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Read Ebook: Vincenzo Monti (1754-1828) La vita italiana durante la Rivoluzione francese e l'Impero by Masi Ernesto
Font size: Background color: Text color: Add to tbrJar First Page Next PageEbook has 66 lines and 11410 words, and 2 pagesLA VITA ITALIANA DURANTE LA Rivoluzione francese e l'Impero Cesare Lombroso, Angelo Mosso, Anton Giulio Barrili, Vittorio Fiorini, Guido Pompilj, Francesco Nitti, E. Melchior de Vog??, Ferdinando Martini, Ernesto Masi, Giuseppe Chiarini, Giovanni Pascoli, Adolfo Venturi, Enrico Panzacchi. MILANO FRATELLI TREVES, EDITORI PROPRIET? LETTERARIA Tip. Fratelli Treves. VINCENZO MONTI CONFERENZA DI Per discorrere di Vincenzo Monti mi par necessario prendere le mosse da alcuni fatti e da alcune considerazioni di ordine generale. La letteratura italiana, non dir? moderna ma dir?, la letteratura italiana contemporanea procede dal Parini e dall'Alfieri. Sono due novatori il Parini e l'Alfieri? E chi lo sarebbe, se non lo sono essi, che si crearono di nuovo l'inspirazione, la materia, lo stile, persino il pubblico, a cui rivolgersi? Ma l'uno e l'altro sono altres? essenzialmente classici, e generatori di quel neoclassicismo nazionale, in cui consiste tutta la letteratura nostra, che vien dietro a loro e sino al Manzoni. Questa considerazione ne richiama un'altra, che rientra nella prima, slargandola, ed ? che in tutta la letteratura italiana contemporanea v'ha due fatti di suprema importanza, da una parte il Manzoni , dall'altra la tradizione classica, che permane, rammodernandosi bens?, ma sempre costante, e non come reminiscenza di scuola, d'accademia o di biblioteca, ma come forma viva, vivissima, e va dal Parini e dall'Alfieri al Monti, al Leopardi, al Giordani, al Botta, al Colletta, al Niccolini e sino al Carducci. O io m'inganno, o questa ? la nota fondamentale della nostra letteratura dal 1750 a tutt'oggi, nota caratteristica e tutta sua. Nelle letterature straniere contemporanee, dopo breve contrasto, tutto ? assorbito dalla corrente nuova, romantica o moderna, ed ora realista, positivista, simbolista, estetica o decadente, che vogliate chiamarla, sicch? non trovate un poeta o un prosatore di gran levatura, che non le si abbandoni intieramente. In Italia invece ogni regione ha il suo cenacolo letterario od artistico, pi? o meno sensibile via via alle esigenze dei tempi, che mutano, e che pi? o meno consente ad esse o, come spesso accade, se ne infatua e le esagera, ma la tradizione classica resiste e mai cede il campo del tutto. ? un bene, ? un male? Il problema si pu? porre, ma non credo si possa ancora risolvere. Questo in quanto alla storia letteraria. Quanto alle relazioni di essa colla storia civile e politica, l'austera moralit? del Parini riformista mira a rinnovare l'individuo in Italia; la passionata idealit? dell'Alfieri rivoluzionario mira a rinnovare il cittadino; l'una e l'altra coll'individuo e col cittadino rinnovati a rifare un popolo e ridargli una coscienza nazionale. Certo ? che in Italia i primi segni del farsi o rifarsi una coscienza nazionale si hanno subito tra quel tumulto, tra quelle angoscie, tra quelle incertezze dell'invasione francese, guidata dal Bonaparte nel 1796. Lazzaro Papi, il futuro storico e giudice severo della Rivoluzione francese, chiude un suo sonetto cos?: Tu che dell'avvenir nel grembo oscuro Spinger sai l'occhio dell'acuta mente E ci? che ? dubbio altrui, vedi sicuro, Dimmi: quel che dall'Alpi ora discende D'armi e d'armati inondator torrente, Ceppi a noi reca, o libert? ci rende? Non avevano