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Munafa ebook

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Read Ebook: Storia degli Italiani vol. 09 (di 15) by Cant Cesare

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Ebook has 662 lines and 149289 words, and 14 pages

nterpretavano a dispetto ogni atto del traditore della patria, del tre-volti; e dal borbottare passando alla insurrezione, coprirono porta Ticinese di barricate, difesero Marco Cagnola di cui egli voleva abbattere la casa, tanto che fu costretto ad umili proposte. Il popolo che, suo stile, erasi immaginato i Francesi dovessero fare scorrere latte e miele, vedendo cangiata la frasca e non il vino, piagnucolava, e diceva traditori tutti quei che aveano abbandonato il Moro. Le libidini poi e le prepotenze de' soldati francesi porgeano troppi appigli ai capi de' Ghibellini, che esageravano e invelenivano.

Il Moro, che d'oltr'Alpe, come Buonaparte dall'isola d'Elba, spiava qual aura venisse di Lombardia, e, come tutti i fuorusciti, fantasticava speranze in ogni stormire di fronde, si lusing? di poter tornare in istato. Massimiliano l'aveva accolto coll'interesse della compassione e della parentela, e promessogli soccorsi, ma voleva denaro anticipato; onde il Moro, accortosi che a questo solo egli aspirava, prefer? spenderlo cogli Svizzeri, arsenale comune. Raggranellatone un grosso, ripass? le Alpi e il lago di Como , mentre il Trivulzio, maledetto a tutta gorgia e insultato, si ritirava trucidando. Al vedere un maresciallo fuggire dalla propria citt?, invan? il popolo milanese, e buttossi a saccheggiare la casa di lui e de' caporioni guelfi; sicch? Lodovico, in quella Lombardia donde il settembre usciva bestemmiato, rientr? applaudito in febbrajo.

Diremo leggero il popolo? Ma questo desidera star meglio; crede a chi glielo promette; quand'? deluso, odia ancora, non il nome mutato, ma gli ordini non migliorati. Di chi la colpa?

Tosto Lodovico ebbe attorno i principotti, che rinvestiva delle signorie state confiscate dai Francesi, o che profittavano di quella debolezza per ricuperare od usurpare possessi. Ma non dormiva re Luigi; con altrettanta prontezza mandava soccorsi, e in nome della nuova amistanza obblig? gli Svizzeri a richiamare i loro compatrioti che stavano al soldo del duca. Fu come spezzar la spada in pugno a un combattente; e Lodovico dovette ricovrarsi in Novara. Ma gli Svizzeri, che la presidiavano, negarono combattere con lui, e si accinsero ad obbedire al loro Governo ritornando in patria; n? egli a gran lagrime pot? impetrare se non che lo salvassero conducendolo tra le loro file travestito: ma un di loro l'addit? ai nemici, onde fu preso con tre fratelli Sanseverino. Il cardinale Ascanio, che teneva il castello di Milano, ricovr? a Rivolta presso Corrado Lando suo antico amico, e questi lo consegn? con altri della casa e con gentiluomini milanesi.

Il Moro, menato a Lione di pieno giorno fra l'insultante curiosit? del popolo, chiese indarno di vedere l'ingeneroso vincitore, che lo tenne prigioniero a Loches gli altri dieci anni di sua vita. Col? pot? masticare i tristi frutti della sua versatile politica: eppure tanto presunse della sagacia propria, che voleva ancora dare pareri e regolare il mondo; e nel testamento, con una povera politica, che unica forza riconosceva l'indebolire altrui, suggerisce continue paure, paura de' condottieri, paura de' ministri, paura de' proprj istitutori, non mettersi vicino persone di troppo alto grado.

I Milanesi, confessando essere stati sleali al re e al maresciallo, ottennero perdono, e trovaronsi in dominio de' Francesi. Il Trivulzio, tornato luogotenente, <> ; insomma impicc? a dozzine i suoi soldati. Eppure son tanti i costoro soprusi, riferiti da' semplici cronisti, che si vorrebbe poterli credere delle consuete esagerazioni della paura e dei partiti.

Romagna. I Borgia. Politica machiavellica.

