevano cuoprire il Reame, del pari fallivano; e Carlo, cedendo ai nuovi stimoli che egli ebbe dall'impetuoso Cardinale, e valicate pel Monginevra le Alpi, giungeva in Asti ai 9 settembre.

Aveva seco oltre a dugento gentiluomini della guardia sua, mille seicento lance composte, tra uomini d'arme, arcieri e valletti, di sei cavalli ciascuna; cui s'aggiungevano, con sempre incerta numerazione, ottomila fanti guasconi con archibuso e spada a due mani; dodicimila balestrieri di altre parti della Francia, e ottomila Svizzeri con picche e alabarde: fu creduto che attraversassero la Toscana sessantamila soldati francesi. Grande era il numero delle artiglierie, tali che Italia non aveva mai veduto le somiglianti; perch? le antiche bombarde per la pesantezza loro, e per essere le palle di pietra, si trascinavano lentamente tirate da buoi, ed era il piantarle lungo e difficile, ed i colpi di ciascuna molto radi; laddove i Francesi avendo i cannoni loro pi? spediti, gli tiravano a cavalli e gli piantavano e muovevano facilmente, essendone oltreci? i colpi assai pi? frequenti e gli effetti pi? gagliardi. Ma troppo inferiori in Italia erano per valore e fede i soldati, mercenari essi ed i condottieri loro, che per guadagno, mutando spesso padroni, tutti gli frodavano e poi gli tradivano: in Francia invece le milizie pagate dal Re si componevano di gentili uomini, che oltre agli stimoli dell'onore aveano certezza, con mostrarsi valorosi, di avanzare nei gradi, i quali salivano infino a quello di capitano; le compagnie inoltre non si rinnovavano a capriccio, n? si mutavano per diserzioni e arruolamenti, ma erano d'uomini per lo pi? della provincia stessa insieme avvezzi a combattere e a emularsi: il che si vuol dire anche dei fanti, che nelle battaglie tenevano il fermo, laddove in Italia si sbandavano al primo scontro: cos? la milizia, che era qui un mestiere, in Francia tenevasi il pi? decoroso degli uffici. Scendevano lieti in paese dovizioso, di dolce clima e di dolce vivere, al mondo famoso, da dover essere onorata preda.

In Asti veniva Lodovico Sforza con la moglie Beatrice d'Este e splendido accompagnamento di dame e signori: grandi le onoranze, ma sospetti rinascenti sempre rendevano Carlo dubbioso al muoversi, perch? a ogni passo temeva una frode. N? senza motivo, Lodovico tenendo in riserva gi? l'altro disegno, quello di chiudere in Italia l'oste francese ed opprimerla, n? avendo cessato mai dal praticare segretamente con Piero de' Medici, di cui fu detto che lo avesse denunziato a Carlo. Il quale in Asti c?lto dal vaiuolo, dov? indugiare pi? settimane; dipoi visitata in Casale la Reggente del marchesato di Monferrato, che gli imprest? gioie da farne denari, venne il Re a Pavia, dov'era tenuto sotto la guardia dello zio il duca Giovanni Galeazzo cugino del Re per esser nati da due sorelle della casa di Savoia. Lodovico avrebbe voluto nascondere a Carlo quel misero giovane infermo e insidiato dalle male arti dello zio, e chiuso, perch? fosse obliato, in quel castello insieme alla moglie Isabella d'Aragona figlia d'Alfonso, e ad un bambino di pochi anni. Andava Carlo a visitare il cugino giacente nel letto, cui non disse altro che poche parole di conforto, essendo presente Lodovico; quando entrava Isabella che gettandosi a' piedi del Re, bella, infelice ed animosa, gli raccomandava il padre e il fratello e la casa d'Aragona: ma Carlo rispose, ch'era troppo tardi; e si lev? tosto commosso, e impacciato, dal tristo colloquio. Venne a Piacenza, dove allo Sforza giunse avviso della morte del nipote, che tutti crederono da lui medesimo affrettata; ond'egli recatosi a Milano, e quasi cedesse alle preghiere di molti, pigliava il governo in proprio suo nome, sebbene tenesse nascosta per allora l'investitura che gi? con danari aveva ottenuta da Massimiliano imperatore.

