Read Ebook: François the waif by Sand George Abot Eug Ne Michel Joseph Illustrator Sedgwick Jane Minot Translator
Font size: Background color: Text color: Add to tbrJar First Page Next Page Prev PageEbook has 674 lines and 52905 words, and 14 pagesPalermitani! Mi vedete venire? Sono io! Sono io! Applauditemi! Sono dei vostri! Sembra il mio monoplano un gigantesco uomo bianco ritto sul trampolino delle nuvole, che aperte lo braccia, si chini per tuffarsi repente nella vostra fremente aurora siciliana! In quella rada violacea bagnata di silenzio un villaggio dormente si tira ancora sugli occhi dei suoi vetri vermigli il serico morbido azzurro lenzuolo delle onde, E quell'altro villaggio, come un pezzo di ferro arroventato dal sole fuma e stride fra le cangianti tenaglie del mare. Urr?! Urr?! le giovani campane di Palermo mi hanno gi? sc?rto e allegramente si slanciano sulle loro infantili altalene, dondolandosi forte avanti o indietro per ventilare le loro ronzanti gonne di bronzo e le loro gambe frenetiche, ebbre d'un desiderio sfrenato d? libert?, Eccomi! Eccomi qua, campane di Palermo! Per godere dei vostri lunghi slanci sonori, io tolgo l'accensione e filo verso di voi, come un lungo canotto bianco che sollevi la sua doppia fila di remi nel giungere alla m?ta d? una regata, O Siciliani! O voi, che fin dai tempi brumosi notte e giorno lottate a corpo a corpo coll'ira dei vulcani, amo le vostro animo che fiammeggiano come folli propaggini del fuoco centrale! Voi mi somigliate, Saraceni d'Italia dal naso possente e ricurvo sulla preda afferrata con forti denti futuristi! Ho come voi le guancie bruciate dal sim?n, l'incedere elastico dei felini tra l'erbe, e lo sguardo che batte e respinge nell'ombra le schiene viscose, furtive, del poliziotto e dello scaccino! Voi schiudete con gioia le trappole bieche come noi le schiudiamo! Rodano pure i sorci i nostri manoscritti, poi che questo volante motore scrive nel cielo pi? alto strofe d'oro e d'acciaio, lucenti e definitive! Ognuno d? voi sa fare un'altera giustizia intorno al suo grande Io dominatore e indomabile. E la pesante macchina sociale vi fa schifo, vi fa piet? la triste meccanica delle leggi col suo troppo esiguo rendimento d? giustizia! Meccanica infantile, dalle ruote sommarie, che bruscamente afferra un tremulo pezzente, lo stritola, lo schiaccia, lo spreme stupidamente e poi dalla finestra lo getta come una buccia fradicia, in nome d'un'invisibile maest?! I CONSIGLI DEL VULCANO. Io vengo a te, Vulcano, e mi burlo delle tue furibonde sghignazzate da ventriloquo. Credimi: io non sono in tua bal?a! Vorresti, lo so, imprigionarmi nelle tue reti di lava, come fai con i giovani sognatori ambiziosi quando affrontano sui tuoi fianchi l'orribile tristezza dell'enorme tramonto che si sganascia a ridere a crepapelle, talvolta, in un gran terremoto! lo non temo n? i simboli, n? le minacce dello spazio che pu? a piacer suo seppellire le citt? sotto mucchi di rame o di oro o di grumi di sangue! Io sono il futurista possente e invincibile tratto in alto da un cuore instancabile e folle. ? perci? che mi siedo alla tavola dell'Aurora, per saziarmi alla sua mostra d? frutti multicolori. Schiaccio i meriggi, fumanti piramidi di bombe, scavalco i tramonti, eserciti sanguinanti in fuga, e mi trascino dietro i singhiozzanti crepuscoli nostalgici.. Etna! chi mai potr? danzare meglio d? me; e dondolarsi sulla tua bocca fiera che mugghia a mille metri sotto i miei piedi?... Ecco io scendo e m'immergo nel tuo fiato solfidrico tra i globi colossali dei tuoi fumi rossigni, e odo il pesante rimbombo echeggiante del tuo stomaco vasto che frana sordamente come una capitale sotterranea. Invano, la rabbia carbonosa della terra vorrebbe respingermi in cielo! Io tengo ben strette fra le dita le leve, mentre urlo: O Vulcano! smaschera la tua faccia dalle verruche di fosforo! Metti in moto i tuoi muscoli boccali, apri le tue labbra rocciose incrostate di graniti, e gridami, gridami quale ? il destino, quali