invece dubbi di sorta quei cittadini, che, quattro mesi appena dopo l'invasione ed invocando i ricordi della Lega Lombarda contro Barbarossa, fondavano gi? in Reggio d'Emilia la Federazione Cispadana, da cui come dai parlamenti della Cisalpina e dalla Costituente di Lione esce per la prima volta dopo tanti secoli uno stato di nome italiano, il quale, se non altro, a traverso le vicende seguenti della Repubblica e del Regno, rinnova lo spirito militare e civile del popolo, ed ? la prima mossa della nostra rivoluzione. Ma se Lazzaro Papi sta in forse, se i cittadini della Cispadana, della Cisalpina e dei Comizi di Lione si abbandonano all'impulso ricevuto con cieca fede, molti altri invece, gli stessi Parini ed Alfieri, danno indietro; le plebi di Lugo, d'Arezzo, di Siena, di Roma, di Verona, di Napoli, di Calabria, del Piemonte, risentono invece, come dice il Carducci, un vero "accesso medievale di ire guelfe e ghibelline contro i nemici della Chiesa e dell'Impero,,; e chi esprime da cima a fondo tutti questi contrasti, e strappi e trapassi dolorosi, eppure fecondi, e le prime speranze, le prime avversioni, i pentimenti subitanei, le confidenze illimitate, poi i ciechi entusiasmi della gloria militare, la fede estrema nell'uomo che la rappresenta, e finalmente le disperazioni, i terrori, le vilt?, che tengono dietro all'immane ruina di tanta grandezza, chi esprime, dico, da cima a fondo tutto ci? nei versi pi? splendidi, che si fossero sentiti da secoli, ? Vincenzo Monti. Sotto l'aspetto di tale espressione potente, immediata, soggettiva e oggettiva ad un tempo dei fatti contemporanei, non saprei dire che cosa importi di pi?, se la sua vita o la sua poesia, ond'?, che, comunque si giudichi il carattere del Monti, m'? sempre sembrata sommamente bagg?a quella critica, che lo ha dipinto come non altro che un vacuo e felice accozzatore di frasi sonore ed ha voluto a forza applicare a lui il famoso Sdegno il verso che suona e che non crea di Ugo Foscolo , falsa e sciocchissima applicazione, la quale, se fatta al Monti, significa una confusione completa d'ogni criterio d'arte e di storia e un rinunziar di proposito a intender nulla della nostra storia letteraria. Ma critica e politica hanno sempre in Italia proceduto a un dipresso cos?. V'ha i beniamini della fortuna, ai quali si perdona tutto e pei quali la gente arguta e disinvolta ha sempre in pronto una qualche spiegazione, e v'ha le vittime, alle quali non si perdona nulla, neppur l'ingegno, se l'hanno, e per le quali nessuno si d? briga neppur di cercare una spiegazione, che non sia un obbrobrio di pi?, e di tali vittime ? il Monti. Difficile dir meglio e pi? vero di cos?. Ma come soggetto di conferenza il Monti ci si presenta di necessit? non quale ?, e dev'essere, come soggetto di studio esclusivamente letterario. Sotto quest'ultimo aspetto la sua massima importanza deriva dallo svolgimento del neoclassicismo del Parini e dell'Alfieri, ch'egli perfeziona, varia, adatta con inarrivabile potenza e facilit? ed ammoderna sempre pi? col realismo storico e colle intonazioni preromantiche, che gi? si sentono in lui e fanno gi? presentire altri trapassi ed altre novit? future e imminenti dell'arte. Ma come soggetto di conferenza, dico, l'uomo, la vita, le relazioni della sua poesia col suo tempo sembrano avere importanza o attrazione anche maggiore, se chi ne parla sapesse e potesse dir tutto di quei diversi e opposti ambienti e momenti letterari, morali, civili e politici, a traverso i quali tocc? al Monti di passare, seguendo gli impulsi della sua indole nativa, violenta