Carlo da Piacenza muoveva diritto alla volta di Toscana per la via di Pontremoli, ed aveva campeggiando in Lunigiana prese alcune castella suddite o raccomandate ai Fiorentini e saccheggiato Fivizzano. Per il che in Firenze dai governatori dello Stato si cominci? a temere, e dalla parte avversa a questo si cominci? a sperare ed a sparlare senza rispetto di Piero de' Medici. Il quale cercando provvedere alla difesa, quando si venne in Firenze a fare danaro trov? inaspettata difficolt? nell'universale, e duri e male disposti allo spendere gli amici pi? facoltosi a cui ne aveva fatta richiesta. Onde egli senza fare altra prova sulla fede dei cittadini, e male imitando l'esempio del padre quando si rec? a Napoli, prese consiglio di andare al Re e rimettersi nelle sue braccia lasciando la Lega degli Aragonesi con le condizioni migliori d'accordo, che a lui fossero possibili. Usc? di Firenze subitamente una sera con pochi amici, e venuto al Re, gli offriva quasi che spontaneamente Sarzana e Pietrasanta, luoghi ben muniti, poi Mutrone e Ripafratta ed altri castelli, egli come libero padrone e senza averne autorit? dalla Signoria. A queste cose non ? da dire se gli animi si alterassero in Firenze, di gi? sollevati per la partenza di Piero. Nelle Pratiche e nello stesso ufficio dei Settanta dove Casa Medici aveva i suoi pi? sviscerati, non mancavano parole di fiero concetto, ma spesso timidamente proferite, e poi annacquate, perch? dopo sessant'anni la dominazione di quella famiglia si era in Firenze connaturata. I pi? disposti a cose nuove facevano capo a Piero Capponi, e fra tutti si metteva innanzi un messer Luca Corsini, il quale una notte and? per suonare a martello la campana grossa; ma ritenuto, non pot? suonare che due o tre tocchi, dal che la citt? fu pi? che mai turbata e confusa. In Palagio avevano co' modi regolari eletta una Ambasceria di cinque cittadini che andassero a Carlo, dei quali era primo Fra Girolamo Savonarola. Si appresentarono questi al Re, ma senza venire a sorta alcuna di conclusione.

Piero de' Medici in quel mezzo tornava in Firenze, e aveva dato ordine a Paolo Orsino, che era agli stipendi della Repubblica e suo congiunto, di fare soldati nel contado e riunirli seco in citt?; donde gli avversari suoi si risolverono infine a mostrarsi. La maggior parte della Signoria s'era volta contra a Piero; Iacopo de' Nerli, armato con altri che lo seguitavano, venne in Palagio, e fattolo serrare, stava a guardia della porta. Era la mattina de' 9 novembre, e Piero co' suoi staffieri e gran numero d'armati, armato anch'egli, ma sotto il mantello, venne al Palagio, dove trov? la porta chiusa, e fugli risposto che se voleva entrare entrasse solo e per lo sportello. S'avvide allora che avea perduto lo Stato, e torn? a casa; dove bentosto ud? che il popolo si levava; ed essendogli da un mazziere della Signoria notificato il bando di rubello, mont? a cavallo e prese la via di Bologna. Il Cardinale Giovanni suo fratello, ch'era in Firenze, avea tentato venire in Piazza con seguito d'armati; ma visto che il popolo moltiplicava, se ne fugg? anch'egli vestito da frate per la stessa via, e seco Giuliano minore fratello, e degli amici della famiglia taluni che erano dei pi? odiati. La splendida e ornata magione di Cosimo e di Lorenzo andava a sacco; involate a questa molte ricche suppellettili e preziosit? dell'arte, e libri e anticaglie. Correva la plebe alle case d'altri dei pi? noti partigiani, ma uomini savi raffrenarono il tumulto; e intanto i Signori chiamato il popolo in Piazza, annunziarono essere abolito l'ufficio degli Otto di Pratica, e l'ordine dei Settanta, dov'era la forza di parte Medicea, e tolto il corso ai quattrini bianchi che erano stati mezzo a rincarare il prezzo del sale. Francesco Valori, che tornava da Pisa, perch'era tenuto uomo netto che ai Medici aveva resistito, fu ricevuto con sommo gaudio ed in Palagio portato di peso sopra le spalle dei cittadini.

