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Munafa ebook

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Read Ebook: Rimatori siculo-toscani del dugento. Serie prima - Pistoiesi-Lucchesi-Pisani by Parducci Amos Editor Zaccagnini Guido Editor

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Ebook has 883 lines and 116696 words, and 18 pages

AL MEDESIMO

Si lamenta che gli sia stato risposto oscuramente circa la questione esposta nel sonetto che precede.

Messer Dotto frate, Meo Abracciavacca salute di bono amore.

Da lume chiaro di natura prende scuro, e non da scuro chiaro lume, perch? nond'abisogna vostro mandato. Credo che assai prova intelletto vostra operazione; perci? temendo parlo. Dico che ogni opera umana solo da volont? di posa move, e mai per omo in esto mondo non trovare si p?; e ci? ? la cagione che 'l core non si contenta. Poi dico che ogn'altra criatura naturalmente in esto mondo tanto trova sua posa; e, se omo maggiormente nobile creatura fo formato, come non sovra l'autre criature have perfezione di posa avere? Nente ragion lo v?le che lo 'ntelletto posi ned aggia affetto u' non ? sua natura, e ch'elli non ? creato come corpo si crea in esso loco; ma have del sommo e perfetto compimento, cus? pur di ragione altra vita intendo, ove intelletto posi e sia perfetto. E voi, intendo, siete omo razionale, ch'avete presa via di ritornar al perfetto principio per fina conoscenza. Se volontate varia per istati diversi, non vari operazione d'avere verace spera, venendo a fine fine. In ci? che mandasteme lettera e sonetto, perch? risposta avete di mio sentire, rispondo; e, se vostra intenzione non si pagasse, riputatene il poco saver mio, che volont? pur aggio di sodisfare ad onne piacer bono: per compimento volont? prendete. A frate Gaddo e a Finfo, come imponesteme, il mostrai e diei scritto.

Parlare scuro, dimandando, dove risposta chiere veder chiaro l'orma, non par mistero che sentenzia trove, ma del sentir altrui volere norma. A ci? che 'ntendo dico mezo sove di primo fine, e di fine storma qual nel mezo difetto fine strove: dunqua per fine ten pi? vizi a torma. Cos? bono tornare pregio chine di monte 'n valle del prefondo male, a ci? bisogna di ragione cura. Voi conoscete da la rosa spine, seguir convene voi a fine tale, che 'l primo e 'l mezo di lod'agi'altura.

A MONTE D'ANDREA

Eviti le pene d'amore, mutando luogo.

Vita noiosa pena soffrir l?ne, dove si spera fine veder porte di gioia porto posandovi, l?ne con bono tempo f?ra tale porte. Ma pena grave perder c?i e lane, e credensa pi? doglia fine porte, ogne ramo di male parmi l?ne: me non sopporre, ma ben vorria porte. Chi sta nel monte reo vada 'n nel vallo, e chi nel vallo simel poggi a monte, tanto che trovi loco meno reo. Ch? bono non ? che dir possa: -- V?llo, ch'i' sento loco fermo ch'aggio, Monte, -- cavalieri, baron, conte, n? reo.

Amore gli renda pi? pietosa la sua donna.

POETA. Amore amaro, a morte m'hai feruto: tuo servo son, non ti fi' onor s'i' pero. AMORE. Ver ?, ma vedi ben che l'ha voluto quella da cui son nato e per cui fero. Or ell'ha di valor pregio compiuto e di belt? sovr'ogne viso clero: e per? guarda non gli aggi falluto di vista o di parlare o di pensero. POETA. Merzede! Amor, non dir: tu lei m'hai dato; e sai pi? di me che non sacc'eo: f?lli sentir per certo ci? ch'eo sento. Forse ch'avr? pietate del mio stato: al colpo periglioso del cor meo dara'li cura: gi? non vi sie lento.

A GERI GIANNINI DA PISA.

Si compiace dell'amicizia offertagli da Geri.

