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Read Ebook: Opere Volume Secondo : scritti critici e letterari by Berchet Giovanni Bellorini Egidio Editor
Font size: Background color: Text color: Add to tbrJar First Page Next Page Prev PageEbook has 176 lines and 27801 words, and 4 pagesIntanto noi tra le mura infiammate della citt? scriviamo la notte, scriviamo il giorno, e appena abbiam tempo di mandare un sospiro. Dove sono gli altri? ahi! dove sono? Voi correte in caccia le campagne, o saltate i fossati, o veleggiate sui laghi ascoltando i canti verginali di che sull'alba risuonano le sponde, o cercate i semplici costumi tra le montagne dell'Elvezio vicino... Ma ricordatevi di noi, che siamo qui soli! E tu pure, altero e ritroso ingegno, che fai? N? amoreggi, n? viaggi, n? scrivi, e godi il tuo sommo diletto lasciando correre il pensiero negli aerei campi dell'Idea. Ozio ? questo, o fratelli: Piloncino ne ride, e noi due ne piangiamo, improvvisando la nostra elegia. Oh, povera Elegia! Ora t'innalzi, ora strisci nella polvere, e non somigli a nessuna. Guai se t'abbatti in qualche grave maestro, che voglia riscontrare le tue forme sul modulo de' precetti!. Il feroce trarratti per gli orecchi al cospetto delle muse, e domander? vendetta contro il padre dell'orribile mostro. A lui cos? dirai tua ragione:--O grave maestro, cui piacciono le centomila ricantazioni de' lamenti ovidiani, colui che m'ha fatta, sappilo, non somiglia l'errante modellatore lucchese: egli non mi foggi? di fragile gesso nella forma cavata da un altro, perch? l'ignaro moltiplicasse le copie! Sono rozza, ma scolpita sul vivo; deforme, ma forte; sono un ente di pi? nella natura. Tale ? l'elegia che abbiamo trovata nel manoscritto di don Anastasio e che pubblichiamo con tutta fedelt?. Le note da noi sottopostevi ne parvero opportune per la maggiore intelligenza del testo. Se nel libro regalatoci rinverremo altre cose meritevoli di essere tolte all'oscurit?, i nostri lettori non ne saranno defraudati. I due estensori |Grisostomo|--P. Intende la pianta del caff?, e per essa simbolicamente la filosofia, alla quale sono necessarie le persecuzioni per farsi infine conoscere e sentire da tutti. Non crediamo ingannarci nel riconoscere in questi tratti il Beccaria, uomo altamente contemplativo, ma poco inclinato all'attivit?. Pi? dubbie sono le indicazioni degli altri colleghi a cui si rivolgono le esortazioni degli elegisti. SULLA < Accomodati, mediante questo pacifico avvertimento, i nostri conti col drappello di coloro ai quali sempre e di buon grado perdoneremo la mormorazione, siccome formola comandata dal loro instituto, ci sia lecito di proporre ai dotti d'Italia la lettura dell'opuscolo qui sopra annunziato del signor Jullien; opuscolo che per la sua sola intenzione meriter? l'anatema da chiunque ama di ritardare il corso dell'intelletto umano. Prima sezione. Storia de' mezzi che abbiamo per conoscere qualche cosa . Seconda sezione. Applicazione de' mezzi di conoscere allo studio della nostra volont? e degli effetti di essa . Terza sezione. Applicazione dei mezzi di conoscere allo studio degli enti diversi da noi . Le cognizioni umane si dividono in due ordini. Il primo risguarda le cose fisiche. Il secondo risguarda le scienze metafisiche o morali ed intellettuali. Ciascuno di questi ordini ? diviso in due classi. Classe prima. Scienze positive o sia de' fatti. Classe seconda. Scienze istromentali o sia di metodo, che forniscono, dice l'autore, gli stromenti ed i metodi a tutte le altre scienze, e trattano dei mezzi inventati dall'uomo . Da queste quattro diverse operazioni dell'intelletto umano il signor Jullien desume quattro generi differenti di scienze, cio?: Ci? sar? da vedersi nella futura sua opera. |Grisostomo|. La filosofia delle scienze, di cui parla l'autore, ? quella stessa della quale Bacone concep? l'idea, pose le basi e pubblic? gli elementi. Essa ha per iscopo l'esame separato e l'esame simultaneo di tutte le scienze, onde avvicinarle tra di esse e paragonarle l'una coll'altra, e raccoglierne i caratteri distintivi o le loro differenze essenziali ed i loro punti di contatto. Cos? vengono conosciuti i soccorsi che ciascheduna scienza pu? somministrare all'incremento della civilizzazione. QUADRO STORICO DELLA POESIA CASTIGLIANA