Perno dell'indipendenza italiana era stato fin allora il pontificato. Mentre per tutto il medioevo si era mostrato cattolico, intento cio? a tutta la cristianit? senza distinzione di paesi, nell'esiglio avignonese si rendette stromento di una politica speciale; coll'insaziabile fiscalit? si disonor?; poi pel cozzo degl'interessi francesi e italiani si trov? sbranato nel grande scisma. Rimessosi da questo, cerc? ringrazianirsi mediante i generosissimi sforzi che sostenne onde aggregarsi i Moscoviti, riconciliare l'Oriente, respingere l'islam; ma l'Europa cominciava a farsi sorda alla voce di esso. Pertanto si ridusse a potenza italiana, con leghe e guerre cercandosi un primato nella penisola; e dacch? pi? non valeva a signoreggiare i popoli de' quali aveva fomentato l'adolescenza, confidava dello Stato ecclesiastico fare il punto d'appoggio pel quale movere il mondo. Scendendo allora nelle idee pagane che prevaleano, credette necessario il despotismo: ma questo, se anche non sconvenisse al successore di Pietro, era incompatibile con un capo elettivo; laonde fu costretto appoggiarsi sovra potenze straniere, nel mentre doveva impedire che stranieri predominassero in Italia, e mantenere la bilancia fra gli Stati di questa. Nella quale molta ingerenza gli davano la capitananza de' Guelfi in Lombardia e Toscana e l'alta signoria sul regno di Napoli: ma l'oscillamento politico fece che contro dei papi si voltassero e i potentati rivali e l'opinione popolare, finch? la potenza loro esterna soccombette alle monarchie assolute e al protestantismo.

In tutto il medioevo i papi, come principi temporali, eransi trovati ristretti fra i baroni e il popolo. Quelli coi piccoli dominj ne assediavano la metropoli: questo sempre ostent? pretensioni di sovranit? s? a fronte dei Cesari, ai quali conferiva il titolo di imperatori romani, s? a fronte del pontefice, che dovea rappresentare la dominazione della citt? eterna sopra le corone e sopra le intelligenze e le volont?. Ridotti a podest? politica, ai papi divenne necessit? lo svincolarsi dalla violenza feudale e dalla popolare turbolenza. Erano riusciti a sottomettere la citt? di Roma privando d'ogni rappresentanza il senato; ma alcune citt? di Romagna aveano mantenuto o ricuperato il governo municipale, come Ancona, Assisi, Spoleto, Terni, Narni; le pi? stavano ad arbitrio di signorotti che, quantunque vinti, aveano conservato la dominazione col titolo di vicarj pontifizj, riconoscendo la supremazia del pontefice, promettendogli un censo annuo che di rado pagavano, e somministrandogli guerrieri e capitani, merc? dei quali egli avea peso nelle vicende.

Chi scrivesse particolarmente della Romagna, avrebbe una tela abbastanza ampia, tutta imbrattata di rivoluzioni, di sangue, di tradimenti. Giulio da Varano dominava a Camerino, Guidobaldo da Montefeltro fra la Toscana e le Marche, Vitellozzo Vitelli in Civita di Castello: Giovan della Rovere signor di Sinigaglia aspettava in eredit? il ducato d'Urbino: Pesaro era signoreggiata da Giovanni Sforza, ramo cadetto dei Milanesi, e marito divorziato di Lucrezia Borgia: a Rimini, decaduta dall'antica floridezza, Malatesta col titolo di servigio accattava la tutela dei Veneziani, come anche Astorre Manfredi signor di Faenza e di val di Lamone, ed altri principotti sulle coste adriatiche; Ercole duca di Ferrara non si teneva dipendente dal papa, sebbene se ne intitolasse vicario. Ai Baglioni furono dati e tolti a vicenda dai papi Spello, Bettona, Montalera, altri castelli; in Perugia non godeano signoria, bens? la potenza dei pi? forti; e se i legati pontifizj cercavano sempre cincischiarla, Gian Paolo la sostenne vigorosamente.

In quel palazzo, architettato alla romana da Baccio Pontello fiorentino, radunava quanti uomini avessero allora pi? lode in Italia, e principalmente giovani guerrieri: da quattrocento persone vi stavano a servigio, regolate secondo prescrizioni del duca; la biblioteca arricchivasi di opere rare, fra cui una famosa Bibbia, insigne per lettera, commenti e fregi; col? i due dotti greci Angelo e Demetrio insegnavano la loro lingua; Pirro Peratti, Cristoforo Landino, Giannantonio Campano, il Pontano, Francesco Martini dedicavangli le opere loro, ed esso li rimunerava con denaro, con protezione, con onori.