sono i doveri che s'impongono alla mia razza! Ridesta la spaventevole risonanza dei tuoi polmoni fuligginosi! Io sono agile e forte, e so costringere i venti a pigolare paurosamente sotto le mie ali, come pulcini.... Ammira, ammira le mie ali che sembrano immense, annegate, laggi?, nelle spirali corrucciate dei vapori celesti. Vedo il mio stabilizzatore, dietro di me lontanissimo, e il mio timone, che s'insanguinano alla conflagrazione riverberata delle tue viscere, La mia tela vibra monotona come un tamburo sotto la danza aerea dei rosei tizzoni... Bucato infernale in cui tutto si decompone! Come un fumatore sbuffa il fumo d'un sigaro, cos? con un soffio rude tu allontani, o Vulcano, il tuo bianco pennacchio imponente, con disinvoltura. Il mio orizzonte ? sbarrato da1 tutte le parti dalla contorsione enorme delle tue mascelle scoppiate, goccianti di bragia! Io sono in mezzo, nello squarcio sinistro delle tue labbra pi? alte e pi? grosse che le montagne.... E scendo ancora, guardando intorno a me le tue mostruose gengive rigonfie.... Che ? mai questa flora d? molli fumacchi che tu vorresti masticare come grossi baffi azzurri?... Ecco: gi? il rauco imbuto della tua gola m'appare come un teatro incendiato, d'un'ampiezza incalcolabile, dove furono invitati tutti i popoli della terra, che possono a piacer loro sedervisi comodamente. Tutte le gradinate brulicano di folla festante. Vi si accalcano gesticolando pi? di un miliardo di fiamme spettatrici entusiaste che applaudono e gridano diversamente un miliardo di spasimi erotici. Sulla confusione rossastra spiccano a un tratto con sparati violacei delle esplosioni di gas apoplettiche e panciute. Pi? lontano, gialli vapori isterici sotto i loro improvvisi cappelli verdi scoccano raggi appassionati, teneri, e subitamente beffardi. Che ? quella fiamma che si diverte e ride tutta inguainata di velluto lill? e che sa cos? bene lanciare parabolicamente il suo cappello arancione, s?rto e svanito a un tratto, verso lo spettacolo dogli spettacoli, che comincia? Nella platea del teatro, che pu? misurare pi? di venti chilometri di diametro, si spiega largamente un invitante mare di fuoco qua o l? increspato d'ombra e tinto frescamente di corallo e d? guancie infantili, con dei lunghi sussulti di grida bianche. ? dunque lo schiacciante fragore d'un'incud?ne, che va alzando pi? e pi? la superficie irradiante di questo mare di fuoco? Fiumi, fiumane e ruscelli splendenti accorrono a gara, traboccanti di verghe d'oro, per nutrirlo colando dai crepacci eloquenti che s'aprono qua e l?, lungo le gradinate fra l'ondeggiante m?sse delle fiamme e dei gas spettatori. Fra la corpulenza delle rocce congestionate, fiamme e gas si dimenano in baldoria.... Tutto quello strano pubblico cremisi ? trascinato confusamente dallo slancio veemente dei gesti che applaudono, verso la gola, verso il cuore, verso il centro del cratere, imbuto e circo ardente. E quel mare di fuoco s'immobilizza e s'impietra. A mucchi di grumi e d'isolotti cuciti, fusi, e per rapide alluvioni d'agate e di rubini, forma un continente vermiglio, abbagliante.... Tutt'intorno, sul mare di bragia galleggia una flottiglia spiegando le sue vele che riflettono. tutti i brillanti colori della lava. Il continente si lastrica a poco a poco di crisoliti, ed ecco a un tratto spaccato il selciato dalla meravigliante caduta di 3000 leoni, che piombano dal cielo, cateratta d'odio, cacciando fuori dalle loro nari d'officina chiassose fontane di perle e d? mica. Matassa furibonda, foresta di zampe e criniere incendiarie. Una sola potrebbe carbonizzare 3 citt?, dipingere a fresco il livido cielo del polo, e scaldare le guancie delle stelle invernali. Scossone viscerale della terra! Tutte le melagrane d'Italia accumulate, sanguinolenza d'un macello incendiato, tromba girante di groppe incastrate l'una nell'altra! Piramide enorme d'urli neri, percorsa dall'alto in basso da singhiozzi bambini e barcollante nella ronda delle pallide paure! ? forse il