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Read Ebook: Donne e poeti by Panzacchi Enrico
Font size: Background color: Text color: Add to tbrJar First Page Next PageEbook has 297 lines and 33373 words, and 6 pagesBIBLIOTECA POPOLARE CONTEMPORANEA E. PANZACCHI Donne e Poeti PROPRIET? LETTERARIA Reale Tipografia dell'Edit. Cav. N. GIANNOTTA Premiato Stabilimento a vapore con macchine celeri tedesche CATANIA -- Via Sisto, 58-60-62-62 bis -- -- CATANIA GIOSU? CARDUCCI Miei ricordi. Il poeta ha toccato da molti anni il vertice della fama; e vi siede tranquillo, con il consenso generale, senza contrasti. Leone Tolstoi ? glorificato insieme e scomunicato. Intorno al Carducci non risuonano ora che lodi; e s'inchinano a lui, da un pezzo, anche gli avversari di un tempo. Lo stesso Max Nordau, che ha messo tanto studio a trovare il bacillo della < Che potrei io aggiungere adesso al gran coro plaudente? Vorrei invece riunire qualche sparso fiore di ricordi e posarlo sull'altare della memore Amicizia. Ricordo, come se fosse adesso, la prima volta che sentii il suo nome. Andavo per via Cavaliera, a Bologna, verso l'Universit? insieme al mio povero amico Adolfo Borgognoni; e lo udivo ripetere ogni tanto, a voce spiccata, come un ritornello, questi due ottonari: Sul Palagio de' Priori Ne la libera citt?... Gli chiesi di chi fossero e mi nomin? Giosu? Carducci. Quello stesso giorno, cercai in biblioteca il periodico ove erano stampati e lessi tutta l'ode con cui il poeta aveva salutata l'alba del moto italiano a Firenze, nel 1859. Bei tempi e dolci a ricordare! Nella libreria Marsigli e Rocchi una sera conoscemmo Francesco Buonamici, nominato di fresco a una cattedra di diritto nella Universit? di Pisa. Passammo una piacevole serata col giovane professore pisano, parte seduti dal libraio e parte passeggiando sotto i portici. Con la sua bella parlata toscana, il Buonamici discorse prima con noi del Salvagnoli suo maestro, del quale era stato, credo, segretario durante il Governo provvisorio di Firenze; poi attacc? a parlare del suo amico e condiscepolo Carducci con s? caldo entusiasmo che un poco ci mise in diffidenza. Fummo per? lieti di sapere che il poeta maremmano aveva gi? in Toscana, specie tra i giovani, una schiera di ammiratori. Per conto suo, il Buonamici mostrava di non dubitare che ormai quello doveva essere considerato come il primo poeta d'Italia; ed esortava noi a conoscerlo meglio dalle poesie stampate. Col tempo avremmo veduto meraviglie. Ripeto che, con tutte le nostre buone disposizioni, la voglia di obbiettare non ci manc?. E il Prati? e l'Aleardi? A ogni modo, quella specie d'apostolato del Buonamici, di una eloquenza cos? sincera, non fu senza effetto in me e nell'amico Adolfo. E poich? s'era allora quasi indivisibili, ci demmo a cercare insieme e a leggere con passione tutti i versi e le prose del Carducci che potemmo avere sotto occhio. Quando poi, di l? a qualche mese, si seppe che il ministro Mamiani -- ricusando il Prati -- aveva nominato il Carducci alla cattedra di letteratura nella Universit? bolognese, la nostra curiosit? e la aspettazione furono grandissime. Del poeta allora non si parlava; e pareva che amasse di celarsi dietro l'insegnante. Poco dopo io passai a studiare nella Universit? di Pisa. Sapendomi arrivato da Bologna, molti mi chiedevano del Carducci. -- Che fa? Come si trova a Bologna? Che incontro hanno fatto le sue lezioni? -- Io che, prima di partire, avevo trovato modo di conoscerlo, cercai