Tanto saggio e bon poi me somegli, me e 'l mio e 'l me' piacer t'assegna, non per merto di tu' don , ma per lo tu' valor, che m'ha pres'egli, il faccio, ch'amor me far ci? si degna. Deo! com'el tu' don a me piac'egli, che, f?r dimando, mel desti 'n insegna, piena d'amor e senz'alcuna giostra. Or qual ? dunque l'om che 'l tuo conseglio lassasse? Non so, sed elli 'n ben pesca. Unde mi piace l'amist?, poi giostra tanto con le du' l'una per pareglio, fresch'e veglia fra noi sia con bon' ?sca.

Prega Dio che lo liberi dal dolore che l'affanna.

Del dolor tant'? 'l soverchio fero, che l'alma e 'l corpo e 'l core mio sostene, che, lasso! qual fusseme pi? crudero, se 'l vedesse, cordoglio avria di mene. Ahi Deo! perch? fuste me piagentero, donando voi me gioi' con ogni bene? Che per? il dolor m'? troppo altero: chi pi? gioi' ha, poi doglia li ? pi? pene. Vorria ch'al vostro piacere piacesse pietade, per merz?; s? che la doglia mia crudel oramai tranquilla avesse. Ed ? ragion; ch? 'l core ho in bona voglia, como di prima era, nelle duresse: Padre pietoso, di pena lo spoglia.

LEMMO ORLANDI

CANZONE I

Si duole con Amore che la sua donna, da benigna, sia ora diventata con lui crudele.

Gravoso affanno e pena mi fa' tuttor sentire, Amor, per ben servire quella, di cui m'ha' priso e servo dato. Tutta mia forza e lena 5 ho misa in te seguire; di lei fermo ubidire non son partito, ma leale stato. E tu pur orgoglioso ver' me spietato e f?ro 10 se' mostrato e crudero, poi che 'n bail?a avesti lo mio core. E' convensi a signore d'essere umile in meritar servente: tu pur di pene mi fai star sofrente. 15 Sono stato sofrente, e son, di gran tormento, Amor, poi che 'l talento di quella ch'amo cangiasti per vista ver' mei; ch? primamente 20 facesti mostramento di far meo cor contento di lei, di quella gioi' ch'or disacquista. S? che, per tal sembianza, misi 'l core e la mente 25 a servir fermamente tua signoria, Amor, pur'e leale. Ma non ? stato tale ver' me 'l suo cor, come mostrar sembianza tu mi facesti, Amor; und'ho pesanza. 30 Amor, merz? ti chero, poi che son dimorato in s? gravoso stato, com' mi tenesti, s? lunga stagione. Non si' ver' me s? f?ro, 35 ch'assai m'hai affannato e forte tormentato, seguendot'a tuttor f?r falligione. M?vet'ormai merzede, lei voler, che disvole 40 , fa' 'l meo servir, ch? sol ci? ti dimando. E, se, merz? chiamando, tu non m'aiuti, Amor, altro non saccio ch'aitar mi possa che la morte avaccio. 45 Donna, merc? dimando a voi, che di beltade fior e di nobeltade siete, sovr'onni donna, e di piagenza, ch'agiate provedenza 50 sovr' al mio stato grave e doloroso: in ci?, merc?! sia 'l vostro cor pietoso.

CANZONE II

Adducendo il triste esempio di se medesimo, che, senza saper perch?, fu abbandonato dalla sua donna, esorta chi voglia aver ricompensa del proprio amore, di scegliere una donna piacente e saggia.

