Read Ebook: Studi sulla letteratura contemporanea by Capuana Luigi
Font size: Background color: Text color: Add to tbrJar First Page Next Page Prev PageEbook has 259 lines and 45550 words, and 6 pagesUna delle qualit? pi? spiccate della poesia contemporanea ? lo accostarsi, alla sua maniera e nei limiti che la determinatezza della parola concede, all'indeterminatezza della musica, la vera arte moderna. Le poesie del Fontana possiedono questa indefinibile espressione musicale dei sentimenti e delle cose; ma si scorge pi? nell'insieme che non nel particolare d'ognuna d'esse. Questo volume, pi? che altro, ? una solenne promessa. Il Fontana pu? appropriarsi ci? che diceva il Musset delle sue prime poesie: Ce livre est toute ma jeunesse; Je l'ai fait sans presque y songer. Il y para?t, je le confesse, Et j'aurais pu le corriger. Io dico intanto sia bene ce l'abbia dato cos? com'?. Questi saggi, questi tentativi di una poesia esclusivamente individuale che coglie a volo l'impressione, la sensazione, il sentimento e s'ingegna a renderli tali e quali gli ha provati, cercando la forma pi? semplice, pi? immediata per farli risentire agli altri allo stesso grado d'intensit?, non sono punto dei saggi, dei tentativi superflui o inutili, per quanto possano avere un valore effimero e passeggiero. Nella storia generale dell'arte non segnano certamente una novit?. La reazione contro la forma accademica, convenzionale, sempre intenta a riprodurre con una formola antica lo spirito moderno , ci ha gi? preceduto in Germania, in Francia ed anche in Inghilterra. Rimane a riprendere per nostro conto e nelle proporzioni del nostro genio nazionale questa lotta contro l'antico. Non foss'altro per pochi istanti, noi dobbiamo passare per gli stessi punti di sviluppo, ripeterne intiero il processo. E troveremo pi? facile il cammino; pi? sicura, anzi infallibile la vittoria. Pari agli altri fatti dello spirito umano, anche il sentimento poetico ha la sua storia. E dicendo storia intendo un ordine progressivo d'evoluzione, una legge intima che lo governi e lo faccia andare verso un fine in onta alle mille accidentalit? che gli sbarrano e gli contendono il passo. Il sentimento poetico non ? altro che la ragione umana ancora avviluppata in quella forma bassa e secondaria dello spirito: ? l'idea non veduta ma intravveduta sotto il roseo velo della fantasia: e corrisponde a speciali facolt?, e si riduce ad un maggiore sviluppo o almeno ad una maggiore attivit? d'esse nel gran momento della funzione poetica. Ora ? accaduto nella storia del sentimento poetico quel che ? avvenuto nel corso di tutti gli altri avvenimenti umani; il suo procedere ? stato nel nostro secolo assai pi? celere del consueto, quasi vertiginoso: ha fatto in pochi anni tal sviluppo che prima non avrebbe compito nel periodo d'intieri secoli. La forma poetica ormai pu? dirsi arrivata alla sua estrema sottigliezza, alla sua possibile trasparenza. Si ? naturalmente rimpiccinita, circoscritta; non s'attenta pi? alle grandi creazioni, ma si rassegna alla minuta rappresentazione del mondo interiore. Non sdegna la semplice rappresentazione del mondo esterno, e fa del paesaggio un puro sfoggio di s? stessa, un mero affermarsi come forma assoluta: la quale cosa indica raffinatezza e corruzione nello stesso punto. In Italia ? avvenuto un che di simile sebbene in proporzioni pi? ristrette. Il Praga, il Boito, il Carducci, il Rapisardi, il Fontana e parecchi altri che ? inutile rammentare hanno un'originalit? relativa, se si riguarda alla storia parziale della poesia italiana; ma la loro originalit? consiste pi? specialmente nell'essere il riflesso di questa gran rivoluzione artistica che sembra l'ultima espressione della forma poetica agonizzante. Infatti vi ? in loro qualche cosa d'estraneo alla coscienza, al sentimento artistico italiano come volgarmente s'intende; ben pochi essendo penetrati della convinzione che il sentimento poetico abbia perduto anch'esso il suo carattere nazionale e sia diventato europeo, come europee son gi? diventate tutte le altre forme dell'arte. La ragione che rende immensamente difficile la produzione poetica ? la legge che presiede alle incarnazioni del sentimento. Come qualunque altra produzione della natura, un sentimento poetico trovata la sua splendida forma non ha pi? la possibilit? di farsene un'altra. Le mille circostanze che concorsero