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Munafa ebook

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Read Ebook: Colei che non si deve amare: romanzo by Verona Guido Da

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Ebook has 3928 lines and 119999 words, and 79 pages

Allora in casa dell'occhialaio la guerra incominci?; la guerra dolorosa, tenace, paziente, che il padre onesto muove al suo figlio riottoso per contendergli palmo a palmo quella china del vizio dalla quale non si ritorna mai pi?.

Tutto congiurava contro la pace di quest'uomo paziente, che doveva incanutire soffrendo, bench? non avesse mai torto un capello ad anima viva. Arrigo principi? a spiegare nella famiglia quella sua calma e terribile volont? dalla quale nessuno scrupolo mai lo trattenne, cos? nelle piccole come nelle grandi cose della sua vita. Ormai trascurava la scuola, rincasava tardi la notte, poltriva nel letto il mattino, inalberava nelle discussioni familiari certe malsane teorie d'indipendenza raccolte ai tavolini dei caff?, sperperava in qualche giorno le poche lire che dovevano bastargli per un mese, poi si dava d'attorno a raggranellarne qua e l?, con ogni ripiego, tenendo per ultima confidente la sua madre carezzevole, che non sapeva negare mai nulla a quel suo bel ragazzaccio fatto come lei.

Una volta egli os? perfino rubare una manata d'argento nel cassetto del banco paterno, e quando lo scoversero in fallo, si mise a fare un tal chiasso indiavolato, a portare cos? veementi ragioni in propria difesa, che poco manc? non lo pregassero di ricominciar da capo.

E in fondo, che torto gli potevano fare? Aveva diciott'anni ormai! S'era messo a giocare, non tanto per vizio quanto per necessit?... Come poteva egli campar la vita, con quei quattro soldi che gli dava il padre ad ogni fin di mese? Quelli bastavano tutt'al pi? per le sigarette. E il rimanente? La vita si faceva terribilmente cara. Per poco che uno volesse andar di paro con gli altri, bisognava sempre aver le mani in tasca. E se la tasca era vuota?... Ecco, si tenta la fortuna. Ve ne sono tanti a cui va bene. Perch? in fondo non si potrebbe anche vincere?...

Vincere: comprarsi un bell'astuccio per le sigarette, una mazza col pomo d'oro, una spilla da cravatta in brillantini; rivestirsi da capo a piedi, farsi fare un soprabito a sacco, sfoderato, con le cuciture doppie, come quello che portava Giannotto Ferri, l'irresistibile Giannotto Ferri, quel tale che senza il becco d'un quattrino menava una vita da principe, cenava a Sciampagna nei gabinetti riservati con questa o quella cortigiana, e, se teneva banco al faraone, mai c'era verso di vederlo perdere un quattrino. Ma, gi?... si faceva mantenere dalle donne!

Vincere!... potersene andare a teatro tutte le sere, in poltrona, con un bello sparato bianco e nel mezzo uno splendido rubino, come il rubino di Giannotto; scarrozzare per la citt?, andare nelle tribune i giorni di corse, mangiar fuori di casa, al ristorante, quando gli facesse comodo, e magari un bel giorno capitare in casa della Lilina con un ventaglio di piume di struzzo, o con quel certo anello che il suo vecchio le prometteva da tanti mesi e non le regalava mai!... La Lilina, che buona ragazza! A lui non costava un soldo, e questa era l'essenziale; perch'egli era giunto cos? al grande sogno di tutti i conquistatori adolescenti: avere un'amante altrui, averla per amore, con una cert'aria d'indifferenza, di condiscendenza, e raccontarlo noiatamente agli amici, fra una sigaretta e una tazza di caff?...

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La Lilina, a parte tutto, era una bella fanciullona, pienotta e di buon cuore, che qualche volta preferiva andarsene a letto alle dieci, anche sola, piuttosto che sbadigliare nei ritrovi notturni fin verso le tre. Aveva per cespite unico l'amore d'un quarantenne, signore ammogliato, che l'andava a trovare tre volte la settimana, puntuale come un cronometro, e ci stava, tutto compreso, un'oretta. Non le dava molto neanche lui, ma il diritto almeno di dire intorno ch'era una mantenuta, anzi la mantenuta di un industriale. Arrigo, per quanto non lo volesse ammettere, s'era un po' scottato alla sua pelle calda; se avesse avuto denaro gliene avrebbe dato; lei lo sapeva, ne era certissima, e lo amava in questa lontana speranza. Le donne hanno un cuore pieno di riflessioni.