Bernardino Baldi, che lo presenta come modello di virt? civili e guerresche, narra di lui <>; che assediando Barchi nel Riminese, proclam? lascerebbe andar liberi o i terrazzani o i soldati rinchiusi, secondo che quelli o questi fossero primi a rendergli la fortezza; gli altri tratterebbe a discrezione. Allora una gara di cedere; e i soldati furono primi, onde se n'andarono con ogni aver loro. Ai borghesi pure il duca consent? d'uscire con quanto poteano recarsi addosso: poi, chiuse novamente le porte, aizz? i suoi saccomanni a far prova d'entrarvi. Questa vile bordaglia vi si accinse con corde e scale finch? sormont? la mura e buttossi a rubare, con gran divertimento del duca e de' suoi soldati. Chi pensi all'accoramento dei poveri saccheggiati, avr? un'altra prova che le sevizie allora si consideravano di regola fra le truppe.

Guidubaldo, succedutogli ancor fanciullo , ne calc? le pedate.

Sigismondo Malatesta, lascivo, truffatore, crudele, anche eretico, colla prodezza acquist? un ampio dominio, e lo riperdette, pi? non conservando se non Rimini, che dopo fu governato da Isotta, concubina, poi moglie sua vantatissima. Roberto e Sallustio suoi bastardi aspiravano a signoria, e intanto si posero al soldo del pontefice, finch? Roberto pigli? Rimini, si alle? a Fernando di Napoli, e coll'ajuto di Firenze e Milano ricuper? sin quaranta castelli; di? brave battaglie, combatt? in tutte le fazioni d'allora per riacquistare terre al papa. Gli succedeva Pandolfo figlio naturale , che sfregi? la casa.

L'anno stesso Galeotto Manfredi signore di Faenza, chiamato in camera da sua moglie fintasi ammalata, vi fu ucciso da sicarj. Giovanni Bentivoglio costei padre accorse in arme per assicurare la successione al figlio Astorre; ma i Fiorentini, sospettando non l'usurpasse per s?, incitano il popolo, che prende lo stesso Bentivoglio. Subito quindicimila Bolognesi sono in armi per liberarlo; meglio per? giova l'interposizione del re di Napoli e del duca di Milano.

Fra questi tirannelli prolungavasi dunque la vita feudale, e poich? i governi non aveano altre armi che mercenarie, la forza riducevasi in costoro, che tenendosi a capo di bande agguerrite e a s? attaccatissime, vestendole e armandole del proprio, alle scarse rendite supplivano col menarle a servizio altrui, o permettere ai principi di reclutarne sulle loro terre. Innestandovi poi la coltura moderna, ciascuno nella sua cittadina voleva avere corte e feste e adulatori; a dotti e artisti aprivano asilo, come ai ribelli dei vicini; provvedeano di cardinali il sacro collegio: donde un aspetto di singolare ricchezza, sostenuta collo smungere i sudditi o col guadagnar dalla guerra. Spinti da minuti rancori, o con pretensioni sproporzionate ai mezzi, ricorrevano a perfidie, a stili, a veleni, e l'opinione accettava per apologia del delitto l'audacia con cui era stato commesso. Gli uni aveano carpito la sovranit? al popolo, altri alla Chiesa, altri all'imperatore: ma per soperchiare l'emulo, or a questo or a quello s'avvicinavano; or collegavansi tra s?; ora il papa stesso sosteneva un competitore per deprimer l'altro, o contro di entrambi evocava la libert?; sicch? con un potere d'ingiusta origine e di dubbia conservazione, doveano stare in sospetto del proprio, in avidit? del dominio altrui, assiepati di masnade che li dispensavano dal cercare l'amore dei popoli. <> .

Viti, gelsi, ulivi andavano schiantati nelle avvicendate correrie, rimanendo unica rendita i pascoli e la messe degli anni in cui la guerra non obbligasse a cacciare gli armenti nelle terre murate, e ricoverarvi il grano non ben maturo. Alla campagna dunque non faceasi che qualche capanna; i villaggi afforzati resistevano, e se fossero presi, diroccati ed arsi, bisognava tosto rialzarli per usufruttare la campagna, sinch? non fu abbandonata alla sterilit? deserta, alla mal'aria e alle bande di masnadieri.