naturalmente de' suoi amici e, a breve andare, mi vidi ammesso nel numerato cenacolo. Erano, oltre il Buonamici, Narciso Pelosini, Felice Tribolati, Diego Mazzoni, Giuseppe Puccianti... Durante i miei quattro anni, furono essi per me la compagnia preferita; e non solamente per la naturale affinit? degli studi. Essendo spesso tra Pisa e Bologna, io divenni in qualche modo l'intermediario tra il Carducci e gli amici pisani; e vedevo passarmi sotto gli occhi le vicende e gli umori di quella amicizia. Gli umori non erano sempre tranquilli; e pareva che le opinioni e le manifestazioni letterarie decidessero perfino delle amicizie in quegli animi giovanilmente inquieti e irritabili. Ma poi gli umori del cenacolo pisano si calmarono; bench? altre e pi? ostiche sorprese a loro serbasse Enotrio Romano! L'albero a cui tendevi La pargoletta mano, Il verde melograno Da' bei vermigli fior, Nel muto orto solingo Rinverd? tutto or ora E giugno lo ristora Di luce e di calor... I limiti brevi di questo scritto mi hanno obbligato, si capisce, a procedere e ora a fermarmi scartando ricordi innumerevoli e non unicamente interessanti, io credo, per quella facile curiosit? dei lettori che ama vedersi rappresentato un uomo celebre anche nei tenui particolari della vita. Io da Giosu? Carducci troppe cose imparai, perch? potessi qui anche solo enumerarle. Imparai sopratutto il rispetto alla sacra Poesia; non quello che si espande in preziose sentimentalit? e si pasce d'infatuazioni orgogliose, ma quello che in faccia alla grandezza dell'Arte ci fa sentire la gravit? dei doveri per l'anima nostra e per quella degli altri. La sua fu una ascensione di oltre quarant'anni, perseverante e gloriosa. In mezzo ai tanti disinganni che seguirono, tra noi, alle facili speranze, in mezzo a tanti tramonti melanconici che contristarono il nostro cammino, egli mantenne tutte le promesse della sua forte giovinezza, all'Arte e all'Italia. Questo, Giosu? Carducci non aveva certo bisogno che io ricordassi a lui; ma provo bene io una gioia profonda nel ricordarlo al dolcissimo amico, in questi giorni, abbracciandolo da lontano col desiderio e inchinandomi dinanzi a lui. Odi barbare. Il libro non era per anco in dominio dei compratori e gi? se ne leggevano le recensioni sui giornali. Poi si sono visti degli articoli che, a conti fatti, debbono essere stati scritti appena tagliato e scorso il volume, umido e adorante ancora dell'antimonio tipografico. La prima assai mediocremente mi ha disposto l'animo in favore del libro. La < Non ? troppo? Non abbiamo noi qui abuso di immagini, tutte generate da un medesimo motivo e quindi troppo fitte, troppo finitime, troppo congeneri? La seconda invece ha subito una di quelle immagini fresche, limpide, colte sul vivo, squisitamente significate, che siamo usi a considerare come un privilegio degli antichi e che fanno del Carducci un fortunato superstite moderno alle vicende dell'arte classica: Ecco: di braccio al pigro verno sciogliesi Ed ancor trema nuda al rigid'aere La primavera. Il sol tra le sue lagrime Limpido brilla, o Lalage. Rose e viole: Sotto la neve bianca e sepolcrale Forse dormono i fior, sognando il sole. Ma sentite con che elegante ricchezza assume e svolge il Carducci quella idea buttata l? alla buona di Dio: Da lor culle di neve i fior si svegliano E curiosi al ciel gli occhietti levano, E ne' lor guardi vagola una tremula Ombra di sogno, o Lalage. Nel sonno de l'inverno, sotto il candido Lenzuolo della neve i fior