Ma invece le carte volgevano peggio che mai; egli tornava a casa ogni notte senza il becco d'un centesimo, con una faccia che incuteva paura, e svegliandosi a mezzod?, ancor sentiva nelle orecchie quel maledetto riso di Giannotto che incassava i gettoni. Quale patto aveva col diavolo, quello l?? Perch? la vita gli riusciva cos? facile, mentr'egli era in debito con tutti, perfino coi camerieri? Di tanto in tanto bisognava pur pagare, per mantenersi il credito e poter ritentare la sorte. Quando tutti gli altri ripieghi eran esauriti, non gli rimaneva che battere coraggiosamente alla cassa paterna.

Il buon del Ferrante ne divenne addirittura calvo; ma pag?, sebbene con qualche stento; pag? la prima volta, la seconda, la terza, e cos? via di s?guito, come tutti i padri, per infinite volte. Il Riotti, messo a parte di questi piccoli disastri, la faceva da tiranno, consigliando il braccio ferreo ed i rimedi eroici.

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E il povero del Ferrante inghiottiva il fiotto amaro. Pass? un annetto ancora: tramontarono i tempi della Lilina, anche perch? la Lilina se la port? in provincia uno studente ricco, e Arrigo rest? sempre a doverle una cinquantina di lire che s'era fatte prestare in un giorno di grande penuria.

Ma un'altra prese il suo posto, che si chiamava pi? sonoramente Mercedes; ed era una canterina di caff?-concerto, coi capelli d'un nero corvino, le labbra divampanti, la pelle color di cipria; quel nero quel rosso e quel bianco a cui va tanto bene la mantiglia castigliana, quando, con quattro nacchere e con un paio di <> si camuffan da pure Sivigliane queste versatili figlie delle nostre portinaie.

Mercedes la bruna era stata l'amante di Giannotto, e si era fatta un buon nome tra le clientele dei caff?-concerti ballando seminuda in un teatro di variet?, che radunava seralmente nella cloaca della sua piccola sala tutti i pi? loschi e pi? balordi bellimbusti della baldoria notturna. Ma poi s'erano messi in rotta, Giannotto e lei, per certe botte sonore che il giovinotto non lesinava in talune circostanze, ed Arrigo l'aveva incontrata, una sera di scoramento indicibile, sola, presso un tavolino, con gli occhi lacrimosi davanti ad un'ala di pollo mezzo rosicchiata ed una tazza di birra quasi vuota. Egli aveva in tasca un centinaio di lire e comand? Sciampagna; comand? pure una dozzina d'ostriche ad un ostricaio bitorzoluto, che in onore del suo rosso berretto masticava il dialetto veneto con un forte accento bergamasco.

V'? d'altronde un momento psicologico nel cuore di tutte le donne malate d'amore, un momento nel quale, che so io, un'ostrica ben pepata, un complimento detto bene, un bacio dato con le labbra calde, con le labbra umide, una carezza sopra una lividura, un marengo buttato via, rasserenano tutta la visione della vita, disperdono i pensieri tragici come nuvole di primavera, mettono addosso, che so io, quasi la voglia di abbandonarsi ad un'altra follia... E cos? avvenne. Andarono a casa quella sera, stretti stretti, in una carrozzella con le ruote di gomma, sotto il cielo che stellava...

Mercedes la bruna era una donna elegante: per lei bisognava giocare di pi?, perdere di pi?; furono malanni gravi. Al termine di qualche mese Arrigo dovette confessare al padre un debito, anzi molti debiti, che facevan insieme una sommetta rotonda. Il poveraccio non li aveva. Ne ammal?. Non li aveva insomma! Inutile gridare, minacciare tragedie! inutile mettere di mezzo la madre, che si teneva sempre in tasca le sue lacrime di coccodrillo! Non li aveva, n? poteva gi? far stringhe della sua pelle o vendere la bottega. Appunto quell'anno aveva l'intenzione di ampliare il negozio, povero vecchio Stefano!... Invece, dando tutte l'economie, appena appena avrebbe raggranellato insieme la met? di quel che occorreva. Fu Arrigo stesso che gli diede un cattivo consiglio:

-- Domanda il resto al Riotti. ? sempre fra i piedi; si renda utile almeno, quando pu?!