a quella creazione, che la prepararono, la aiutarono, la svilupparono, mutansi anch'esse e non si rinnovano. Per questo riesce vano il voler rifare Byron, Victor Hugo, Musset, Leopardi, Heine e tutti i fortunati che poterono pervenire alla pi? alta rivelazione d'un dato sentimento poetico. L'ambiente ? cambiato. Quella data forma ? gi? entrata, appena venuta fuori, nel gran dominio della storia dell'arte, rappresenta un vero progresso, un vero momento dello spirito umano fissato in modo indistruttibile nelle sue immortali creazioni; e qualunque tentativo di risuscitarla riducesi un tentativo retorico senza nessuna giustificazione, un capriccio, una foggia momentanea, vera prova della sterilit? dell'ingegno poetico che vi si abbandona. Il Fontana, al pari di molti altri, non ha un concetto preciso n? dell'Arte n? della sua storia. Questo non significa gliene manchi un sentimento, una intuizione, una divinazione che diffonde inconsciamente una tinta d'originalit? sulle poesie di questo volume. La quale originalit? spiccherebbe di pi? se il poeta desse meno retta ai consigli del Nodier che paiono il suo credo poetico riguardo allo stile. Egli farebbe meglio a ricordarsi del consiglio di un grande artefice di stile: Oui, l'oeuvre sort plus belle D'une forme au travail Rebelle, Vers, marbre, onyx, ?mail. Point de contraintes fausses! Mais que pour marcher droit Tu chausses, Muse, un cothurne ?troit. Fi, du rythme commode Comme un soulier trop grand De mode Que tout pied quitte et prend! La forma poetica e il sentimento poetico son tutt'uno soltanto nei giorni in cui l'Arte ? una realt? vivente non una storia; ma ormai siamo a questo punto. Il Fontana lo ha cantato quasi piangendo. Queste considerazioni avrebbero risparmiato a parecchi critici molte ciancie sulle poesie dello Stecchetti e avrebbero fatto dare un pi? giusto giudizio del loro valore. Il contenuto poetico dello Stecchetti non ? una novit?. Pu? crederlo tale chi ignora la storia del sentimento poetico di questi ultimi cinquant'anni. Il vero pregio sta nella forma. La forma, in mano di lui, ? di una docilit?, di una compiacenza ammirabili. Il concetto si presenta nettissimo, colla limpida trasparenza del pi? puro cristallo. Il poeta dice tutto quello che vuol dire, e proprio nient'altro di ci? che vuol dire. Non vi domanda la vostra collaborazione, ha lavorato per voi: non vuol che voi facciate coll'opera sua ci? che egli ha fatto colla realt?, che sentiate quasi personalmente e che egli vi serva come pretesto di una interpretazione subbiettiva, no. A lui piace piuttosto d'imporvi il suo preciso e determinato sentimento. Egli non tollera che, leggendo, vi sentiate un solo istante voi; vuole, al contrario, che vi assorbiate tutto in lui, e che la sua personalit? vi apparisca scultoriamente trionfante. Questo pu? darsi avvenga perch? molti componimenti debbono essere stati fatti dal Guerrini a fine di meglio colorir la finzione d'un poeta morto a trent'anni, il suo Lorenzo Stecchetti. Il morto allora serve di ragionevole scusa pel vivo. Per? talvolta ci tocca di ringraziare di vero cuore il finto morto se gli riesc? d'ispirare delle cose belle e gentili come questo componimentino di otto versi: Quando cadran le foglie e tu verrai A cercar la mia croce in camposanto, In un cantuccio la ritroverai E molti fior le saran nati accanto. C?gli allor tu pe' tuoi biondi capelli I fiori nati dal mio cor: son quelli I canti che pensai ma che non scrissi, Le parole d'amor che non ti dissi. Il lettore trover? altri gioielli di simil genere e se li sentir? subito fissati nella memoria per non dimenticarli pi?. LUIGI GUALDO. Il Gualdo ? un romanziere che meriterebbe uno studio a parte; e un giorno o l'altro lo scriver?. L'eccessiva modestia dello scrittore e non saprei quali altre circostanze hanno lasciato finora un po' nell'ombra questo nome degno d'esser conosciuto ed amato per le sue belle qualit? d'artista. ? perci? con vero piacere ch'io veggo la ristampa di un suo volume di Novelle pubblicate a Torino parecchi anni fa. Sono dei piccoli quadri studiati, disegnati e dipinti con un amore dell'arte e con un gusto di cui pur troppo non ? facile trovar molti esempi fra noi. Bench? opere giovanili, mostrano molta maturit? di concezione e di forma, che qualche incertezza d'esecuzione non arriva ad offuscare. < Ho voluto trascrivere questa bella