nostro pianeta insanguinato, da centomila battaglie, che ruzzola lontano sotto il binocolo d'un abitante di Marte?... Eh! via! Queste apparenze o queste realt? sono a portata di mano!... Ho, per esempio, fra le dita questo sole illusorio, scaglioso, capelluto, formato di 3000 belve che si mordono... Io ben potrei soppesarlo, mentre cala nel cratere drammatico di questo vulcano... Ora mi vedo ann?mbato d'una sontuosa polvere fosforea... Ardo e mi fondo come un metallo, in mezzo a incessanti combustioni d'idrogeno. Ohe ? mai questo formidabile schianto? Certo sono lo ossa dei 3000 leoni, che scricchiolano sfracellate sotto pezzi di monti!... Si propaga intanto la meticolosa carneficina delle belve. Tutte le loro zanne d'avorio crescono, s'esagerano, ricoprono d'un bianco graticcio la poltiglia scarlatta e i suoi rantoli che schizzano orrore, Son zanne immensificate, o sono invece candidi fumi?... No! no.... ? avorio, veramente, poich? infatti proboscidi d'elefanti ora partecipano alla rissa. Degli elefanti vanno posando qua e l? le loro zampe, obelischi, diguazzando nella salsa gialla di quel liquido zolfo ed in quel tumulto rosso di grappoli d'uva che frana agli angoli e sprizza altissimo in corolle di vino, per inaffiare gli spettatori.... Sopra la vendemmia calpestata, scivolano veloci in equilibrio su fili invisibili i fumi variopinti, come clowns, scaricando a destra o a sinistra le loro rivoltelle, che esasperano l'inaudita follia dei colori inviperiti!... O Vulcano! il tuo spettacolo m'inebbria, Scendo pi? basso per contemplarlo meglio.... Ho alle reni la mia cintura di salvataggio. e posso ben nuotare, se me ne prende vaghezza, in questo tenero e fresco mare di fuoco. Ohi mai, chi mai seppe dunque annientare con un soffio i continenti di porpora e i liquefatti grovigli di leoni? Lentamente, fuori dalle palpitanti ferite delle onde, emergono le chiglie mostruose di tre nere corazzate, masticate o rimasticate, e respinte alla superficie dall'insolenza delle profondit? sottomarine. Lentamente, a uno a uno i tre vascelli da guerra ricominciano a vivere con lunghi brividi. Riannodano le loro membra morte, raddrizzano la loro alberatura e s'equilibrano, mentre le caldaie che s'accendono mettono in moto le larghe torri d'acciaio. Il mal di mare afferra alle budella i cannoni che sussultano con un continuo vomito di piombo. Sono grugn? irti d? scintille, che grugniscono sputando in bordate accanite silicati, cristalli e blocchi vitrei sugli scherzosi tuffi, e l'incrociarsi delle torpediniere e dei pescicani. Questi bizzarramente si mutano in isole fragili intermittenti, rapide apparse e rapide scomparse, che lottano contro le onde succhianti! Frattanto una corazzata s? sventra e cola a picco facendo scoppiare la santabarbara del suo cuore che s'apre, mugghiante braciere, contro il cielo. Gi? non ? pi? che un inaffiatoio vagabondo di liquido azzurro, ventaglio di frescura. Io sono finalmente nel paradiso degli alberi violetti che si lamentano sotto il peso delle troppo larghe stelle in fiore e di troppo grevi lampi, farfalle accanite che suggono la luce. Quel paradiso ? allacciato da tutte le parti da tonde cascate di smeraldi colanti. ? la tua anima, o Vulcano, che si slancia nel mezzo, con un enorme getto d'argento vivo pulverulento la cui forza verticale resiste ai colpi raddoppiati della raffica? O Vulcano, io odo da molto tempo il rotolare continuo della tua voce turbolenta che freme nel rauco camino della tua gola, E tanto mi dimentico a contemplare l'eruzione delle tue parole arroventate, che non ho ancora sgrovigliata la sfolgorante matassa del tuo pensiero! Oh! la maestr?a e l'ispirazione che il tuono scoppiante della tua voce palesa sulle torride pareti del tuo studio d'artista! Con questi massi di gesso fumante scolpisci mostri simbolici e grandi bassorilievi acciecanti di luce, che potrebbero spiegare subitamente, quali comete, un fogliame di raggi sull'insonnia dell'oceano!... Odo finalmente una parola! Una formidabile