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Munafa ebook

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Read Ebook: Women in white raiment by Lemley John

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Ebook has 1506 lines and 86895 words, and 31 pages

LA MARCHESA COLOMBI

TEMPESTA E BONACCIA

MILANO LIBRERIA EDITRICE G. BRIGOLA Corso Vittorio Emanuele, 26

TEMPESTA E BONACCIA

Ed ora, signori lettori, che ci siamo reciprocamente presentati scambiandoci le carte da visita, come si usa tra le persone ammodo quando non hanno la fortuna di potersi vedere, tiro via colla mia storia.

Non vanto illustri avi, n? sono figlio di paltonieri. Appartengo all'umile classe dei borghesi. Non sono n? ricco n? povero. Ho trent'anni.

Quattro anni sono mi accesi d'una grande passione; feci le debite pazzie, e poich? le donne sogliono misurare e compensare l'amore a seconda delle pazzie che fa fare, fui, come di ragione, riamato. E per quella volta la donna mia non prese abbaglio, dacch? io l'amassi davvero con un trasporto che non avevo mai conosciuto prima.

Rinuncio alla celebrit? ma non al motto: <>

Ahim?! In tutta buona fede avrei accettato allora di passare la vita senza un'altra gioia, n? un altro affetto, n? un altro interesse, n? un'altra ambizione, fuorch? l'amore di quella donna. Non mi credevo suscettibile di altro sentimento. Al confronto di quell'attrazione potente, irresistibile, gli altri sentimenti mi sembravano meschine convenzioni sociali.

Alcuni amici s'avventurarono a dirmi:

Cos? pensavo allora, ed ero in buona fede, lo giuro.

Su quell'incendio passarono tre anni; e passarono le scene di gelosia, sempre pi? rade da parte mia, sempre pi? frequenti da parte di lei; e passarono i rimproveri che mi spesseggiavano sopra per ogni nonnulla.

Dopo tre anni e qualche mese cominciai ad accorgermi che l'osservazione de' miei amici non era punto volgare, n? ingiusta. Infatti come non ne avevo compreso prima la moralit? incontestabile? Come avevo potuto stringere sorridendo la mano d'un uomo che tradivo?

Ma certo il mio cuore doveva aver ripugnato all'atto sleale. Certo doveva aver fatto pressione sulla mia coscienza per amore della donna mia; per farle il sacrificio de' miei princip?... Deve essere un amore ben grande quello che giunge fino ad immolare le cose pi? sacre, fin l'onore. E dopo tutto ci? ella spingeva l'ingratitudine fino a farmi dei rimproveri... Oh! le donne! E codesto esclamavo inorridito da tanto egoismo.

Stavo sotto l'incubo di quel legittimo orrore. Ed intanto la mia delicatezza cominciava a trovare ogni giorno pi? penosa l'idea di tradire un amico ne' suoi pi? cari affetti.

Una sera andai al teatro Carcano. Vi cantava una artista esordiente, giovane, simpatica.

La sera seguente il Carcano era chiuso. Il direttore dell'orchestra mi offerse di presentarmi a lei. Ero cos? triste, che proprio non desideravo far conoscenze; ma per compiacere il mio vecchio amico, andai con lui dall'artista all'Albergo Milano.

Trovai che la giovane signora conversava con un giornalista mio amico. Era Giorgio Albani.

Il vecchio professore si ritir? alle nove. Io, giovane, non potevo ritirarmi cos? presto; sarebbe stato scortesia verso la signorina; era quanto dirle che la sua compagnia non mi tornava gradita.

Mentre io, sempre egualmente sollecito della salute del mio vecchio amico, lo accompagnavo--sino in capo alla scala,--la signorina disse a Giorgio:

--E quel signore che non ha preso il cappello e non m'ha salutata? Non se ne va?

--Perch?? Le dispiace? domand? Giorgio.

--Un poco; ha una cert'aria inquisitoria; quando mi guarda mi sembra di un'autopsia morale.

--Come s'inganna! ? cos? sbadato, e cos? buono; quando lo conoscer? meglio, sono certo che le piacer?.

--Pu? darsi; ma intanto mi annoia; volevo fare una passeggiata, ma con quel signore non oso; mi d? soggezione.

--Massimo!? esclam? Giorgio ridendo.--Ma le giuro che egli non aspira punto a destare questo sentimento nelle signore...

In quella rientrai. Giorgio mi disse:

--Massimo, la signorina mi diceva che desidera fare una passeggiata; ma ha soggezione di te.

Egli diceva questo in aria di tanta ammirazione... si sarebbe detto che facesse un merito a s? stesso della timidezza di quella signora.

Giorgio sapeva ch'io non amo in generale le artiste. La libert? delle loro maniere mi d? uggia. Ed ora sembrava dirmi: Vedi che Fulvia non si emancipa; e, per essere artista, non cessa d'essere una signora?

