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Munafa ebook

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Read Ebook: Donne e poeti by Panzacchi Enrico

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Ebook has 297 lines and 33373 words, and 6 pages

Meste ne l'ombra de le nubi a' golfi Stanno guardando le citt? turrite, Muggia e Pirano ed Egida e Parenzo Gemme del mare.

. . . . . . . . . . . . .

E tona il cielo a Nebresina lungo La ferrugigna costa, e di baleni Trieste in fondo coronata il capo Leva tra il nembo.

Deh come tutto sorridea quel dolce Mattin d'aprile, quando usciva il biondo Imperatore, con la bella donna A navigare!

Ma come gli sposi hanno abbandonato il castello, <>, principiano i terribili auguri. L'Erinni ? salita coi due sulla nave e spiega essa la vela. La Sfinge, tramutando sembiante, si rizza dinanzi alla Imperatrice col viso di Giovanna la Pazza... ? una evocazione subitanea che mette i brividi, pensando al somigliante destino che attende la infelice Carlotta; tanto che ne rimane come illanguidito l'effetto della strofa seguente, che evoca il teschio mozzo di Maria Antonietta e l'irta faccia gialla del Montezuma. Non era bastantemente effigiata e riassunta nella demenza della povera donna tutta quanta la tragedia di Queretaro? La lirica ? tanto pi? potente quanto meglio allaccia in una sola immagine le immagini circostanti.

Poi viene l'invito di Huitzilopotli, il dio messicano, che di sotto alla sua piramide, nella tenebra tropicale, navigando con lo sguardo il pelago e fissando la preda, grida all'infelice Imperatore: Vieni! -- Qualcuno vuole far colpa al poeta per questo intervento di mitologia messicana. O perch?, domando io? Non ? per vano sfoggio di miti esotici che il nume carnivoro entra in campo. Qui Huitzilopotli ? al suo posto: difensore e vendicatore de' suoi nel rappresentante della razza bianca. Il Carducci lo introduce nella sua ode con la stessa legittimit? e opportunit? fantastiche con la quale il Camoens introdusse Adamastor contro la impresa dei Lusitani. Si potr?, tutt'al pi?, giudicare alquanto studiato e artificioso il legame che lontanamente unisce le ferocie dei soldati spagnuoli alla espiazione compientesi in un povero figliuolo cadetto della famiglia degli Ausburgo; e per questo, io ne convengo, la invitazione del nume dell'antico Messico non possiede a lunga pezza la perspicuit? ideale e la equa rispondenza vendicatrice, che ? nella profezia del Nereo oraziano contro lo sleale figlio di Priamo. Ma o io ho perduto affatto ogni senso di bellezza poetica, o nessuno pu? ammettere ragionevolmente in dubbio la terribilit? e l'efficacia fulminea, delle tre strofe con cui l'ode si chiude:

Quant'? che aspetto! La ferocia bianca Strussemi il regno ed i miei templi infranse: Vieni, devota vittima, o nepote Di Carlo quinto.

Non io gl'infami avoli tuoi di tabe Marcenti o arsi di regal furore; Te io voleva, io colgo te, rinato Fiore d'Ausburgo;

E a la grand'alma di Guatimozino Regnante sotto il padiglion del sole Ti mando inferia, o puro, o forte, o bello Massimiliano.

Qui la umana piet? si mesce senza sforzo e nobilmente, al tragico terrore, come gi? vollero i greci. Virile, moderna, alta poesia insomma, della quale l'Italia ha ragione di compiacersi.

Monti d'Alba, cantate sorridenti l'epitalamio; Tuscolo verde, canta; canta, irrigua Tivoli; Mentr'io da 'l Gianicolo ammiro l'imagin de l'Urbe, Nave immensa lanciata ver' l'impero del mondo. O nave che attingi con la poppa l'alto infinito, Varca a' mister?osi lidi l'anima mia. Ne' crepuscoli a sera di gemmeo candore fulgenti Tranquillamente lunghi su la Flaminia via, L'ora suprema calando con tacita ala mi sfiori La fronte, e ignoto io passi ne la serena pace; Passi a i concilii de l'ombre, rivegga li spiriti magni Dei padri conversanti lungh'esso il fiume sacro.

Mescete in vetta al luminoso colle, Mescete, amici, il biondo vino, e il sole Vi si rifranga: sorridete, o belle; Doman morremo. . . . . . . . . . . . . . . A me fra il verso che pensoso vola Venga l'allegra coppa ed il soave Fior de la rosa che fugace il verno Consola e muore.

Ma poi subito il tono si eleva: il verso del poeta non ? <> per nulla. Sentiamo l'anima dell'uomo moderno che si pone dinanzi al nulla della vita e lo contempla con mestizia serena. Che agile evocazione di immagini e che ineffabile malinconia musicale nella strofa che segue!