-- Al Riotti? Un brav'uomo, s?, non lo nego, ma, lo sai, ? avaro. Fiato sprecato. Umiliazione inutile. Neanche se ci vedesse morir di fame... Prestare, metter mano alla borsa, non entra ne' suoi principii.

E Arrigo: -- Non si sa mai. Tentare non nuoce. Si tratta d'un prestito, in fin de' conti, e con un buon interesse lo si potrebbe forse persuadere. Gi?, tu non vuoi per orgoglio. Ma quando si tratti di salvare il proprio figlio, l'orgoglio lo si mette via!

Donna Grazia fu di questo parere, e tanto l'accerchiarono, tanto lo spinsero, che il povero Stefano curv? ancora la testa, prese il Riotti a parte e fece la domanda.

Costui scoppi? in un riso formidabile, un riso cos? enorme, che tutta la corte l'ud?. Ma davvero?... Che lui, proprio lui, Riotti, avesse a sborsare un millesimo per i debiti di quel farabutto, di quello scalzacane?... E rideva, rideva a crepapelle. Gli pareva davvero inverosimile che lo credessero capace di una tale generosit?. Gl'interessi?... Ma non faceva mica l'usuraio, lui!

Il Ferrante se ne torn? via, col suo passo lento, a capo chino. Ma questa cosa piaceva tanto al farmacista che venne in bottega dell'occhialaio un'ora pi? tardi per farci sopra un po' d'ironia.

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Invece ne parlava ogni momento e fin? con darli. Vi mise un poco di buon cuore ed un poco d'avarizia, perch? un uomo non ? mai cattivo interamente n? interamente buono, mentre ha sempre paura di nuocere a s? stesso nel far del bene al suo prossimo. Aveva una certa affezione, lui, persona autorevole, lui, uomo di scienza, per quella gente da nulla capitata l? vicino; voleva bene a quel timido occhialaio come ad uno di quei decrepiti cani infermi che si tengono in casa per misericordia, e donna Disgrazia gli sarebbe forse piaciuta, una volta, gli sarebbe forse forse piaciuta ancora, se lei... Ma sopra tutto aveva un non so che per quel discolo prepotente e sfacciato, ch'era sempre in mezzo alle sottane, sempre intorno alle tavole da giuoco, sempre pieno di debiti, e che, per quanto a lui desse un insopportabile fastidio, doveva pur suonare con una certa maestr?a se tutti gli abitatori della casa d'un tratto si affacciavano alle finestre non appena l'udivano appoggiar l'archetto sopra il suo maledettissimo violino...

Su di lui anzi aveva gi? formato un suo piano recondito, ma nessuno al mondo ne doveva saper nulla, per ora...

E ci? che forse lo tentava pi? di tutto era la prospettiva di poter finalmente entrare in quella casa come un despota, come un arbitro, come un donatore. Finalmente avrebbe parlato lui, a quattr'occhi, senza peli su la lingua, con quel tomo che non ascoltava nessuno, e si vedrebbe infine cosa volesse dire sentirsi uomo! Dava, e in fondo senza rischiar nulla, poich? Stefano era galantuomo; per di pi? si creava intorno una specie di vassallaggio con la forza del suo denaro, ed avrebbe potuto trattarli tutti come tanti suoi domestici, se cos? gli fosse piaciuto, da quel giorno in poi.

Arrigo si sottomise a tutte le condizioni che gli vennero dettate, messo com'era con le spalle al muro. E le condizioni furono che andasse a passare con la famiglia i venti giorni di villeggiatura de' quali ogni anno l'occhialaio soleva provvedere a' suoi di casa; ma che, non appena tornato in citt?, rinunziasse alla sua vita indegna per accettare un impiego qualsiasi, trovatogli dai padre, o dagli amici del padre, o da lui stesso, Riotti, in persona.

Arrigo disse di s?, risoluto a mantenere almeno la prima delle sue promesse. Venti giorni di villeggiatura, con quel caldo della prima estate, gli avrebbero riposato i nervi, lo spirito ed il corpo, lasciandolo finalmente dormire in pace dopo tante notti vegliate con affanno su la crudele ambiguit? delle carte.