In questo stato di guerra, chi fosse forte abbastanza per ridersi delle minaccie, assecondava i brutali istinti, e per leggerissime cagioni seguivano omicidj e rapine. Un gentiluomo dell'Umbria sfracell? contro al muro i bambini del suo nemico, ne inchiod? uno sulla propria porta, e ne strozz? la moglie gravida. Oliverotto, nipote e allievo di Giovan Fogliano signore di Fermo, va a militare sotto Paolo Vitelli, e segnalatosi, scrive allo zio voler mostrarsi alla patria cogli onori guadagnati: questo gl'impetra di venire con cento cavalieri, gli procura solenni accoglienze, e banchetta tutte le autorit? di Fermo; ma nel bel mezzo del convito Oliverotto fa scannare il Fogliano e i commensali, e gridarsi signore.

I papi, o togliessero i dominj ai principi antichi, o dessero terre della Chiesa in feudo ai loro favoriti, corrompevano ne' popoli l'abitudine della soggezione; e violentemente strappandoli dalle istituzioni a cui erano affezionati o se non altro avvezzi, moltiplicavano gli scontenti e la facilit? di rivoltarsi.

Roma nel suo materiale portava l'impronta de' secoli e delle successive civilt?; e tempj, basiliche, terme convertiti in chiese, palazzi cesarei sormontati da r?cche e bastite, attestavano il passaggio dell'impero, della cattolicit?, del Comune, del feudalismo. Ciascun rione apparteneva, si pu? dire, ad una famiglia; ai Colonna l'Esquilino, agli Orsini piazza Navona, ai Vico il Transtevere, altri colli ai Savelli, ai Frangipani; separati con mura e porte: nel centro intorno all'isola si accumulava la plebe, bisognosa e turbolenta: sul Vaticano si difendeva il papa, col castel Sant'Angelo impedendo ai cittadini di varcare il Tevere: ogni palazzo rappresentava un feudo in compendio, trasferito dalla campagna alla citt?, e sottoposto alle convenienze gerarchiche, per cui la torre del vassallo non doveva elevarsi quanto quella del caposignore. E tutti si guatavano con gelosia da nemici, opponevano le immunit? all'esercizio del pubblico potere, aprivano cento asili ai mille delinquenti.

Il papa oppose loro il prode Guidobaldo d'Urbino, e Francesco duca di Gandia; ma vistili a Soriano in giusta battaglia sconfitti, e preso il primo, ferito l'altro, pieg? a pace. E poich? ad esso duca di Gandia suo figlio non pot? dare collocamento sulle costoro terre, eresse per lui Benevento in ducato, Terracina e Pontecorvo in contadi; e i cardinali in concistoro approvarono, eccetto uno, ond'esserne compensati di benefizj e condiscendenze. Ma pochi giorni dopo, un pescatore vedeva gettare un cadavere nel Tevere; chiesto perch? non l'avesse subito annunziato, -- Tanti ne vedo continuamente!>> Era il duca di Gandia, ucciso, dissero, dal fratello Cesare cardinale, per gelosia dei favori del comun padre, o di quelli della comune sorella Lucrezia.

A quell'avviso di Dio pianse il papa, si pent?, ma poco poi torn? al vomito, e di pi? alto sperare trov? cagione nel rimastogli figlio Cesare. Questo eroe del delitto se abbisognasse di denaro mandava assassinare alcuno, e non era chi osasse chieder giustizia per non soccombere egli pure all'assassinio; a un cognato attent? col veleno, e non riuscendogli entr? in casa, e palesemente lo fece strangolare; sotto al manto medesimo del papa trucid? il Peroto, favorito di questo. Tali eccessi non poteano avverarsi se non dove le due autorit? stavano congiunte, e facevano sentire quanto opportuno riparo stato fosse il celibato, se tanto osava un figlio di prete.

Allora costui, depose la deturpata porpora per infamare il nome di duca Valentino: e appoggiatosi tutto a Francia, ringrand? delle prosperit? di re Luigi, che dichiarava fatta a s? qualunque ingiuria contro di lui. Il quale, ripetendo <>, confidava formarsi un dominio indipendente fra i principotti che si sbranavano la Romagna. La mala riuscita non lo scoraggiava, usando dire, <>; sapeva che il buon esito gli farebbe perdonare ogni iniquit? di mezzi; e correva in proverbio, il papa non eseguire mai quel che diceva, suo figlio non dire mai quel che eseguiva.