Il giorno stesso in cui Firenze recuperava la libert?, perdeva Pisa. Quivi era entrato il Re con l'esercito suo che sfilava alla volta del Reame; e andato al Duomo ad offerire, uomini del popolo e donne e fanciulli gli si fecero incontro al ritorno, e gridando Libert?, chiedevano uscire di sotto al giogo dei Fiorentini. Pigliarono animo vedendo benigna la faccia del Re, o fosse in lui compassione, o desiderio di gratificarsi i popoli: quindi la sera stessa co' primari della citt? consent? che Pisa fosse libera sotto alla Regia bandiera, avendo molti cittadini a lui giurato fedelt?; occupava con le armi sue la fortezza nuova, la vecchia tennero soldati armati in fretta dai Pisani. I quali frattanto con indicibile allegrezza si diedero a cancellare da per tutto le armi e a disfare quanti rinvenivano Marzocchi o altre insegne dei Fiorentini: di questi in Pisa erano tanti, che nella citt? deserta si dicevano essere in maggior numero dei Pisani: uscirono molti sotto la guardia dei Francesi, e i principali insieme col Re. N? questi al partire era in s? ben certo qual forma volesse dare alle cose dei Pisani, tirato, com'era suo costume, da vari consigli. Aveva in quei moti grande mano Lodovico duca di Milano, il quale bruciava di voglia d'avere Pisa perch? una volta ella era stata dei Visconti, che la venderono, e il vedersela torre di mano fu prima causa dell'alienazione sua dai Francesi.

Ma tosto s'avviddero i Francesi quanto poco fondamento avesse la troppo facile conquista. Pi? attendevano a godersela che a darle fermezza, insolentivano con la presunzione cresciuta in essi per l'altrui vilt?; il Re, intento ai suoi piaceri, non badava n? a fare giustizia n? a mettere ordine nel governo: bentosto il falso amore dei popoli si mut? in odio contro allo straniero. E intanto i Principi, non d'Italia solamente ma d'oltremonte, si commovevano, quelli impauriti e questi sollevati a nuovi pensieri dall'essersi accorti, l'Italia essere un paese che in s? medesimo non aveva la propria difesa. Lodovico Sforza, poich? ebbe veduto procedere innanzi rapidamente i Francesi, e che gli ostacoli da lui sperati all'impresa loro cadevano tosto, entr? in discorsi col Senato Veneziano, uscito al fine dalla ponderata inerzia sua, e col Pontefice gi? disposto a entrare in quella Lega; la quale per? non ebbe effetto sin ch'ell'era di soli italiani: ma fu in Venezia per ambasciatori solennemente conchiusa nel mese d'aprile, essendovi entrato Massimiliano imperatore, allora col titolo di re de' Romani, e Ferdinando e Isabella che insieme tenevano il regno di Spagna. Questi pi? volonterosi degli altri avevano mandata una loro armata in Sicilia, di l? preparandosi a portare la guerra in Calabria. Non era in Italia pi? da soprastare pei Francesi dopo una Lega tanto formidabile; e divenendo pericoloso l'indugio, il Re con la maggior parte dell'esercito partiva da Napoli dopo tre mesi dacch? vi era entrato, lasciati a guardia del Reame sotto Gilberto di Montpensier parte degli Svizzeri e dei Francesi, e cinquecento uomini d'arme italiani che aveva egli a soldo. Travers? Roma, donde il Papa ed il Collegio de' Cardinali si erano ritratti in Orvieto; e in Siena fermatosi alcuni giorni, senza toccare Firenze, per la via pi? breve s'incammin? a Pisa.