Io contavo proprio quella sera di gettare colla mia presenza un raggio di felicit? sull'esistenza della donna mia... Ma all'udire il desiderio dell'artista... esordiente, giovane, simpatica,--dovetti rassegnarmi, per delicatezza, a mettermi in terzo con lei e con Giorgio in quella passeggiata.--Ritirarmi sarebbe stato esternare il sospetto ch'essi stessero meglio soli... un uomo delicato non offende cos? gratuitamente una donna. Cos?, invece di tergere le lagrime della mia bella marchesa, mi rassegnai a sopportare il sorriso inesauribile di quella spensierata giovane. Ella scherzava su tutto. Pareva una cicala, nata solo per cantare.

Io, che avevo tanto amato i languidi sguardi, gli atteggiamenti melanconici della donna mia, sempre avvolta in una nube di tristezza, trovavo insoffribile il cinguett?o di quella nuova venuta.

Ciarlando un po' di tutto, ella venne a dire di essere stata raccomandata alla marchesa Vittoria Prandi; era la donna dei miei pensieri. E Vittoria, cortese e generosa, era corsa a vedere la giovane raccomandata nella sua camera dell'Albergo Milano.

Ora dunque Fulvia desiderava passare la sua prossima sera di riposo al circolo della marchesa, per ringraziarla della sua cortesia. Preg? qualcuno di noi a volerla accompagnare. Con che gioia colsi quell'occasione di vedere la donna mia!

Anche Giorgio Albani si offerse di fare da cavaliere alla giovane artista; ma egli non frequentava la casa di Vittoria; la conosceva poco; io invece ero intimo della famiglia; lo persuasi che era pi? conveniente che Fulvia vi si presentasse con me, e con me solo.

Ella rimase indifferente a codesta discussione, ed interpellata rispose:

--Per me, purch? vi sia qualcuno che m'accompagni, sia l'uno sia l'altro, mi fa egualmente piacere.

Facemmo una lunga passeggiata. Fulvia fu allegra, gentile, spiritosa, ma serb? sempre un certo imbarazzo riguardo a me. Quando mi parlava, evitava di guardarmi, e non accompagnava il discorso col menomo gesto.

Si occupava ad abbottonarsi o sbottonarsi i guanti, a cogliere una foglia ed a ripiegarla in tutti i sensi, e seguiva cogli occhi l'atto della mano, quasi fosse pi? intenta a quello che a quanto diceva.

I tratti di spirito che intercalava al discorso, i frizzi con cui presentava in caricatura una persona o una cosa, detti cos? senza importanza e poco accentuati, acquistavano un carattere pi? umoristico e sorprendevano di pi?.

Quando l'avemmo ricondotta all'albergo, Giorgio mi ripet? quanto ella aveva detto a riguardo mio, mentre accompagnavo il mio vecchio amico sulle scale.

--Ebbene, dissi, domani a sera non verr?. Non voglio privarla del piacere d'esser sola con te.

Egli non rispose. Era delicatissimo, prudente, pieno d'onore. Forse gli dispiacque il sospetto sottinteso in quella mia risposta, e non volle nondimeno ribatterlo per non impegnare una discussione che poteva far torto ad una signora ch'egli stimava. Parlammo d'altro e parlammo poco.

Io amavo sinceramente Giorgio, che era un nobile cuore, un amico leale. Pensai a lungo a quella parola amara che gli avevo detta; ed a quando a quando ripensai alla antipatia della giovane artista per me.

Prima che giungesse la sera del giorno seguente, mi persuasi che, a rimediare all'offesa che le avevo fatta, ed al dispiacere che avevo dato a Giorgio, era necessario che passassi ancora quella sera con loro. Andai a vedere Fulvia nel suo camerino in teatro; Giorgio mi vi raggiunse, e tornammo all'Albergo Milano insieme.

Fulvia aveva cantato quella sera con tanta grazia e tanta passione, che il pubblico l'aveva accolta con entusiastici applausi. Nel camerino s'erano affollate le visite a complimentarla. Io l'avevo ascoltata da un palco di proscenio, ed amantissimo della musica, ero stato profondamente commosso dalla sua voce; dimenticai le parole poco lusinghiere per me che ella avea dette ad Albani e, nella sincerit? dell'animo, le dissi porgendole la mano:

--Signora Fulvia, ella mi ha strappato le lagrime.

--Le ho vedute, mi rispose: e mi strinse la mano cordialmente, e da quel momento fummo amici.

Il domani Fulvia non cantava, ed io accompagnai la giovane artista in casa Prandi a passarvi la serata. La societ? era poco numerosa. Vittoria accolse la sua raccomandata colla solita affabilit?, e mi parve che si riuscissero simpatiche a vicenda. Ciarlarono all'amichevole un po' di tutto; Fulvia saltando di palo in frasca, trattando le cose con frivolezza mista d'un zinzino di sarcasmo, ed esprimendo certe idee arrischiate che facevano restare gli ascoltanti a bocca aperta. La marchesa seria, melanconica, ragionevole.

Io certo preferivo il nobile buon senso della donna mia; ma cos?, da osservatore, notai che la conversazione di Fulvia riusciva pi? piacevole.

La marchesa mi guardava col suo occhio profondo pieno d'amore; i lunghi sguardi ch'ella mi volgeva tradivano la pi? viva passione.

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