Diman morremo, come ier moriro Quelli che amammo: via da le memorie. Via dagli affetti, tenui ombre lievi Dilegueremo.

Poi la mente del poeta, che dallo spettacolo di Roma contemplato sulla cima di Monte Mario ? tratta al pensiero della nostra caducit?, si innalza e si dilata nella immaginazione della catastrofe universale. Anche la Terra rallenter? il suo corso <> dintorno al Sole. Dopo aver sprigionato col suo calore innumerevoli vite e dolori e glorie innumerevoli, anch'essa si raffredder?; e verr? un giorno in cui <> l'ultimo uomo e l'ultima donna si rifugieranno al sommo dell'equatore; e di l? con gli occhi vitrei vedranno tramontare <> il Sole, per l'ultima volta. Con questa visione d'origine byroniana, abilmente condensata e corretta nelle linee dell'arte classica, il poeta termina questa ode, la quale senza il freddo artificio della quarta strofa sarebbe tutta un capolavoro; veramente mirabile, a ogni modo, di proporzione, di fusione, di intonazione.

Nella apostrofe che il poeta intuona all'Adige, mentre il fiume, infilando il ponte scaligero, gli canta sotto la sua <> l'ode riprende il pensiero della precedente. Lo riprende, ma lo tramuta e lo varia per modo, ch'io non so proprio comprendere come altri, in buona fede, abbia potuto trovare il poeta in colpa di ripetersi, mentre invece credo che qui si rendano pi? imperiosamente degne d'ammirazione la sua arte e la sua vena. In vetta a Monte Mario sono in tragico contrasto la fuggevolezza della vita umana con la durata delle forze cosmiche, anch'esse moriture: qui, sulla riva del bel fiume veronese, ? invece il poeta che paragona la nota fuggevole del suo canto con la voce del fiume perseverante uguale a traverso i secoli, a traverso tante vicende di popoli e d'imperi. -- Quanto tempo ? passato dal d? che Teodorico entrava vittorioso in Verona e la povera plebe italica, raccolta intorno al suo vescovo, supplicava i Goti mostrando loro la croce, a questo giorno in cui le bandiere abbrunate, sventolanti sulle torri e dalle finestre delle case, ricordano l'anniversario funebre di Vittorio Emanuele!... Tutto passa e si muta; non la voce immortale del fiume:

Anch'io, bel fiume, canto; e il mio cantico Nel picciol verso raccoglie i secoli, E il cuore al pensiero balzando Segue la strofe che sorge e trema. Ma la mia strofe vanir? torbida Ne gli anni: eterno poeta, o Adige, Tu ancor tra le sparse macerie Di questi colli turriti, quando Su le rovine de la basilica Di Zeno al sole sibili il colubro, Ancor canterai nel deserto I tedi insonni dell'infinito.

E calerem noi pur gi? tra i fantasimi Cui n? il sol veste di fulgor porpureo N? le pie stelle sovra il capo ridono N? de la vita il frutto i cuor letifica. Duci e poeti allor, fronti sideree, Ne muoveranno incontro e -- Di qual secolo -- Domanderanno -- di qual triste secolo A noi veniste, pallida progenie? A voi tra' cigli torva cura infoscasi E da l'augusto petto il cuore fumiga. Noi ne la vita esercitammo il muscolo E discendemmo grandi ombre tra gl'inferi.

La poetica visione d'oltretomba si dischiude con una parafrasi scultoria del motto di Federico Schiller: per rivivere nella serena bellezza dell'arte le cose fa d'uopo che muoiano prima nella realt?:

L'ora presente ? invano, non fa che percuotere e fugge: Sol nel passato ? il bello, sol ne la morte ? il vero. ..... O strofe, pensier de' miei giovani anni. Volate omai secure verso gli antichi amori. Volate pe' cieli, pe' cieli sereni a la bella Isola risplendente di fantasia ne' mari.

Ivi poggiati all'asta Sigfrido ed Achille alti e biondi Erran cantando lungo il risonante mare: D? fiori a quello Ofelia sfuggita al pallido amante, Dal sacrificio a questo If?anassa viene. Sotto una verde quercia Rolando con Ettore parla, Sfolgora Durendala d'oro e di gemme al sole: Mentre al florido petto richiamasi Andromache il figlio Alda la bella, immota, guarda il feroce sire. Conta re Lear chiomato a Edippo errante sue pene, Con gli ocelli incerti Edippo cerca la sfinge ancora: La pia Cordelia chiama -- Deh, o bianca Antigone, vieni, Vieni, o greca sorella! Cantiam la pace ai padri. Elena e Isotta vanno pensose per l'ombre de' mirti, Il vermiglio tramonto ride a le chiome d'oro: Elena guarda l'onde: re Marco ad Isotta le braccia Apre, ed il biondo capo su la gran barba cade. Con la regina scota su' l lido nel lume di luna. Sta Clitennestra: tuffan le bianche braccia in mare, E il mar rifugge gonfio di sangue fervido; il pianto De le misere echeggia per lo scoglioso lido, O lontana a le vie dei duri mortali travagli, Isola de le belle, isola de gli eroi, Isola de' poeti! Biancheggia l'oceano d'intorno. Volano uccelli strani per il purpureo cielo.