pagina anche per dare un'idea dello stile del Gualdo accusato, un po' troppo alla lesta, d'inculto e d'infranciosato. Certamente non vi s'incontrano n? fioriture arcaiche, n? riboboli; n? tant'altre belle cose che certi signori vorrebbero imporre come indispensabili ingredienti del bello stile; ma c'? efficacia, c'? nettezza, c'? colore, c'? movimento; e se le trascuratezze non mancano, se alcuni periodi vorrebbero andare pi? legati e meno contorti, questo vuol dire che l'arte dello scrivere ? difficilissima, e che non si apprende di primo acchito. Per? le buone qualit? di scrittore possedute dal Gualdo sono di quelle che vengono dalla madre natura e che non si apprendono; le mende, al contrario, di quelle che la pratica e lo studio riescono facilmente a far evitare. Dalla lunga citazione che ho fatto, e dall'insistenza con cui parlo volontieri del colorito, non si creda che le novelle del Gualdo si circoscrivano nel mondo esteriore e vivano d'incidenti romanzeschi, di allettamenti di curiosit?, i quali hanno efficacia al primo momento e, dopo, non valgono pi?. Egli preferisce a ragione il mondo intimo del sentimento e della passione, e si compiace dell'analisi delicata, minuta, che ricostruisce, criticandolo, il vivo processo di una passione e di un sentimento. Sgorga perci? da tutte queste pagine un calore concentrato d'affetto, un fascino soave di poesia, e un senso indefinito d'ideali gentili intraveduti, che fanno molto pensare. < Accade qualche volta di far dei sogni che restano impressi nella memoria come una realt? deliziosa. Figure di donne nelle quali la bellezza ? un sorriso d'amore, che parlano con un accento pieno di musica e di malia, che vengono e vanno leggiere, quasi portate dal vento e come circonfuse da un'aureola; paesaggi a perdita d'occhio, smaglianti di luce e di verde; colline che si specchiano in laghi pi? limpidi del cristallo; ville che biancheggiano tra il folto degli alberi con un'aria di dolce mistero, viali che s'internano in un laberinto incantevole e pauroso, grotte dove le goccie irridate che gemono dalla v?lta sono perle e diamanti; e un'aria sottile, pregna di mille profumi; e un silenzio raccolto pieno di tante cose, un senso della vita pi? completo, pi? perfetto dell'ordinario, ma non tale che ce ne faccia avvertir troppo lo stacco; e poi una fretta vertiginosa di vivere! Avventure che nel mondo reale richiederebbero anni ed anni, l? si intrecciano, si svolgono, hanno la loro catastrofe in pochi minuti. Lo spazio ? soppresso, il tempo ridotto a un'assurdit?. E intanto s'ama o s'odia, si gode o si soffre con intensit? cos? forte che al destarci si rimane un po' perplessi prima di dire: ho sognato. Negli occhi ben aperti vibra ancora un lieve riflesso di quell'altra luce; nell'orecchie oscilla l'ultimo suono di parole che vorremmo sentirci ripetere; sulle labbra si prova tuttavia come lo svanire d'un bacio, nella mano la sensazione d'una stretta tiepida, lunga, eloquentissima. L'impressione insomma ? cos? viva e profonda, che ci lascia per tutta la giornata un sentimento di tristezza, una strana compiacenza d'aver sognato e un acuto desiderio di tornar a sognare. Quel sogno infine non era mica l'impossibile: vorremmo essere nel caso di riprodurlo tal quale nella realt?. Il libro del Gualdo lascia un'impressione di questa natura. Per un'opera d'arte non ? poco. Che viaggio di nozze! < Simile al suo Massimo, l'autore si ? poco occupato degli altri personaggi, li ha lasciati in lontananza, schizzati appena, macchiettine un po' scolorite ma che non gridano punto col resto del quadro. Eppure una stonatura, una bella stonatura in mezzo a questo gamma armonioso come avrebbe fatto bene agli occhi! Quell'amante che torna dalle Indie e trova la Elisa gi? sposa d'un altro, quel Giulio Bardi pareva proprio venuto a posta per mettere un'ombra in tanto eccesso d'azzurro! Ma si vede bene ch'egli ? stato inutilmente parecchi anni nel paese delle tigri e dei serpenti a sonagli; ha meno fiele d'una colomba. Decisamente, quando scriveva questo libro, il Gualdo o si dibatteva sotto l'oppressione di un gran dolore o era un uomo felice! O tentava dimenticare o voleva fissare coll'arte uno di quei momenti della vita nei quali si darebbe un abbraccio a tutte le persone che s'incontrano per le vie. R. SACCHETTI e E. NAVARRO. Qui siamo in piena realt?. Nel Sacchetti la vita ? presa