parola si gonfia e balza fuori dalla tua bocca, in pieno cielo, alla cima d'un lungo tubo di nerissimo fumo, simile a quei molli globi di vetro in fusione che i vetrai soffiano, gonfiando le gote, tra la furia incandescente d'una vetreria! Io non ho mai dormito, Lavoro senza fine per arricchire lo spazio d'effimeri capolavori! Io veglio alla cottura delle rocce cesellate e alla vitrificazione policroma delle sabbie, cos? che fra le mie dita le argille si trasformano in ideali porcellane rosate che io frango coi miei buffetti di vapore! Sono incessantemente commisto alle mie scorie. La mia vita ? la fusione perpetua dei miei frantumi. Distruggo per creare ed ancora distruggo per modellare statue tonanti che subito spezzo con lo schifo e il terrore di vederle durare! Il sole d'oro pesante che le tenebre scatenano ogni mattina, e che a stento s'innalza sui monti di Calabria, proietta invano il cono della mia ombra opprimente fino al centro della Sicilia, per seminare in giro spavento e prudenza. Ognuno ha la speranza d? sapermi domato come una grossa bestia morfinizzata. Il mio vello d'ermellino e la m?a bianca criniera sono pegni d'innocenza e di lenta agon?a. Ho per complice lo stretto di Messina che sonnecchia all'alba, allungato bianco e l?scio come un gatto d'?ngora.... Ho per complice lo stretto d? Messina, col suo aspetto stanco d? materasso di seta color turchese, e con le dolci parole arabe ricamate dalle scie delle nuvole e delle pigre vele, tessute, suppongo, in silenzio, con un filo d'argento sulla veste del mare. Ho per complice la luna menzognera, la pi? imbellettata delle cortigiane siderali, che in nessun luogo mai ? tanto carezzevole, lusinghiera e persuasiva. In nessun luogo mai la luna ? cos? attenta a sedurre i rossi e duri fanali dei piroscafi, passanti burberi che se ne vanno con un grosso sigaro tra i denti cacciando fumo contro l'azzurro. In nessun luogo mai la luna versa una cos? tenera e molle cenere violetta, per ammorbidire la lava ossificata delle case nere aggrappate ai miei fianchi. In nessun luogo mai la luna ha cos? commoventi inondazioni d'estasi o di luce sulle incisioni dei sentieri fatte dal mio fuoco chirurgo. Guai a coloro che seguono la luce belante della luna e i lamentevoli clarini delle mandre, e i flauti amari dei pastori, che perdono v?a per l'azzurro i lunghissimi filamenti dei loro suoni nostalgici! Guai a coloro che rifiutarono d'accordare il galoppo del loro sangue al galoppo del mio, devastere. Gua? a coloro che vogliono far metter radici ai loro cuori, ai loro piedi, alle loro case, con un'avara speranza d'eternit?! Non costruire, si deve, ma accamparsi. Non ho io forse la forma d'una tenda la cui cima troncata d? fiato alle mie collere? Io amo solo gli astri, snelli equilibristi che stanno ritti sulle sfere rotolanti dei miei fumi giocolieri!... Io so ballare come questi e far bei giochi di destrezza nel cielo, o coprire col mio canto il fragore echeggiante dei tuoi uragani che si propagano pei profondi sotterranei! Inoltre, io discendo per ascoltare i poliedri della tua voce. Rallenta le scariche elettriche dei tuoi bronchi che spostano, laggi?, le rocce sottostanti! Imponi silenzio alle tue grotte loquaci che tremano, commosse, interminabilmente! Imbavaglia di spesse ceneri gli echi basaltici che t'applaudiscono in coro! Non so che farmi delle bombe vulcaniche con cui punteggi il brontol?o del tuo discorso! Che m'importa dei getti rutilanti della tua saliva aggressiva? I tuoi diluvi di fango. hanno insozzate le mie ali bianche, ma non m'arresto! Resisto alle valanghe delle tue scorie, e scendo gi?, dorato, aureolato dalle tue pulverulenze d'oro meravigliato. Io devasto in giro tutti i giardini dei sentimenti in fiore e le loro ombrie, chitarre e mandolini che piangono fra le dita dei venti, cantori di serenate. Sconvolgo gli orti saggi e le insalate ben pettinate, ma giro intorno delicatamente alle foreste dai grossi tronchi temera? i cui rami muscolosi hanno orrore della