Firenze stava fiaccata dall'infelice guerra contro Pisa, che mai non avea potuto soggiogare, dall'incerta amicizia del re di Francia, dalla rivalit? di tutti i vicini cospiranti a rovinarla, e dagli intrighi de' Medici, che sempre occhieggiavano il ripristinamento. Imputata dei disastri francesi e d'aver lasciato languir di fame il proprio esercito, ricus? soldarne un altro per la nuova primavera, e per mancanza di denaro fece tregua coi vicini. Subito il Valentino compr? le bande da essa congedate, dando voce di dover ajutare nell'impresa di Napoli re Luigi, e coll'esercito di lui congiungersi a Piombino. Chiese pertanto a Firenze il passo; e senza aspettar risposta entrato sul territorio, e stimolato da Vitellozzo Vitelli, che lo accompagnava smaniato di vendicare il supplizio di Paolo, domand? gli si consegnassero sei cittadini, colpevoli della morte di quello, e si restituissero in istato i Medici, sola amministrazione degna di confidenza. I Fiorentini si raccomandarono a Francia, che come loro alleata intim? al Valentino non li toccasse; ed egli se n'and?, solo imponendo gli pagassero per tre anni come lor soldato trentaseimila ducati. Assalito allora il principato di Piombino tenuto da Jacopo d'Appiano, lo devast? e prese anche il castello, avendo cos? un piede in Toscana; di che il papa tanto esult?, che in persona venne a godere di quel trionfo.

La Spagna, dacch? gli Arabi l'aveano occupata nel 711, con settecento anni di lotta era venuta redimendosi dal servaggio straniero, divisa in tanti regni indipendenti, quanti erano creati dal valore e dalla costanza patriotica e religiosa. Poc'a poco vennero quei regni concentrandosi, e alfine si ridussero a quattro, i quali, pel matrimonio d'Isabella di Castiglia e Leon con Fernando d'Aragona , si restrinsero in un solo. L'unione di? modo di compire la vittoria sui Mori a Granata; onde si pot? costituire la Spagna in unit? politica , prima di qualunque altro regno d'Europa, e pi? compitamente che la Francia stessa. Perocch? il sentimento cattolico vi si era identificato col nazionale, in modo che il clero non fece opposizione al monarca; tre Ordini religiosi ricchissimi, e i cui capi godeano potenza principesca, divennero nerbo del re, che se ne dichiar? granmaestro; la guerra santa contro gli Arabi, se non fece istituire un esercito stanziale, port? il re a poter armare tutta la nazione quando volesse, senza dipendere dai feudatarj come gli altri regnanti. Cos? si addestrarono negli istruttivi cimenti della guerra paesana; e come videro la tattica dei Lanzi tedeschi, ne compaginarono un sistema militare, che Gonsalvo di Cordova, intitolato il Grancapitano, ridusse poi a perfezione nella guerra d'Italia, annestandovi i progressi dell'artiglieria e del genio militare.

Ma ecco gli ambasciatori pubblicano a Roma la concertata spartizione, che indign? chiunque serbava senso morale; e il Reame si trov? esposto alle lascivie del Borgia e alle crudelt? di gente educata a trucidare Americani. Federico, serrato tra la forza e il tradimento, si di? perduto, e chiuse le truppe nelle fortezze. Capua, difesa da Fabrizio Colonna, presa per frode dai Francesi e dal Valentino, and? al pi? abbominando strapazzo; molte donne e monache non si sottrassero all'obbrobrio che precipitandosi dalle finestre o nel fiume; altre assai furono vendute; finito poi lo strazio e saputo che molte s'erano rifuggite in una torre, il Valentino se ne scelse quaranta delle pi? belle. Tali orrori scoraggiarono di modo che Federico appena ebbe tempo di fuggire ad Ischia, avendo seco la moglie e quattro figli, la nipote Isabella vedova di Galeazzo Sforza duca di Milano, la sorella Beatrice moglie di Mattia Corvino re d'Ungheria, poi di Ladislao II re di Boemia; e invece d'aspettare gli eventi, esecrando l'infamia dell'Aragonese, patteggi? con Francia, rinunziandole ogni ragion sua, stipulando amnistia pe' suoi leali. Ito in Francia, ottenne la contea d'Angi? con trentamila ducati, ma col divieto di pi? uscire da un regno dov'era venuto col salvacondotto. Anche il Cordova, che intanto acquistava le terre predestinate al suo padrone, a don Ferrante primogenito del re che difendeva valorosamente T?ranto, giur? sull'ostia rispettarne la libert?; poi, appena avuta la piazza, il mand? in Ispagna, ove fu tenuto prigioniero per tutta la vita. Terminava cos? nelle prigioni la stirpe aragonese, dominata sessantacinque anni; e il regno rest? diviso in due parti, una francese sotto il vicer? d'Armagnac, l'altra sotto il Grancapitano.