F?ra cagione e dura mi move, lasso! a dir quasi forzato lo doloroso stato, nel qual m'ha miso falsa ismisuranza; non gi? per mia fallanza, 5 ma per quella di cui servo mi misi, e per cui mi divisi di tutt'altro volere e pensamento, dandomi intenzione che, f?r di falligione, 10 dovesse lei amar, leal servendo, la cui vista, cherendo -- meo servire, mi fe' servo venire de la sua signoria disideroso. Poi che servo divenni 15 de la sua signoria e disioso del dilett'amoroso che nel meo cor di lei immaginai, addesso mi fermai in tutto d'ubidir lo suo comando, 20 per vista dimostrando me ch'era su' fedel serv'ubidente. Und'ella per sembianza mi fece dimostranza ch'allegrezza mostrava 'n suo coraggio, 25 poi che 'n suo signoraggio -- m'era miso; und'? che 'n gioi' assiso i' fui manta stagion, sol ci? pensando. Dimorando 'n tal guisa, perseverando in lei servir tuttora, 30 non fu lunga dimora, ch'eo viddi che sua vist'era cangiata, ver' me quasi turbata, non sostenendo me solo guardare. Credetti che provare 35 volesse me com' fusse 'n su' amor fermo. Allor presi conforto, isperand'a bon porto lo meo fermo servir mi conducesse, e che tornar dovesse -- pietosa: 40 ed ella d'orgogliosa mainera ver' di me mai sempr'? stata. Per? forte mi dole, poi veggio che servendo ho diservito in loco, 've gradito 45 credetti esser per certo f?r fallenza. Ma via maggior doglienza, quasi mortal, mi porge 'l suo fallire, ch? per suo folle dire fe' manifesto in parte meo pensero, 50 lamentandosi forte di me, che quasi a morte la conducea in farl'increscimento; e s? f?ro lamento -- fece, a tale che gravoso poi male 55 n'ha dato lei con gran doglia sovente. A ciascun ch'amar v?le dico che deggia, se p?si, guardare di vana donna amare, gioven troppo di tempo e di savere. 60 Ch? grave 'n lui dolere prende chi l'ama, doloroso tanto, non si porea dir quanto, per qual s'avesse pi? 'n pena d'amore. Ma elegga 'n s?, certo 65 chi amar v?le e merto di suo servir, donna piagente e saggia, che benigno cor aggia -- fermo e puro, e poi ser? siguro di non perder di lei gioia, servendo. 70 Di gioven signoraggio, quale sovra ditt'aggio, leal servendo, merit'aggio avuto. Vorr?am'esser partuto, -- ma non posso; ch?, poi 'l piager ? mosso, 75 ? legato l'om servo e 'l partir greve.

? combattuto dalla necessit? di partire e dal dolore di dover lasciare la sua donna.

Lontana dimoranza doglia m'ha dato al cor lunga stagione: or mi dobla cagione di pi? grave dolor nuovo partire. D'assai lontano gire 5 isforzami di ci? senn'e ragione, contro all'opinione, piena di voluntade e di pietanza, con grande smisuranza che non alungi me contr'al volere, 10 pi? che sia del piacere vostro, di cui amor servo mi tene. E pietanza mi vene di voi, ch'avrete del partir dolere. Cos? del rimanere 15 e dell'andare son diverse pene.

PAOLO LANFRANCHI

Esorta il re d'Aragona a prepararsi a difendersi dal re di Francia.

Valenz senher, rei dels Aragones, a qui prez es honors tut jorn enansa e membre vus, senher, del rei franzes, queus venc a vezer e laiset Fransa, ab dos sos fillz es ab aquel d'Arles: hanc no fes colp d'espaza ni de lansa, e mainz baros menet de leur paes; jorn de lur vida sai n'auran menbransa. Nostre senhier faccia a vus compagna, per que en re nous qual duptar: tal quida hom que perda que gazainha. Seigner es de la terra e de la mar, per quel rei engles e sil d'Espangna ne varran mais, sei vorres ajudar.

Ricorda a un uomo, superbo della sua ricchezza, l'instabilit? della fortuna.

De la rota son posti esempli assai, che gira e volge e non dimora in loco, e mette in bono stato quel c' ha poco, al poderoso d? tormenti e guai. Or' a che no' tel pensi, po' tu 'l sai che piccola favilla fa gran foco? non t'allegrare troppo n? dar gran gioco, ch? non se' certo come fenirai. Se alcun ? che tu veggi in malo stato, in quel medesmo tu p?i avenire, ch'a te n? lui Dio non l'ha giurato. Aggio veduto per li tempi sire, che la ventura l'ha s? governato, che pi? che vita desira morire.

Risveglio doloroso.

Un nobel e gentil imaginare s? mi discese ne la mente mia; in verit? el me paria con la mia donna stare in un giardin, baciare ed abbracciare, rimossa ciascun'altra villania. Ella dicea: -- Tu m'hai in tua bail?a: fa' di me, o amor, ci? che ti pare. -- In quel giardin si avea da l'un canto un rosignol, che dicea in so' latino: -- Securamente per vostro amor canto.- -- I' mi svegliai che sonava matino: considerando il bene ch'avea tanto, venme voglia deventar patarino.