come ogni indole debole, e debole come ogni indole violenta, con scatti improvvisi e cascaggini non meno improvvise ancor esse, con alternative continue di abnegazione e di egoismo, di audacie e di paure, di collere e di intenerimenti, di generosit? e di bassezze, per le quali ora domina le circostanze, ora ? dominato da esse, ed a vicenda ora le circostanze del tempo ci spiegano la sua vita, ora la sua vita ? documento, che meglio d'ogni altro spiega e caratterizza le circostanze del suo tempo. Che bel tema di psicologia storica, e come opportuno anche oggi! Ma vorrebb'essere nelle mani del Sainte-Beuve, del Taine o di Carlo Hillebrand! In quella vece non l'hanno trattato in pieno non l'hanno trattato in pieno, che il Cant? e Achille Monti, un pronipote del poeta: il primo con tutta quella salmeria di pregiudizi e di rancori romantici, ultracattolici e politici, che si strascinava sempre dietro, e con cui rimestava la farragine di notizie grandi e piccine, che avea sempre a sua disposizione su ogni argomento, il secondo con s? sviscerata idolatria di quella sua gloria gentilizia, che quantunque fosse la pi? mite, buona e serena natura di vecchio classicista e liberale alla Romana, che si potesse immaginare, una volta messo su questo terreno, montava su tutte le furie; sul Cant? e su ogni avversario o tiepido ammiratore del Monti menava gi? botte da orbi, e di Vincenzo Monti difendeva tutto, assolveva tutto, persino quello, di cui il poeta stesso s'era con tanta fretta e sovrabbondanza di contrizione accusato da s?. Voi lo vedete, signore; non s'era cos? sulla strada d'uno studio psicologico condotto con serenit? oggettiva e con buon metodo d'osservazione e di critica; n? ora ho di certo alcuna pretensione di percorrerla io quella strada sul fragile veicolo, sul traballante velocipede d'una conferenza. Mi contenterei di non esserne fuori del tutto. Leggendo le poesie del Monti si pu? temere di non veder giusto sotto l'impero d'una specie di seduzione estetica e perci? appunto vi dico: "oltre alle sue poesie, leggete il suo epistolario.,, Se c'? uomo, di cui l'epistolario privato dica di pi? ed a cui l'epistolario privato nuoccia di pi?, quest'uomo ? il Monti di certo. Ma se c'? uomo altres?, verso il quale, pi? lo si conosce da vicino, e pi? si senta il dovere di non giudicarlo da pochi tratti e staccati, bens? nell'insieme e bilanciando il bene ed il male con quella mesta carit? e misericordia, a cui danno pure qualche diritto il genio, il lavoro, la sfortuna, la gloria, questo ? pure il Monti di certo. Regnava Papa Braschi , un nobiluccio di provincia, a cui gli ordini d'elezione, sempre democratici, della Chiesa avevano dischiusa la via del trono, forse appunto perch? fra i vari candidati possibili era il pi? oscuro. Poco versato in lettere umane e divine, era un dilettante di belle arti e ahim?! anche di politica e di finanze. Ahim?, dico, sapendo noi quel che costa tal sorta di dilettanti! -- Non era bigotto. -- L'avventuriere Gorani sparla de' suoi costumi, ma lo calunnia di certo. Era unicamente vano e fastoso; vano della sua bellezza e della sua eleganza, fastoso nell'aggiunger l'aquila di Casa d'Austria e i gigli di Francia al suo stemma, nel metter mano a grandi opere pubbliche e nell'arricchire e illustrar la sua casa, rappresentata in Roma dal nipote Luigi Braschi Onesti, un bestione, a cui di? in moglie una graziosissima ragazza romana, con un par d'occhi neri, cerchiati e fulminei, un corpo di Venere canoviana, Costanza Falconieri, e di tutti e due fece i maggiori e pi? splendidi personaggi della