INTRODUZIONE Il conte Giovambattista Conti fino dal 1782 pubblic? in Madrid quattro volumi d'una sua raccolta di poesie castigliane, ponendo a riscontro del testo di esse le traduzioni da lui fattene in versi italiani. Poche copie di quell'opera scesero allora in Italia; e per? la tipografia del seminario di Padova, dandosi a ristampare in due soli volumi le sole traduzioni, provvede in questo anno a vieppi? diffonderne tra di noi la lettura. Al primo tomo, comparso gi? da alcuni mesi, veggiamo succedere ora finalmente il secondo. La celebrit? letteraria del signor Quintana ci par sufficiente a raccomandare come giudiziosa la collezione di poesie castigliane da noi annunziata; n? il fatto smentir? appresso i dotti l'aspettativa. COL RACCOMANDARE LA LETTURA DI POESIE COMUNQUE STRANIERE, NON INTENDIAMO MAI DI SUGGERIRNE AI POETI D'ITALIA L'IMITAZIONE. VOGLIAMO BENS? CHE ESSE SERVANO A DILATARE I CONFINI DELLA LORO CRITICA. Se non faranno effetto le lettere maiuscole, non ci rester? altro partito che di tentare le cubitali... E le tenteremo: a estremi mali estremi rimedi. Per ora, basti cos?; e la pace sia con tutti. DELLA POESIA CASTIGLIANA DA' PRIMORDI DI ESSA FINO AGLI ULTIMI ANNI DEL SECOLO DECIMO QUARTO La storia universale della poesia offre nella sua progressione il fenomeno di andamenti diversi in diverse nazioni. Nella bella Grecia l'infanzia di questa sovrana delle arti fu di poca durata, e in poco di tempo ella crebbe a tanto vigore da produrre i poemi immortali di Omero. Uguale a quella della Grecia fu la fortuna dell'Italia moderna, dove fuor della notte dei secoli rozzi, succeduti alla civilizzazione romana, apparvero di repente Dante e 'l Petrarca, traendo con loro l'aurora di tutte le arti e fondando le norme del buon gusto. Altri popoli meno felici lottarono lungamente contra la barbarie, e, vincendola a poco a poco, acquistarono a poco a poco il sentimento dell'eleganza e dell'armonia; e non giunsero alla perfezione che tardi e a forza di fatica. Tale fu la sorte d'una gran parte delle nazioni moderne, e tale appunto fu quella della Spagna. Chi ponesse mente alla natura dell'argomento e non ad altro, troverebbe pochi poemi superiori a quello di cui parliamo; nella stessa maniera che pochi guerrieri troverebbe nella storia da poter contrapporre, come rivali in valore e in leggiadria di virt?, a Rodrigo di Bivar, soprannominato il < Ma qui, se ci ? lecita una digressione, vogliamo assumere gravit? anche noi, e rivolgerci proprio con un testo di Orazio a tal uno che ride del guazzabuglio di Giovanni Lorenzo. < Lettori, torniamo al nostro proposito. Un Caloandro de' < Tuttavolta, ove lo zelo messo da lui nel promuovere le lettere fosse stato di lunga durata ed imitato dai re successori, la poesia spagnuola, col rammentarci l'antichit? de' suoi natali, non farebbe sentire vieppi? la lentezza de' propri passi verso la perfezione. Ma ella ebbe contro di s? la natura feroce dei tempi. Fra le poesie di questi quattro autori ? fatica perduta il volere rintracciare un'occasione di diletto estetico un po' prolungato. Quelle dell'arciprete sono, tanto o quanto, le pi? degne d'essere conosciute dai filologi. Hanno per argomento la storia degli amori di esso arciprete, mista di apologhi, di allegorie, di novelle, di frizzi, di satire, ed insieme di cose di religione; e vi trovi, con istrano abuso di personificazioni, condotti a comparsa certi personaggi che non ti saresti mai figurato di veder camminare sulle gambe; come a dire, donna Quaresima, don Digiuno, donna Colazione, don D? di grasso e, insieme a questa bella brigata, anche l'illustrissimo don Amore. Le forme estrinseche di tali poesie vantaggiano di poco quelle messe in mostra da' poeti anteriori. Nell'atto che abbandoniamo agli scaffali delle biblioteche od alla curiosit? degli eruditi ed alle meditazioni del filosofo tutte siffatte anticaglie, dalle quali, attraverso a un nuvolato interminabile d'inezie puerili, d'invenzioni e lepidezze fratesche, appena qua e l? sfavillano alcuni pochi lampi di giusta inspirazione, crediamo di dovere avvertire il lettore studioso che, a volere ricercare la vera origine, le prime e vere tracce d'un'ingenua e sentita poesia in Ispagna, gli bisogna rivolgersi a tutt'altro armadio. |Della poesia castigliana durante il secolo