pi? specialmente dal lato interno: momenti di passione o di debolezze del cuore, contraddizioni del carattere e direi quasi dell'istinto, misteri del sistema nervoso che spingono il pensiero in un mondo pieno di meraviglie, dove la scienza ha il torto di non inoltrarsi colla sua solita serenit?, insomma l'uomo, organismo, cuore e un tantino anche spirito, colto in un punto veramente drammatico. Col Sacchetti si pensa, col Navarro si sente; ma l'impressione ch'essi lasciano ? egualmente vivace. La situazione, senza dubbio, ? drammaticissima; ma questa figura, cos? tutta di un pezzo, riesce poco simpatica. E quando ce la vediamo venire innanzi collo sue lagrime di coccodrillo, proviamo verso di lei le stesse ripugnanze della madre del povero Zaverio, al quale la sua terribile rigidezza ha fatto perdere la ragione. Manca qualcosa di femminile in quel carattere di donna: lo stesso autore non le vuol bene. Sembra ch'egli abbia il sentimento incosciente di un qualche difetto organico della sua creatura, e perci? tira via il lavoro tra stizzito e annoiato. Un solo momento egli si ferma a guardarla con compiacenza di artista: < Il lavoro in piena estate finisce d'ammazzare Giovanni che l'amore ha disfatto. Il male ? indomabile. Bettina passa undici notti a vegliare il marito, mentre l'amico Riccardo si ritira burbero nella sua stanza per dormire tranquillamente. ? in quelle notti di veglia, e mentre il rantolo del povero moribondo si fa sentire pi? forte, ch'ella si butta quasi inconsapevolmente fra le braccia di Riccardo. Nessuno di loro due potrebbe dire in che modo siano arrivati fin l?. Ma il lettore non se ne meraviglia. Quella creatura vive: pi? che col cuore, ama coi nervi, ma vive. L'effetto ? cos? immediato che non par di leggere, ma di muoversi entro la triste realt?. Potenza della vita! Bettina ? una creatura di sensi, niente altro. Ha la spontaneit? degli istinti, come un bruto, e neppur l'ombra di senso morale. Rimpetto a lei donna Vittoria di Tizzano riflessiva, colla coscienza dei pi? elevati sentimenti di moralit? dovrebbe naturalmente interessarci di pi?: ma non ? cos?. Bettina ha qualcosa che donna Vittoria non ha, la vita; e ci fa riflettere e pensare come alla baronessa di Ruoppolo rimasta un vero fantasma non riesce. Bisogna per? confessare che il pretesto ? dissimulato con arte: che alcuni caratteri, specie quello della vecchia mamma, son riusciti stupendamente e ch'entro quell'eccesso di descrizioni l'una accavalcata sull'altra i personaggi si muovono senza artifizio, col loro ingenuo dramma, dalla prima all'ultima pagina. Il Navarro ha il senso della misura; le sue descrizioni non stancano; forse non lasciano profonde impressioni nella memoria del lettore e dileguano presto; ma nel momento della lettura hanno l'illusione della realt?. Una sola volta in questo racconto egli si ? lasciato prendere la mano da una fantasia romantica che ? proprio una stonatura. Quando i due amanti sono nel castello di Floriana una sera: << -- Ho freddo, disse Rosaria. -- Beviamo un ponce, rispose Pietro. Il servo port? un vaso di porcellana sul tavolo, l'emp? di rhum e vi appicc? fuoco. Rosaria si mise a guardare con diletto la fiamma azzurra ed esclam?, battendo le mani: -- Come ? bella! Pietro disse: -- Dura poco.>> ? il solo particolare che mi sembra falso. GIUSEPPE PITR?. I canti popolari sono una miniera inesauribile. Quando l'artista ha finito di ricercarvi il bello, comincia a lavorarvi lo storico per cavarne documenti pi? veridici e pi? sinceri che non siano quelli scritti; e appena lo storico alla sua volta avr? terminato, ecco tosto il filologo che prende a studiarli per conto suo. La scienza del linguaggio, diventata potentissima ausiliare della storia e della psicologia, trova in essi un vastissimo campo d'osservazioni e di confronti. E per l'artista, per lo storico, pel filologo i fatti son tanti e cos? nuovi e cos? imprevisti, che ci vorr? ancora molta pazienza, molta attenzione, moltissima cautela prima si possa affermare che l'ultima parola sia detta. Il Pitr? reca a questo grandioso edifizio di critica il suo largo contributo. Nel presente volume parecchie questioni sono, mi pare, trattate in modo da non pi? doverci tornar sopra; quella, per citarne una, dei canti storici popolari. Add to tbrJar First Page Next Page Prev Page |
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