Nel caldo di quelle vittorie Alessandro VI assal? le terre de' Colonnesi e de' Savelli, chiaritisi per re Federico, e le ridusse a obbedienza; intanto lasciava nel palazzo di Vaticano la figlia Lucrezia, perch? di l? governasse il paese. Costei erasi prima sposata a un nobile napoletano; ma Alessandro, ottenuta la tiara, ne la sciolse per darla a Giovanni Sforza signore di Pesaro. Ben presto parvero pi? decorose le nozze di Alfonso di Aragona principe di Salerno, figlio naturale di Alfonso II: ma come questa casa fu stronizzata, Alfonso cadde assassinato sulla scala del Vaticano, e alla giovinetta, che ai diciassette anni era gi? sposata a tre, fu cercato un marito pi? glorioso in Alfonso d'Este , figlio del duca di Ferrara, che tremando del Valentino, accett? le indecorose nozze. A Lucrezia il padre assegn? Sermoneta, tolta ai Gaetani, e il governo perpetuo del ducato di Spoleto; onde al marito portava cendiecimila ducati in oro, inestimabili valute in gioje e suppellettili, le terre di Cento e della Pieve, e l'assicurazione dei possessi aviti. Le nozze furono solennizzate nel palazzo pontifizio, ed il papa <>. Cos? racconta un cronista, e vi soggiunge orribili infandit? di quelle nozze; forse non vere, ma divulgate. La accompagnarono in viaggio ambasciadori, vescovi, gentiluomini, tanto da contarsi quattrocentoventisei cavalli, ducentrentaquattro muli, settecentocinquantatre persone. Vennero a incontrarla la corte d'Urbino, e i principali Ferraresi, con balestrieri e trombetti e bucintori, tutti in nuovo e con lusso tale, che si contarono ottanta catene d'oro, delle quali la meno valeva cinquecento ducati, e n'era molte fin di mille ducento. L'abito del duca e il fornimento del suo cavallo si valutavano seimila ducati: i dottori portavano il baldacchino, sotto cui la duchessa procedeva fra suon di bande e d'artiglierie: oro e diamanti traboccavano sulla bella persona di lei e di quanti l'avvicinavano, e il suo corredo era portato da cinquantasei muli coperti di panno giallo e morello e da dodici di raso.

Queste nozze e l'aver egli sposato Carlotta figlia di Giovanni d'Albret re di Navarra, cresceano opportunit? al Valentino di maturare i suoi ampj divisamenti con calma di spirito e atrocit? di risoluzioni. Ricevuto sulla parola Astorre Manfredi, giovinetto di rara bellezza, per cui amore i Faentini si erano difesi ostinatamente, il manda a Roma, e dopo resolo vittima di altre brutalit? lo fa strangolare con un fratello e buttar nel Tevere. Ambiva il ducato d'Urbino; ma come torlo se Guidubaldo conservavasi devoto alla santa Sede? Cesare indice guerra a Camerino, e da Guidubaldo chiede genti e artiglieria; avute le quali, ne occupa le quattro citt? e i trecento castelli, a fatica salvandosi Guidubaldo stesso. Assale poi Camerino, ed entratovi per tradimento, fa strozzare il duca Giulio da Varano e i figliuoli.

Il Valentino palliava le sue conquiste col bisogno di reprimere le fazioni e le parziali tirannidi; e dal popolo facevasi applaudire col distruggere quell'infinit? di masnadieri, alimentata dai tumulti. Esso li fa perseguire, e con orribili e pronti supplizj castigare da Romiro d'Orco; poi come questo colla spietata giustizia si ? reso esecrabile, il Valentino espone lui pure squartato sul patibolo. E il popolo lo vanta gran giustiziero.