decimoquinto| I re d'Aragona, verso la fine del secolo decimoquarto, avevano introdotto nei loro Stati i < Fra questi magnati, per altro, alcuni non erano al tutto indegni di qualche lode letteraria. La lingua s'avvicinava gi? molto alla sua perfezione; nuovi metri, trovati da' poeti della corte del re Giovanni, prestavano nuovi istromenti alla poesia; ed ella si era rivolta in gran parte a dipingere la passione dell'amore. E se la smania di parer dotto non avesse guastato l'intelletto al marchese di Santillana; se, innamorato, com'egli pareva essere, di Dante, ne avesse investigato lo spirito poetico ne' suoi principi moventi anzich? nelle minute particolarit? delle invenzioni; per opera di lui, poich? ingegno e volont? non gli mancavano, la poesia spagnuola non solamente avrebbe potuto dare maggiore soavit? agli affetti dell'elegia, ma ben anche aspirare a pi? alte concezioni e distendersi maestosamente fra' palmeti indigeni, senza prepararsi la necessit? di agognare, come fece in appresso, gli allori stranieri. Ma i maestri di convento, in mano de' quali stava allora la somma dell'educazione giovanile, avevano messa in capo al Santillana, del pari che a tutti i loro discepoli, una falsa e stramba idea della poesia: come se, incapace di poter dire splendidamente il vero, ella consistesse in un tessuto perpetuo di misteri, di allegorie e di spiattellate sentenze morali. D'altra parte, la maraviglia o, pi? veramente, l'idolatria de' tempi per la novit? dell'erudizione solleticava a lui l'ambizioncella, e persuadevalo ad ostentare in qualche modo il catalogo de' tanti libri ch'egli aveva letti. Non ? dunque strano che il marchese cedesse alla corrente. Da' suoi contemporanei ottennero infatti largo applauso, siccome portenti di bellezza poetica, i difetti appunto che rendono oggid? noiosa la lettura delle opere di lui; oggid? che nel poeta cerchiamo il poeta e le sue forti sensazioni, non la fredda pompa della sua vasta memoria, non l'arguzia delle sue allegorie, non la magistrale ripetizione delle sentenze rubate di peso al catechismo. Se non che, questa lode ? un nulla a paragone dell'altra, che ? meritata dal marchese di Santillana per una virt? pi? rara e pi? cospicua della virt? letteraria; e davvero sarebbe scortesia il non accennarla. Si perdonano volentieri al verseggiatore tutti i traviamenti, allorch? si pensa ch'egli visse in corte, e non adul?; che fu amico d'un re, e gli rinfacci? il mal governo; e che, da onest'uomo, abbandon? l'ospizio regio ogni volta che lo starvi non giovava alla patria. Ci sia condonato l'esserci fermati pi? che non avremmo voluto sul discorso di lui: pareva conveniente il far conoscere un uomo il di cui nome splende illustre nella storia civile di Spagna. Il poeta si propone di contare le vicissitudini della fortuna. Sente egli la difficolt? dell'impresa, ed ? quasi smarrito innanzi all'altezza del soggetto: chiama in soccorso Apollo e Calliope, manda un'apostrofe calda alla Fortuna; nessuno risponde. Finalmente gli appare la Provvidenza; gli fa da guida e da maestra, e lo introduce ella nel palazzo della Fortuna. Prima di tutto egli vede da colass? la terra, e ne fa la descrizione geografica; poi scopre le tre grandi ruote che volgono i tempi, passati, presenti e futuri. Ogni ruota si compone di sette circoli, emblemi allegorici dell'influsso de' sette pianeti sulle inclinazioni e sulle sorti umane, secondo le misere dottrine astrologiche d'allora. In ciascun circolo v'ha gente infinita: i casti nel circolo della Luna, i guerrieri in quello di Marte, i sapienti in quello di Febo, e cos? degli altri. La ruota del tempo presente ? in movimento; le altre due no. E quella del futuro ? coperta di tal velo, che, per quante forme ed immagini d'uomini vi appariscano, non ne lascia distinguere alcuna. Dietro questo pensiero generale il poeta, parlando di ci? che vede, oppure conversando con la Provvidenza, dipinge tutti i personaggi importanti de' quali ha notizia, ne descrive i caratteri, racconta i fatti celebri, ne assegna le cagioni, mette in mostra tutta la propria erudizione e tutto quanto egli sa di filosofia naturale e morale e politica, e a quando a quando ne ricava precetti giovevoli alla vita individuale ed al governo de' popoli. 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