corte e del regno. Cos?, e proteggendo un po' di lettere e d'arti, Pio VI potea figurarsi di rinnovare Pericle, Augusto e Leon X, e lasciarselo dire dai suoi poeti, i giornalisti d'allora; ma gi? i tempi mutavano; novit? minacciose di scoperte scientifiche e di dottrine filosofiche solcavano l'aria; il laicato, in persona dei principi riformisti, batteva gi? in breccia le vecchie pretensioni di supremazia civile della Chiesa Cattolica; i giurisdizionalisti precorrevano gi? i rivoluzionari di pochi anni dopo, e dovette accorgersene lo stesso Pio VI, quando per calmare le furie novatrici dell'Imperatore Giuseppe II pellegrin? a Vienna nel 1782, senz'altro risultamento notevole che di far morire di raffreddore il vecchio Metastasio, affacciatosi a una finestra per vederlo passare, e peggio ancora, quando dopo il 1789 incominciarono le prime agitazioni della Rivoluzione Francese. Vi figurate, signore, quello che avranno pensato i buoni villici delle Alfonsine e i solitari condiscepoli di Ferrara d'un cos? promettente esordio di fortuna? E quando poi lo avranno saputo Bussolante del Papa e Segretario degli Avvocati Concistoriali? Per lo meno si saranno aspettati di vederlo da un'ora all'altra Cardinale! E certo, dato l'ambiente della Roma d'allora e colla forza d'ingegno di Vincenzo Monti, aver voce in Arcadia, aver un piede in corte, un altro nelle anticamere di Casa Braschi, sarebbe come nella Roma d'adesso aver.... Ma non divaghiamo!... Le apparenze erano belle; la sostanza poco o niente, e l'aspettata fortuna pel Monti non venne mai. Due cose l'attraversarono sempre, ora ed in avvenire, l'invidia degli emuli, che non gli diede mai tregua e contro la quale egli non ebbe mai n? la dignit? della noncuranza e del disprezzo, n? la giusta misura della risposta; e l'indipendente superiorit?, l'indocilit? critica, starei per dire, della sua mente, che non gli consent? mai l'intiera sommissione, l'intiera dedizione di s? e la rinuncia incondizionata ad ogni discussione e ad ogni ribellione, quali bisognano agli uomini, che non hanno altra regola di vita che la propria fortuna. E forsech? fu egli solo, il Monti, nell'immane catastrofe Europea dell'impero napoleonico, fu egli solo, il Monti, a confidare nei benefici della pace e nella moderazione degli alleati liberatori? No, signore! Era un'intiera generazione, che, sentendosi soccombere fra tante speranze deluse e gli strazi di vent'anni di guerre incessanti, acclamava fra le accumulate ruine alla pace ed a chi pareva portarla e con parole ingannatrici la prometteva. E poeta grande ? pur anco per chi ha il senso vero dell'arte e la intende e ne giudica con criteri d'arte e di storia e non colle preferenze del giorno per giorno e dei gusti, che cambiano e rivengono, come le fogge del vestire. Umano ardir, pacifica Filosofia sicura, Qual forza mai, qual limite Il tuo poter misura? e, celebratene le continue vittorie, d'aver concluso con vaticinio superbo, che sa d'eresia: Che pi? ti resta? Infrangere Anche alla morte il telo E della vita il n?ttare Libar con Giove in cielo. La Roma di Pio VI non perdoner? al Monti queste audacie, e se poscia se ne impaura egli stesso, se vacilla, se piega ai terrori, che inspira un governo di preti implacabili, alle lusinghe, che la fortuna non gli mantenne mai, ai dolci errori, cui possono trascinare un giovine caldo di cuore, di sensi e di fantasia l'opulenta bellezza e il lampo dello sguardo, tra devoto e profano, delle donne Romane, e pi? inebbriante d'ogni altro quello, che lanci? sul poeta Costanza Braschi, ripeter? che il Monti non ? un