Use Dark Theme
bell notificationshomepageloginedit profile

Munafa ebook

Munafa ebook

Read Ebook: Vita di Andrea Doria Volume I by Guerrazzi Francesco Domenico

More about this book

Font size:

Background color:

Text color:

Add to tbrJar First Page Next Page

Ebook has 31 lines and 2635 words, and 1 pages

Dott. ALFREDO PANZINI

L'EVOLUZIONE DI GIOSU? CARDUCCI

MILANO LIBR. EDITR. GALLI DI C. CHIESA & F. GUINDANI Galleria Vittorio Emanuele, 17-80 1894

PROPRIET? LETTERARIA

Tip. LUIGI di G. PIROLA.--Milano, piazza Scala, 6.

AL SENATORE

GAETANO NEGRI

CITTADINO E FILOSOFO ILLUSTRE

INDICE

Dedica 5

IL MAESTRO E LA SCUOLA.

Torna alla mente con gran tristezza di desiderio il tempo che io studiava a Bologna; e la rivedo ancora quella severa e lunga aula dell'universit? con i finestroni dai vetri verdognoli che prendono luce dal pian terreno del cortile interno: la rivedo tutta gremita di uditori; tutti col viso rivolto e teso ad un punto, in silenzio: seduti sui banchi, fitti in piedi e addossati agli angoli, presso la porta d'ingresso. E su quelle teste, le pi? giovanilmente vive, altre grige o canute, altre di donne diffondenti in quella austerit? non so quale femminile lietezza mi pare ancora di udire la sua voce che si spandeva ora vibrata, staccata, nervosa; ora lenta, commossa e saliente come nembo d'incenso. Su l'alta cattedra, in fondo, appariva quel capo poderoso, curvo fra i cubiti, con la fronte ferma, come diga a reggere l'onda irrompente del pensiero; la breve mano bianca agitata a ricercare il libro o l'appunto, pur non ristando la voce.

Qualche volta, sopravvenendo le tenebre, accennava gli recassero una candela e se la poneva da presso; e allora quella fiammella rossa che or s'allungava in sottile piramide e stava immota, ora ballava come un folletto, faceva in quella penombra strani effetti di luce su quel volto animato dall'idea creatrice.

Era l'autunno o era l'inverno nevoso: eppure per quella tetra sala in alto passava la primavera al suono della sua voce, l'eterna primavera del pensiero che Egli ogni volta evocava, viva, luminosa, presente fuori dai secoli che furono.

Con ci? non intendo dire che il Carducci sia un oratore nel senso che comunemente si d? a questa voce: l'impeto, la profondit?, la larghezza con cui Egli concepisce e sospinge i suoi pensieri non hanno pari riscontro nella fluidit? delle parole, e perci? di quel torrente di idee e di imagini solo una parte trova l'uscita; l'altra percuote e rimbalza contro quell'impedimento, e perci? in chi l'ode per la prima volta si genera come un senso di pena; chi invece conosce l'uomo e in quelle parole uscenti a scatti e svincolantisi sente tutto il prodigioso lavoro interno, non pu? sottrarsi a un senso di ammirazione e di meraviglia.

Egli inoltre che ci era cos? austero maestro nell'insegnare ed imporre il puro metodo storico della ricerca paziente e analitica, aveva sovente degl'impeti luminosi di sintesi, con una cos? sicura ed anelante concezione del vero quale gli eredi del genio greco latino sanno, forse soli, afferrare ed esprimere. E allora si vedeva quel suo volto acceso impallidire come sotto lo spasimo di un'idea gigante, l'occhio nero sconfinare oltre il recinto dell'aula e le parole venir fuori ora a gruppi rapidissimamente battute e serrate, ora gravi, tarde; quasi ogni voce avesse con s? un misterioso seguito di ombre, di luce e di fantasmi che doveano uscire con lei. Ed in quello impallidire, in quel commosso esprimere di parole, pareva che la sua fronte si cingesse come d'un profetico nembo; e gli angoli delle labbra in gi? volti gli davano un'attitudine cupa di vaticinante.

Non era per? raro il caso che tutto il getto dei pensieri trovasse libera uscita; e allora era un allegro irrompere di idee germinanti, salienti, scoppianti per raggrupparsi ancora e salire fin dove per la soverchia altezza oscillavano, e il periodo precipitava e finiva non con armoniche voci, ma con un gesto rapido e con uno scatto quasi feroce di accenti che sembravano come un'invettiva alla parola tarda ed inefficace a investire e rendere i suoi concetti.

A spiegare questo suo modo di parlare s'aggiunge un'altra causa, ed ? che il Carducci che fu per tanti anni chiamato il poeta della democrazia, ? il pi? aristocratico oratore che si possa pensare. La frase fatta con lo stampino, il periodo d'effetto, i facili artifici del dire, che un autore fine evita di scrivere, ma per? nel parlare largamente profonde, giacch? sfuggono all'analisi e dilettano l'uditorio, il Carducci sdegna anche nel parlare. La sua frase ? originale e viva come il suo pensiero; e perci? si arresta finch? non ha trovato quella voce che gli pare propria, quell'architettura del periodo corrispondente al suo pensiero. Da ci? ne deriva che quel discorso che ad un uditore volgare riesce slegato e duro, ove lo si fermi con la stenografia appare perfetto.