sognarono, Sognaron l'albe roride e gli splendidi Soli e il tuo viso, o Lalage. Quale una incinta, su cui scende languida Languida l'ombra del sopore e l'occupa, Disciolta giace e palpita sul talamo, Sospiri al labbro e rotti accenti vengono E subiti rossor la faccia corrono, Tale ? la terra: l'ombra de le nuvole Passa a sprazzi su 'l verde tra il sol pallido: Umido vento scuote i peschi e i mandorli Bianco e rosso vestiti, ed i fior cadono. Spira dai pori de le glebe un cantico. Meno mi piace la canzone dei fiori che segue nella terza strofa: O salienti dai marini pascoli Vacche del cielo, grige e bianche nuvole, Versate il latte da le mamme tumide.... Reminiscenza vedica. Certo non senza una ragione qui il poeta ha voluto prestare ai fiori un linguaggio tolto dai miti vetustissimi; ma il genio ellenico, per s? medesimo e per noi, mitig?, trasform?, corresse insomma tutti quei miti zoomorfi; e gli incorreggibili e i non esteticamente da lui accettabili, con un cenno della mano luminosa, ricacci? oltre i confini di Samotracia e oltre il Ponto. Anche il mostro egli volle rendere, alla sua maniera, bello. L'innesto, per esempio, dell'uomo e del cavallo, de la donna e del pesce erano s? dei mostri ma suscettivi di formosit?; onde s'ebbero buone accoglienze il centauro e la sirena. Queste vacche indostaniche invece, che pascolano in aria con gli overi spenzolanti e gocciolanti, non trovarono grazia. -- Ma, tolto questo neo, l'ode ?, ripeto, a mio gusto, una elegantissima cosa. E si eleva superbamente nelle apostrofi finali, che l'anima commossa del poeta lancia in mezzo ai sorrisi e alle inquietudini della Natura generante. Chinatevi al lavoro, o validi omeri; Schiudetevi agli amori, o cuori giovani; Impennatevi ai sogni, ali de l'anime; Irrompete a la guerra, o desii torbidi. Ci? che fu torna e torner? nei secoli. Sotto l'adulto sole, nel palpito mosso da' venti Pe' larghi campi aprici, lungo un bel correr d'acque, Nasce il sospir de' cuori che perdesi nell'infinito, Nasce il dolce e pensoso fior de la melodia... ASINELLA: Bello di maggio il d?, ch'io vidi su 'l ponte di Reno Passar la gloria libera del popolo, Sangue di Svevia, e te chinare la bionda cervice A l'ondeggiante rossa croce italica. . . . . . . . . . . . . . . . . . Dante vid'io levar la giovine fronte a guardarci, E, come su noi passano le nuvole. Vidi su lui passar fantasmi e fantasmi ed intorno Premergli tutti i secoli d'Italia. GARISENDA: Sotto vidimi il Papa venir con l'Imperatore L'uno all'altro impalmati; ed oh me misera, In suo giudicio Dio non volle che io ruinassi Su Carlo quinto e su Clemente settimo! Alla efficacia della lirica oraziana giova molto la brevit? della pr?tasi; e quel subito irrompere del tragico vaticinio nel gran silenzio dei venti e dei flutti. Il Carducci invece, ragionevolmente obbligato dal soggetto, si indugia alquanto a descrivere la marina dintorno e l'interno del castello. A questo preambolo felicissimo il poeta ha dato alcune delle migliori strofe saffiche, che sieno uscite, io credo, dalla sua penna: O Miramare, a le tue bianche torri Attediate per lo ciel piovorno Fosche con volo di sinistri augelli Vengon le nubi. O Miramare, contro i tuoi graniti Grige dal torvo pelago salendo Con un rimbrotto d'anime crucciose Battono l'onde. Meste ne l'ombra de le nubi a' golfi Stanno guardando le citt? turrite, Muggia e Pirano ed Egida e Parenzo Gemme del mare. Add to tbrJar First Page Next Page |
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