Catone, ma ripeter? altres? che non ? meno gran poeta per questo, e poeta grande appunto, perch? somiglia al suo tempo, ed il tempo a lui. Quando, a guisa di onde incalzantisi le une sulle altre, incominciarono a ripercuotersi anche in Italia gli echi della Rivoluzione Francese, gli animi pro o contro s'agitarono profondamente, ed in Roma assai pi? contro che pro. S'immagini ora l'ambiente di Roma, allorch? fu tutta piena d'emigrati francesi, fra i quali le zie del Re, ospitate dal cardinale De Bernis, il destituito ambasciatore di Francia, e mentre a Parigi si bruciava il Papa in effigie per rappresaglia al bruciamento in Roma dei libri massonici del Cagliostro. L'avversione alle novit? francesi andava crescendo in Roma ogni giorno. Le pi? strane novelle correvano e trovavano fede, ora del Re scampato e gi? rifugiato in Germania, ora degli alleati entrati trionfanti in Parigi, ed il popolo, se vedea allora passare il vecchio De Bernis, gli staccava i cavalli dal carrozzone e lo tirava a braccia, poi si precipitava a prosternarsi appi? di santi e madonne, che stillavano sangue, stralunavano gli occhi, e versavano lagrime, come persone vive. Peggio fu, quando si riseppero le sanguinose scene della Rivoluzione, la ghigliottina in permanenza, il Re con la famiglia in carcere, la Repubblica proclamata, i Giacobini prevalenti con la Convenzione, e quando nel novembre del 1792 si vide capitare in Roma Niccola Giuseppe Hugou de Bassville, segretario della Legazione francese di Napoli, quel medesimo, che poi pel poema del Monti rest? noto al mondo col nome pi? poetico di Ugo Bassville, e che prima fu spedito quasi di nascosto per tastar terreno, poi s'atteggi? a diplomatico, e d'intesa con pochi amici e colle Logge Massoniche accese, insieme ad un La Flotte, ufficial di marina pure francese, una briga internazionale per surrogare sul palazzo del Consolato e dell'Accademia di Francia all'antico stemma Borbonico quello della Repubblica. Il Papa resistette, lo sdegno universale divamp?, e provocato con iattanza francese dal Bassville e dal La Flotte fin? il 13 gennaio 1793 nell'assassinio, a furor di popolo, del Bassville. Si disse allora e si ripet? poi, che il governo ci avesse mano, ma non ? provato, e le circostanze di fatto, diligentemente vagliate dal Vicchi, sembrano anzi escludere tale complicit?. Comunque, la reazione popolare giunse a tale, che ad imbrigliarla bisogn? tutto il vigore e la sollecitudine, che prima adopravansi solo contro i sospettati aderenti della Rivoluzione, fra i quali era certamente anche il Monti, framassone, amico al Bassville, e che avea lasciate in mano di lui carte compromettenti. Esso ? troppo noto da doverne a lungo parlare. E lo piomb? sdegnosa in Acheronte. e via di questo passo, il Monti non avrebbe mai fatto altro che un cibreo d'imitazioni felici, belle, armoniose, ma composto a un dipresso, come lo speziale, pigliando da tutti i barattoli, compone le ricette del medico. D'altra parte qual ? il poeta, anche fra i sommi, che nella scelta della sua macchina poetica non abbia attinto da quel fondo comune, che l'arte, la storia, gli ingegni colti e la fantasia popolare vengono tutti insieme accumulando e che in ogni tempo appresta, si direbbe, lo stampo, in cui il poeta getta le bellezze originali del proprio estro e dell'arte propria? A questa legge, bench? di tanto scemata di forza, di quanta n'ha acquistata nel tempo moderno l'individualit? dell'ingegno, a questa legge s'? conformato anche il Monti. Add to tbrJar First Page Next Page |
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