Ora la prima domanda che si presenta alla mente del critico ? questa: come si conciglia la beatitudine di questo soggiorno con la permanenza di tanti tragici ricordi? Perch? re Lear narra ancora le sue pene a Edippo e questi si inquieta ancora per la Sfinge? E sopratutto che hanno a vedere in questa isola <> quelle due sanguinose e piangenti figure di Lady Macbeth e di Clitennestra? Ma la contradizione non ? che apparente e armonicamente si rissolve, subito che si pensi, che l'intimo senso e come il substratum di questa fantasia consiste appunto nel magico e benefico potere della idealizzazione poetica. Quello che ? dolore, quello che ? colpa e punizione nella realt?, si converte in tranquilla e beata visione, quando assurga alle sfere serene dell'arte liberatrice. I poeti guardano e cantano; le ombre passano; ognuna nell'atteggiamento bello e pietoso e terribile in cui i poeti le generarono nel calore degli estri divini. E questa ? la beatitudine. Siamo nel mondo incantato della divina epopea:

Passa crollando i lauri l'immensa sonante epopea Come turbin di maggio sopra ondeggianti piani; O come quando Wagner possente mille anime intuona Ai cantanti metalli; trema agli umani il cuore.

In questa isola vive l'anima di Shelly, unico tra i poeti moderni. L'ombra di Sofocle la trasse dal naufragio nelle acque del Mediterraneo e la assunse ai cori del regno beato. -- Io ignoro completamente il perch? di questo sovrano privilegio negato a tutta la schiera dei poeti moderni, tra i quali non bisogna dimenticare che contano pur qualche cosa anche Goethe, Schiller, Byron, Foscolo, Leopardi, Heine, Victor Hugo e qualcun altro: ma qualunque sia stata la ragione che mosse il Carducci, questo nulla detrae alla superba concezione e alla grande bellezza dell'ode.

Mi rimane anche a parlare di sette fra le venti odi che formano il libro, e debbo studiarmi d'essere breve. Una memorabile data, 1848, letta sulla pancia d'una bottiglia di Valtellina, inspir? al Carducci una breve lirica tutta calda di eroici ricordi e di propositi animosi:

E tu pendevi tralcio da i retici Balzi odorando florido al murmure De' fiumi da l'alpe volgenti Ceruli in fuga spume d'argento,

Quando l'aprile d'Itala gloria Da 'l Po rideva fino a lo Stelvio E il popol latino si cinse Su l'Austria cingol di cavaliere.

Ma rapidamente ai lampi delle nostre vittorie e alle smisurate confidenze succedeva l'<> per i disastri delle armi nostre. Piace seguire il poeta nel rapido cenno d'un eroico episodio guerresco nobilitante le nostre sventure:

. . . . . Hainan gli aspri animi Contenne e i cavalli dell'Istro Ispidi in vista dei tre colori.

E seguirlo ne' fulgidi auguri, tratti dalla evocazione dell'ombre magnanime e confidati all'avvenire:

. . . . . . . . . . . . Sia gloria, o fratelli! Non anche L'opra del secol non anche ? piena.

Ma nei vegliardi vige il vostro animo, Il sangue vostro ferve ne i giovani: O Italia, daremo in altre alpi Inclita ai venti la tua bandiera.

? questa nel volume una delle odi pi? serrate e rapide per la fattura, pi? concitata e quasi direi nervosa per il sentimento che l'anima. Balza qua e l? in queste otto strofe uno spirito <> che ricorda l'antico.

e scioglie i voti affettuosi e richiama le memorie mestissime e care:

Colli, tacete, e voi non sussurratele, olivi, Non dirle, o sol, per anche, tu onniveggente, pio, Che oltre quel monte giacciono, lei forse aspettando, que' miei Che visser tristi, che in dolor morirono...

A me nel leggere questi distici rifioriva dolcemente, mestamente nella memoria il sonetto rivolto molti anni fa al fratello sepolto del poeta, quando moriva a questi il figliuolo:

O tu che dormi l? su la fiorita Collina tosca, e t'? gi? il padre accanto, Non hai, fra l'erbe del sepolcro, udita Pur ora una gentil voce di pianto?