Le cose di questa citt? procedevano allora in tal modo; le dubbie parole del Re ai Fiorentini e la grande propensione dei Capitani francesi davano animo ai Pisani, che usciti al tutto dall'antica suggezione, intendevano a fortificare di genti e d'armi lo Stato loro, avendo a s? amiche le due citt? vicine di Siena e di Lucca, e giovandosi del favore e degli aiuti che ad essi dava, bench? in segreto, lo Sforza, ma scopertamente in nome proprio i Genovesi: attendevano anche a liberare tutto il contado; e gi? cominciavano le offese quando in Roma, essendo al Re venuti ambasciatori delle due citt? nemiche, mandava questi il Cardinale di San Mal? suo principale ministro a comporre, come si diceva, le cose di Pisa; il quale avuto con tale esca il rimanente dei danari al Re promessi dai Fiorentini, e andato a Pisa, nulla fece, dando cos? ai Pisani del loro proposito maggior conferma. Non ? da dire se queste cose dispiacessero a Firenze, dov'era grandissimo sospetto del Re che nel ritorno conduceva seco Piero de' Medici, e non si spiegava quanto alla via che piglierebbe per traversare la Toscana. Si aggiungeva che i Senesi aveano in quel tempo fatto ribellare Montepulciano; talch? la Repubblica scoperta da pi? lati e minacciata, si diede a mettere in citt? soldati rafforzando le difese, intantoch? a Poggibonsi gli mandavano per la seconda volta ambasciatore il Savonarola, che bene accolto, ne riportava benigne parole. Ma quanto a Pisa le incertezze duravano sempre, anche dopo esservi entrato il Re, perch? i consigli erano divisi, potendo in alcuni l'idea d'un diritto che stava pei Fiorentini, e l'oro sparso da questi in Corte, ma nel maggior numero quel sentimento che ? molto vivo nei Francesi di farsi liberatori degli oppressi: muovevano Carlo i pianti delle donne e dei fanciulli che udiva sotto alla sua casa, e le supplicazioni delle pi? belle tra le Pisane che si raccoglievano a mesto ballo intorno a lui. Partiva da Pisa contuttoci? in fretta per la imminente guerra, nulla ivi mutando e con le solite promesse ambigue alle due parti.

Mentre accadevano queste cose, i popoli delle provincie napoletane si levavano per Ferdinando. Gaeta, che fu prima ad insorgere ne soffriva pena crudele, i Francesi avendo fatta dei paesani orribile strage. Ma le ribellioni moltiplicavano da per tutto; le quali a viepi? eccitare ed a farsi un piede sulle coste dell'Adriatico, il Senato di Venezia aveva mandato Antonio Grimani con ventiquattro galere; cui essendosi unito con altre poche Federigo d'Aragona fratello d'Alfonso, occuparono Monopoli in Puglia, che dagli Stradioti fu messo a sacco. Frattanto il giovane Ferdinando passato in Sicilia, scendeva da Messina in Reggio con gli Spagnuoli, pochi e poco buoni, ma condotti da quel Consalvo di Cordova, a cui rimase nella posterit? il nome di Gran Capitano che aveva dal grado. Questi allora costretto dall'appassionata volont? del Re ad avanzare fino a Seminara, ed ivi incontrato il d'Aubigny che teneva la Calabria nel nome di Francia, furono sconfitti. Ferdinando, tornato in Sicilia, form? un ardito e savio divisamento: avendo raccolte quante navi pot? rinvenire , entr? con esse nel golfo di Salerno, c 203

Pompey restores the Tribunitian power 203

Law of L. Aurelius Cotta, transferring the Judicia to the Senators, Equites, and Tribuni AErarii 204

THIRD OR GREAT MITHRIDATIC WAR. B.C. 74-61.

Murena invades Pontus 205

End of the Second Mithridatic War 205

Preparations of Mithridates 206

Mithridates defeats the Consul Cotta 206

He lays siege to Cyzicus 206

Lucullus defeats Mithridates 207

Mutiny in the army of Lucullus 208

The command of the Mithridatic War given to Glabrio 209

WAR WITH THE PIRATES-- Account of the Pirates 209 Command of the war given by the Gabinian Law to Pompey 210 Success of Pompey 210 He finishes the war 210

Command of the Mithridatic War given by the Manilian Law to Pompey 210

It is opposed by the aristocracy 211

It is supported by Cicero 211

Pompey defeats Mithridates 211

Mithridates retires into the Cimmerian Bosporus 211

Pompey invades Armenia 212

Submission of Tigranes 212

He advances as far as the River Phasis 212

He returns to Pontus, which he reduces to the form of a Roman province 212

He takes Jerusalem 212

Preparations of Mithridates 213

Conspiracy against him 213

His death 213

Pompey settles the affairs of Asia 213

INTERNAL HISTORY, FROM THE CONSULSHIP OF POMPEY AND CRASSUS TO THE RETURN OF POMPEY FROM THE EAST: THE CONSPIRACY OF CATILINE. B.C. 69-61.

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