Amore gli dona in sogno un fiore della sua donna.

L'altrier, dormendo, a me se venne Amore, e destatomi disse: -- Eo so' messaggio de la tua donna che t'ama di core, se tu, pi? che non su?i, se' fatto saggio. -- Da la sua parte mi don? un fiore, che parse per semblant' il so visaggio. Allor nel viso cangiai lo colore, credendo el me dicesse per asaggio. Per? con gran temenza il dimandai: -- Come si sta la mia donna gentile? -- Ed el me disse: -- Ben, se tu ben stai. -- Allora di piet? devenni umile. Egli spar?o; pi? non gli parlai; parvemi quasi spirito sottile.

Amore manifesti alla sua donna le sue pene.

POETA. Dimme, Amore; vorest? tornare da la mia parte a la donna mia? AMORE. S?, se tu vogli, ma ell'? follia: ch? talor n?ce lo troppo adastare. POETA. E lo meo core vi v?l pur andare, e ti demanda en sua compagnia. AMORE. Di presente me meter? en via dapo' ch'eo veggio ch'a lui e te pare. Or me di' ci? che tu v?i che gli dica: che tu non fini clamare mercede? Perz? non ? bisogno andarne mica, per aventura ch'ella non ti crede. POETA. S? fa'; che di me vive e se nutr?ca; e 'l cor non p? durar, se no' la vede.

Amara delusione.

L'altrier pensando mi emaginai mandare Amore a la donna mia; ed a lui piacque per sua cortesia andar a lei; tanto ne'l pregai. Poi retorn? e disseme: -- Che fai? tutta l'ho misa ne la tua bail?a: I' ti so a dire, ch'ell'? a mezza via, e vien a te, se tu a lei non vai. -- Po' me venn'un penser da l'altro lato, e fortemente me represe e disse: -- Amico meo, tu hai folle pensato. Or credi tu ch'ella con te venisse? E tu anderesti a lei? Se' tu in istato? -- Parveme allor che l'alma se partisse.

Lamenta l'avversa fortuna che gli fa fare sempre il contrario di quel che vorrebbe.

Ogni meo fatto per contrario faccio, e di niente d'intorno mi guardo: l'estate so' pi? freddo che no el ghiaccio, l'inverno per il gran calor tutto ardo. Se ho lettera de gioia, s? la straccio, se di dolore, la repogno e guardo; chunque ? mio amico, s? i' lo minaccio, se mi saluta, s? me fier d'un dardo. Credo che Dio ensieme e la natura erano irati quando mi cre?ro, che trasform?rmi d'ogni creatura. Per? il lor non gittarono en paro, e l'alma che mi deron clara e pura giammai no' l'averanno en suo reparo.

Vicende di fortuna.

Quattr'omin son dipinti ne la rota per la ventura dello esemplo dato: e l'altro sta di sopra incoronato, e l'uno in su valentemente nota. E 'l terzo se tien le mani a la gota, ed ? vilanamente trabucato, e 'l quarto sta di sotto riversato, e d'ogni estremit? li d? sua dota. Io fui quel che l? su andai montando intorno intorno la rota girata, e fui di sopra a tutto il mio comando; poi la testa mi fo incoronata. Or son caggiuto d'ogni ben in bando, nel finimento de la mia giornata.

MEO DI BUGNO

Coscienza netta non cura farneticar di gente.

Tutto el tempo del mondo m'? avenuto, e sempre me n'andr? con questa norma, che l?, 've non pongo 'l pi?, faccio l'orma, non so qual de' dem?ni m'ha veduto, che, sendo santo, non ser? creduto, anzi me sgrideria la gente a torma. Unde el conven ch'eo vegli e poco dorma, da tante parte me veggio asseduto. Ma non mi muto per altrui parlare: ben ? vert? ch'io ne son pur dolente, e come bestia lasso ogn'om belare. Om che si sente iusto ed innocente, a faccia aperta p? securo andare, e non curar ferneticar di gente.

NOTA

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