? il pargoletto mio,...

I poeti veri, i poeti che amiamo, anche questo hanno di particolare per noi, che i loro componimenti si rincorrono l'un l'altro nella nostra fantasia, si sorridono, si chiamano da lontano nelle memorie, s'irragiano di scambievole splendore.

Rileggendola, io sono tornato con l'animo all'estate del 1882, quando dall'Egitto ci venivano tante strane e dolorose notizie, coronate poi dal bombardamento e saccheggio d'Alessandria; e in quel mezzo arriv? l'ode del Carducci a raffigurarci, in contrasto, i torbidi fatti del presente con le origini eroiche e le glorie antiche della citt?. Chi non sente il vetusto, l'Ermetico Egitto mirabilmente epilogato e scolpito nelle prime tre strofe?

Nell'aula immensa di Lussor, su 'l capo Roggio di Ramse il mistico serpente sibil? ritto, e 'l vulture a sinistra Vol? stridendo, E da l'immenso serap?o di Memfi, Cui stanno a guardia sotto il sol candente Seicento sfingi nel granito argute, Api mugg?o, Quando dai verdi immobili papiri Di Mareoti al livido deserto Son?, tacendo l'aure intorno, questo Greco peana . . .

? l'inno che intonano i soldati di Alessandro quand'egli torna dal tempio di Giove Ammone che l'ha riconosciuto per figlio, e dinanzi all'isola di Faro l'eroe segna il circuito della citt? che dovr? inalzarsi nel suo nome. Nel quarto libro della sua storia Quinto Curzio narra il viaggio d'Alessandro co' suoi attraverso il deserto al tempio d'Ammone, e come egli al ritorno, fra il lago di Mareoti e l'isola, datosi a contemplare il luogo decidesse di fondare la citt?. La scena rivive, con toni e colori d'epica leggenda, nella fantasia e nei versi del poeta:

Tale il peana degli Achei suonava: E il giovin duce, liberato il biondo Capo da l'elmo, in fronte a la falange Guardava il mare. Guardava il mare, e l'isola di Faro Innanzi, a torno il libico deserto Interminato: dal sudato petto L'aurea corazza Sciolse, e gettolla splendida nel piano: -- Come la mia macedone corazza Stia nel deserto e a' barbari ed a gli anni Regga Alessandria. -- Disse; ed i solchi a le nascenti mura Ei disegnava per ottanta stadi, Bianco spargendo su flave arene Fior di farina. Tale il nepote del Pelide estrusse La sua cittade . . . .

Dove sono adesso le floride glorie di Alessandria? Il poeta dolorando lo chiede al bardo novarese, il quale, fuggiasco in Oriente per amore di libert?, la aveva pochi anni fa ammirata, mentre sempre

Alacre, industre, a la sua terza vita Ella sorgea, sollecitando i fati.

Oggi non pi?. I vanti e le speranze dell'Egitto oggi minacciano di non poter pi? vivere altrimenti che nel volume del ramingo poeta italiano. Lontana poesia di memorie!

. . . . . . . . . . . . . Oggi Tifone l'ire del deserto Agita e spira! Sepolto Osiri, il latratore Anubi Morde ai calcagni la fuggente Europa, E chiama avanti i bestiali numi A le vendette. Ahi vecchia Europa, che su 'l mondo spargi L'irrequieta debolezza tua, Come la triste fisa a l'or?ente Sfinge sorride!

Chi si piace, oltre che della nobilissima lirica, dei prestigi del colore locale e storico, in questa ode ha, parmi, il fatto suo.

Quando la Donna Sabauda il fulgido Sguardo al liuto reca e su 'l memore Ministro d'eroici lai La mano e l'inclita fronte piega, Commove un conscio spirito l'agili Corde, e dal seno concavo mistico La musa de' tempi che furo Sale aspersa di faville d'oro; E un coro e un canto di forme aeree, Quali gi? vide l'Allighier muovere Ne' giri d'armonica stanza, Cinge l'italica Margherita....

Ognuna, presentandosi alla Regina d'Italia, parla di s? e de' suoi nobili vanti. La Canzone ricorda Dante dall'anima del quale ella spicc? il volo fino ai cieli: ricorda che pass? sovra le lagrime del Petrarca e accese pur lui <>. Quest'ultimo traslato, dico passando, a me non piace affatto. Avrebbe scritto il Carducci, a proposito dell'amore di Dante, <> volendo significare Beatrice? Bellissimo invece nella verit? che semplicemente esprime idealizzandola:

Non mai pi? alto sospiro d'anime Surse dal canto...

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