terra, e tendono pugni carbonizzati contro gli astri, passeri esili e pigolanti che vorrebbero posarvisi!... Guai a coloro che s'addormentano, adorando la traccia degli avi, sotto i calmi fogliami della Pace! Io nulla rispetto: n? le rovine della pietra, n? quelle della carne. Il mio soffio caccia a caso, a palate, i vinti e i vili nelle loro tombe, soli solchi scavati dai loro piedi, zappe metodiche! Guerra o rivolta. Scegliete! Sono le grandi feste del fuoco, di cui s'onora il mondo! Quale uccello presuntuoso ? questo, o quale scialuppa aerea, che r?miga al disopra della mia testa? Certo sei un mio figlio degenere, o italiano, o grumo raffreddato delle Lave millenarie! Ah! che io possa finalmente contemplare te ed i tuoi fratelli, ritti sulla tolda veloce delle torpediniere notturne, fra l'odio atroce delle burrasche, alla merc? delle raffiche d'un ciclone, e pure in atto di spiare i massi d'ebano, pi? neri della notte, che le squadre nemiche ammucchieranno nel buio! Che io possa vedervi trasformati a un tratto in brulotti, isolotti o vascelli, eruzione continua d'eroismo contro le nubi!... Io succhier? le pietre e la terra sotto i piedi degl'Italiani, piantatori di quercie e di palazzi.... e voi dovrete superare il mio furore, o perire! Infranger? i vostri nidi, ingenui uccelli d'Italia, perch? impariate a volare sulla vita! Con le balzanti matite delle mie lave canceller? dal mondo le forme geografiche non colorite dalla letizia del sangue! Urr?! Urr?! Come te e con te sputo, o Vulcano, su tutti gli usurai del nostro sangue conquistatore! Per piacerti, ho gi? gridato sulle cime ruggenti dell'energia umana: < Sputiamo, sputiamo sulla Pace, raflesia immonda dell'isola di Giava, fiore enorme dalle foglie putrescenti, pieno d'un'acqua fetida in cui nuotano e si nutrono gl'insetti vischiosi che colonizzano le polpe infami dei cadaveri! Oh! che tutti gli echi attenti della terra b?cino la tua voce rossa, pi? calda della mia voce!... Riconosco in te il mio figlio rigenerato. Ed eccoti, figlio mio, sulle guancie raggianti il mio doppio e triplice bacio di fuoco! Ma dove s'? dunque cacciata la muta delle mie lave? Udite il mio sibilo di vapore strozzato? Cagne rosse dai lunghi denti corrosivi, qua, qua, ai miei piedi! Presto! Stendetevi a terra, davanti a quest'uomo in fiamme e lambite le ruote del suo bel monoplano! NEI DOMINII DI MIO PADRE, IL VULCANO. Ho capito, ho capito qual'? la mia missione! Il tuo bacio m'impone di mordere a sangue nella schiena montuosa della mia penisola, perch? subitamente s'alzi sulle zampe e si slanci all'assalto dell'Austria!... Ancora un bacio, Vulcano.... cos? che mi sia dato assaporare a bocca piena e sentirmi sulle guancie il vasto ardore dei tuoi abissi! Eccomi pieno di te! Mi sento nelle vene e porto con me la porpora schiumante di tutte le aurore della terra! Le mie orecchie sono gonfie dell'ondulosa sinfonia delle tue fiamme discordanti che si slanciano a meraviglia in lunghi accordi serici.... D'onde viene questo suono lontano e desolante di metallo?... Vi credevo fusi dal caldo, bronzi dei vecchi campanili che derido passando e che vorrebbero fissarmi con le loro punte, come una farfalla rara, sugli scoloriti cartoni del cielo! Oh! via! Si tratta di ben altro! Io fui lusingato, o Vulcano, dalla tua voce di bronzo, e ancora ondeggio da un'illusione all'altra nel cupo miraggio del tuo Impero di fuoco! O gran popolo delle fiamme, perch? mai simulare con la chimica turbolenta dei vostri febbrili accoppiamenti, perch? mai simulare davanti a me gli stomachevoli latticin? della luna, e a volta a volta il balzo danzante d'una madonna d'oro lanciata contro l'azzurro da un'esplosione di preghiere? O mio Motore! Ecco gi? che il Vulcano, per inebbriarti, versa copiosi torrenti di stelle! Ma tu non sai che farne, o mio Motore, mulino di pietre preziose, che impolveri lo spazio di nuove Vie lattee!... Add to tbrJar First Page Next Page Prev Page |
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