Finita la lezione, che durava circa due ore, indossava a fatica il pastrano o la pelliccia di cui mostrava avere assai cura, e passava fra il riverente aprirsi della studentesca. Era la dolce ora che le tavole delle trattorie suburbane attendono le chiassose brigate degli studenti, e il numeroso uditorio uscendo dall'universit? gi? deserta, si spandeva sotto gli alti e tetri portici di via Zamboni. Le ombre della notte vi erano discese; ma sovente giunti al largo delle due torri, dal fondo di via Rizzoli, un ultimo raggio di sole, come solo ne ricordo in quell'ora a Bologna, si riverberava vermiglio sul vertice aereo e sui merli dell'Asinella. Carducci che a brevi gesti e a pi? parche parole rispondeva al premuroso stuolo che lo circuiva, non mancava mai, io lo ricordo, di volgere lo sguardo su quegli alti fastigi delle torri che anche Dante mir? e dove il sole s'indugiava ancora

guardando con un sorriso languido di v?ola, . . . . . . . . . . . . . . . e un desio mesto pe'l rigido a?re sveglia di rosei maggi, di calde aulenti sere.

Eppure spessissimo avveniva che la visione suscitata da un verso o da uno di que' periodi armonicamente partiti come un edificio della rinascenza, tendenti al loro fine come getto di balestra, gli togliesse per cos? dire la mano: era una breve ed occulta lotta fra il voler dire o seguitare il commento linguistico; ma infine l'onda delle imagini crescenti come l'impeto della marea, vinceva ogni resistenza e si udivano allora le pi? alate e scintillanti digressioni che mai siano risonate in quelle scuole di filologia.

Chi, ad esempio, tra i frequentatori della facolt? di lettere a Bologna non ricorda, specie in certi giorni senza sole, grigi di nebbie e di piogge, il caratteristico entrare del Carducci nella scuola di filologia? Non era l'aula detta sopra, ove Egli faceva le sue lezioni di letteratura, ma un'altra molto pi? piccola e abbastanza chiara al primo piano.

Bench? i banchi fossero quasi per intero occupati dagli studenti della facolt? e si sapesse che quel giorno il Carducci non teneva che le solite lezioni di magistero, ci? ? a dire di critica e d'interpretazione, tuttavia l'affluenza del pubblico era sempre tale da riempire tutti i vani possibili: studenti di altre facolt?, signore e signori venuti o per amore d'arte o per curiosit? di vedere ed udire il grande Poeta.

Rammento fra gli uditori illustri la biblica, pensosa e dolorosa figura del conte Aurelio Saffi; la faccia animata della nobile donna Vitthe Jessie Mario. Egli li scorgeva appena che rendeva loro ossequio prima di salire su la cattedra.

Ma qui una parentesi cade giusta: voglio dire che l'universale degl'italiani press'a poco sa chi ? il Carducci: il primo poeta della nazione, che ha scritto l'inno a Satana, le poesie barbare con l'ode alla Regina, che prima era repubblicano e adesso ? senatore e monarchico.

Questo lo sanno tutti e nessuno lo contrasta. Alcuni, ? vero, discutono se pi? Egli valga come poeta o come prosatore; ma per compenso quasi tutti spingono la loro erudizione sino a recitare a memoria un certo sonetto del Rapisardi, e tutto ci? va bene: per? se questo allegro popolo per sue speciali ragioni non pu? intendere n? il poeta, n? il prosatore, n? l'uomo, sarebbe per? giusto che sapesse come il Carducci che prima accusavano di godersi lo stipendio governativo, lui repubblicano; ed oggi accusano di avvantaggiarsi del suo mutamento politico , non abbia fra tutti gli ufficiali dello Stato alcuno che lo sorpassi nell'adempimento continuo, austero, pieno del proprio dovere.

Egli ? il primo maestro del regno; ed anche oggi prosegue ed insegna con l'animo e con la fede d'allora. Una sola volta, in quattro anni che fui suo scolaro, venne alla scuola e disse, come confessando un suo errore da cui voleva che noi giovani dati all'insegnamento molto ci guardassimo, di essere costretto per quella volta a improvvisare la lezione a braccia e fu, ricordo, un poderoso raffronto fra i classici ed i romantici, denso di sintesi e di riattacchi storici quali Egli sa fare.

Del resto ogni lezione era una primizia de' suoi studi, che Egli recava alla scuola ancora viva e palpitante delle ultime ricerche: e da quel vigoroso e sicuro percuotere del pensiero entro le viscere del passato balzavano fuori scintille di verit? e di luce: e in alto, senza alcun preconcetto di scuola o di politica, ma naturalmente, in alto, come faro luminoso, splendeva o s'intravvedeva risplendere l'ideale di questa gran patria italiana.

Tale il Carducci come maestro, tale la sua opera rigeneratrice in quella scuola piccola, dalle finestre luminose donde il giorno fuggiva e dove la sua parola richiamava la luce.

Lo ricordate voi, compagni buoni, dispersi per le scuole d'Italia, lo ricordate voi? Si chiosavano i canti dell'Inferno, si leggevano le stanze della canzone di Rolando, i sonetti del Guinizelli e del Petrarca, lo ricordate? L'ora era trascorsa; era venuta la notte e il silenzio: le sei lampade a gaz mandavano il loro ronzio e la loro viva fiamma. Egli saliva su per i banchi, si sedeva talvolta presso di noi, accennava ora all'uno ora all'altro con la sua nervosa, breve e bianca mano di continuare; e spesso, vedendoci stanchi per l'ora tarda e per il prolungato lavoro, Egli stesso leggeva e spiegava, e ci trascinava oltre, fuori del presente, per quelle grandi ondate degli antichi canti. Taluno, ricordo, che era in maggiore dimestichezza, levava fuori l'orologio come a dire: <> Egli vedeva, sorrideva bonariamente e interrompeva dicendo: <>

Si usciva: fuori frizzava la nebbia e sotto i lunghi portici batteva largo il vento; pure noi scolari non si cessava del conversare animat

Add to tbrJar First Page Next Page

Back to top Use Dark Theme