Poi, la sera, sovra un balcone semibuio, tra una ventata di buoni odori, avrebbe suonato con passione, con perdimento, il violino, pensando in quelle veglie d'estate alla dolce bocca rossa di Mercedes la bruna...

Donna Grazia faceva i bauli; Stefano, dopo aver chiusa la bottega, fumava una certa sua pipa di schiuma, complicato e raro gioiello ch'egli serbava per le delizie del dopo cena. Luisa, la secondogenita, una ragazza sui diciassette anni, dalle fattezze un po' dure ma con il corpo snello, ne stava sotto il lume ultimando un suo ricamo di cattivissimo gusto. Ricamava in fretta, con le dita agili, la faccia intenta e china in un cerchio d'ombra. I suoi capelli grevi e lisci, annodati con semplicit? come quelli di un'educanda, le giravano intorno alla nuca, intorno alla fronte, con una specie di pigrizia, come se li avesse pettinati cos? per abitudine, senza neppure guardarsi nello specchio.

Era infatti una ragazza pigra, quieta, un poco marmottona, che in inverno amava i cantucci presso il fuoco, gli sciallini di lana, poich? aveva le spalle sempre infreddolite; una ragazza che amava l'ago, il refe, la macchina da cucire, e se ne stava in cucina volentieri a veder bollire le pentole, come parimenti sapeva, con un prematuro istinto materno, cullare i marmocchi in fasce quando cominciavano a strillare.

Paolo, il fratello, minore di lei d'un anno, e che ora, da qualche mese, frequentava un laboratorio per imparare il mestiere del padre, adesso era intento ad acuminare col temperino un piuolo di legno per costrurre una sua certa scatola ad intarsio ed a fuoco, lavoro di cui dilettava per solito la sua digestione lenta. Era un bimbotto semplice, dai capelli rasi sur cranio rotondo, di carattere attento, di natura sobria.

Anna Laura, la pi? piccola, che aveva dieci anni a quel tempo, era sopra con la mamma, a chiacchierare senza tregua, a far celie, a mettere il suo nasino impertinente in tutte le cose che non la riguardavano affatto.

Entr? il Riotti, al quale dopo il desinare s'infocavano le guance ed il naso, bench? cercasse di mangiar poco per non aiutare una molesta pinguedine; entr? con un risolino affabile, dondolando il corpo maestoso su le gambe tozze, e subito la Luisa, interrompendosi dal ricamo, gli vers? quel solito bicchiere di vin spumante ch'egli si centellinava piano piano, discorrendo col suo tono autorevole, senza nascondere qualche largo sbadiglio di tratto in tratto. Narr? d'una vicina, che aveva mandato a chiamare il medico l? per l?, essendo prossima a sgravarsi e temendo un parto difficile.

-- Queste benedette donne del giorno d'oggi!... non sanno pi? nemmeno partorire! Figur?tevi che mia moglie, tre giorni dopo l'Eugenia, era in piedi e sgambettava. A proposito dell'Eugenia, avrei quasi una mezza intenzione.... Visto che andate in campagna, mentre qui si scoppia dal caldo, ve la confiderei per qualche giorno, se la cosa non v'incomoda.

-- Ma, -- obbiett? Stefano -- sai bene che non avremo posto.

-- Oh Dio, -- fece il Riotti, -- dove si sta in cinque si sta pure in sei. Vediamo un po': l'Annetta pu? dormire con la mamma, e facendo mettere un altro letto in camera della Luisa tutto s'accomoda, mi pare. Ma se deve essere un disturbo, -- aggiunse con dignit? -- sia per non detto e grazie di tutto cuore!

-- Per me... -- rispose Stefano mansuetamente. -- Io tanto me ne resto qui. Bisogna che tu te l'intenda con mia moglie.

Donna Grazia non l'aveva in grazia quella figliolona del farmacista, grassa, inerte, insipida, che si girava sette volte la lingua in bocca prima di lasciarne cadere una sillaba. Il Riotti arricci? il naso e gli venne fra la barba corta quella cattiva piega ch'era il segno evidente del suo malumore.

-- Non voglio chiedere favori a nessuno! -- disse con una specie di sibilo. -- Se non desiderate prendere con voi mia figlia, ho dieci altri amici che ne saranno invece onoratissimi.

Stefano aveva qualche volta quella irritante caparbiet? del silenzio ch'? peggiore di una cattiva risposta. Se ne stette zitto ed il Riotti s'inviper?.

-- Del resto, va bene! -- mugghi?. -- Agli amici si ricorre quando se ne ha bisogno, dopo si mandano al diavolo. Cos? va il mondo e non c'? da farsene maraviglia. Per tua regola, per?, non intendevo caricarvela su le spalle a vostre spese; avrei pagata la mia parte, perch? ci tengo -- io! -- a non dover nulla a nessuno.

Nonostante l'allusione terribile, s'accomodarono da buoni amici e l'Eugenia and? in campagna con la famiglia del Ferrante, poco lontano dalla citt?, in una rustica villetta che apparteneva ad un vinattiere del sobborgo, fattosi ricco a furia di misturar vino ai clienti e fornir denaro clandestinamente agli usurai della citt?. Ma era in fondo un buon diavolo, e per amicizia verso l'occhialaio gli aveva ceduto quattro o cinque stanze ad un prezzo assai mite.

Questa Eugenia era d'indole assai diversa da quella del padre, ma fisicamente tanto gli rassomigliava quanto una ragazza di vent'anni pu? somigliare ad un uomo di cinquantatre. I suoi vent'anni le fiorivano indosso, scempi ed aperti come papaveri di campo, prendevan su la sua gota fresca un colore quasi paonazzo, le rompevano fuori dal corsetto con una rotonda esuberanza di seni. Era del resto bonaria e semplice; aveva i capelli d'un color castano scuro, pettinati con la riga nel mezzo come le nutrici lombarde, i denti bianchi e forti, la cintura larga, le mani ed i piedi un po' grandi. C'era in lei qualcosa d'incerto fra la bella contadina, la massaia diligente e l'educanda timida. Parlava poco e rideva molto; aveva una fame insaziabile ed una passione vorace per i romanzi d'amore. Da molto tempo, nel suo cuore nascosto, nudriva un tenero per Arrigo; una di quelle passioncelle dolci e quiete che scorron via come ruscelletti, senza far rumore. Trovava Arrigo molto bello, molto elegante, e l'amava sopra tutto per i suoi malanni.

C'era intorno a lui quel sapore di vizio che non manca mai di turbare le fanciulle, ancor pi? se hanno il cuore onesto. Aveva inteso parlare della Mercedes, della famosa Mercedes la bruna, nome che le sorelle d'Arrigo pronunziavano con un ambiguo rossore; e per lei, l'uomo ch'era l'amante di Mercedes, una donna tutta pizzi gioielli e profumi, una canzonettista, una <>... -- oh parola enorme che le faceva sognare! -- quell'uomo per lei possedeva, come gli eroi da romanzo, qualcosa di magico, una specie di bellezza fatale che intorbidava di sogni la sua curiosa verginit?.

Ella forse non lo avrebbe amato mai, se il padre stesso non le avesse, per un capriccio, suggerito, educato e comandato questo amore. Il farmacista s'era fitto in capo di maritare sua figlia col primogenito dell'occhialaio: nulla poteva ormai distoglierlo da questo progetto, nemmeno la certezza di rendere infelice sua figlia. Era fra quegli uomini cocciuti che abbracciano senza riflettere un'idea, e quanto pi? essa risulti cattiva, tanto pi? vi s'incaponiscono.

Arrigo invece non si curava di lei. Aveva indovinate vagamente, come tutti in famiglia, le mire del farmacista; ma con la ragazza parlava di rado e sempre con aria di compatimento.

Ora, per distrarre i lunghi oz? campestri, s'era messo a far la corte ad una marchesina che abitava una villa nei dintorni: corte per modo di dire, che cio? la saettava d'occhiate amorose ogniqualvolta la vedesse per il cancello del suo giardino o l'incontrasse la domenica in chiesa, dov'egli andava azzimato come uno zerbino.

Ma fosse la lontananza della Mercedes o il calor dell'estate, gli cominci? a bruciare nel sangue un'accensione voluttuosa, che non gli dava pace, sopra tutto nelle calme sere, quando veniva dal balcone aperto, sopra il suo letto insonne, un odor forte di rosai che vampavano, di caprifogli che sfiorivano, come grandi profumiere che bruciassero nella notte d'estate.

La sua camera era contigua con quella ove dormivan insieme l'Eugenia e la sua sorella maggiore; un uscio mal connesso le divideva; s'udivano tutti i rumori.

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