Venezia, occupata seriamente a schermire la cristiana civilt? dai Turchi, non poteva opporsi n? all'ambizione dei Borgia, n? all'invasione di Spagnuoli e Francesi. A Firenze la continua mutabilit? del governo rendeva impossibile e il navigare secondo lunghe provvigioni, e il mantenere un segreto. La cingeano avidi e deboli amici; i capitani di ventura l'avevano in uggia pel supplizio di Paolo Vitelli; Vitellozzo giunse a ribellarle Arezzo, e non avendo potuto indurre Valentino ad occuparla col titolo di generale della Chiesa, le continu? guerra, devast? i seminati, occup? tutto il val di Chiana, che poi rassegn? a Francia. Agli ambasciadori fiorentini il Petrucci di Siena disse: -- Bisogna ch'io vi mandi i Medici, perch? senz'essi non guarirete>>, e molti proponeano di richiamarli: pure si trov? il ripiego di eleggere un gonfaloniere non pi? per due mesi ma a vita, a modo del doge di Venezia, passibile per? fin della vita se fosse condannato dagli Otto di bal?a. La scelta col voto universale cadde su Pier Soderini , onest'uomo ma debole a quelle urgenze; almeno a detta dei grandi, che perdeano la speranza di divenire gonfalonieri.

Accintosi egli a campare Firenze dal Valentino, gli sped? Nicol? Machiavelli, il quale accorto politico pot? da vicino codiare quell'astuto, per ritrarlo poi come modello di un perfetto tiranno. E il Valentino e il Machiavelli erano predominati dal pensiero medesimo, la necessit? di ridurre almeno la media Italia sotto un unico dominio; a ci? non bastare le opere di leone, ma richiedersi pur quelle di volpe. Ci? il Machiavelli insegnava ne' libri; il Valentino voleva effettuarlo, franco ad osare, gajo a denari, e con un'attivit? che raddoppiava le sue forze. <>.

Principali fra quelli erano i Montefeltro, i Varano, i Bentivoglio, e i famosi capitani Paolo e Virginio Orsini, Vitellozzo Vitelli e Oliverotto Freducci di Fermo. Come videro il re di Francia rappattumarsi col Valentino, chiesero accordi con questo, lasciandosi dalle promesse accalappiare, essi che non soleano mantenerle; e l'ajutano contro altri tirannelli. Gli Orsini, Vitellozzo e Oliverotto vengono a campo sotto Sinigaglia, citt? di Francesco della Rovere. Quivi il Valentino gli accoglie con maniere d'amico, e li mena in palazzo, ma subito gli arresta e fa strangolare. Vitellozzo piangeva, riversando ogni colpa sui compagni; Oliverotto supplicava di almen fargli salva l'anima coll'assoluzione papale. Le squadre di questo furono c?lte improvvise e svaligiate; le vitellesche a viva forza si ridussero in salvo. Il papa motteggiava gli uccisi, dicendo: -- Gli ha castigati Iddio, perch? si son fidati al Valentino dopo giurato di non mai farlo>>; e in Roma arrestava il cardinale Orsini e gli altri loro parenti, coi quali avea dianzi stipulato la pace, e li teneva prigioni finch? gli ebbero ceduto tutte le fortezze. Dal cardinale voleva anche la cessione di tutti i beni, e poich? si leggeva sui libri il prestito di duemila ducati a persona non nominata, e la compra per altrettanto valore d'una perla che non si rinveniva, dichiar? il lascerebbe senza mangiare finch? non fossero trovati; la madre del cardinale pag? quel credito, un'amica port? la perla, e il cardinale riebbe il cibo, ma in esso la morte.

Il Machiavelli riferiva l'avvenuto alla Signoria fiorentina, senza sillaba di disapprovazione; anzi poco poi le scriveva: -- Qui si comincia a meravigliare ciascuno come le signorie vostre non abbiano scritto o fatto intendere qualcosa a questo principe in congratulazione della cosa novamente fatta da lui, per la quale e' pensa che cotesta citt? gli sia obbligata, dicendo che alle signorie vostre sarebbe costo lo spegnere Vitellozzo e distruggere gli Orsini dugentomila ducati, e poi non sarebbe riuscito loro netto s? come ? riuscito a sua signoria>>.

Ne restano sbigottiti i grandi d'ogni parte; il popolo, che detestava gli avventurieri, assassini suoi, si consola della loro caduta, sperando riposo; i soldati passano allo stipendio del Valentino, che trova apologisti e panegiristi. Bologna gli promise per otto anni dodicimila ducati d'oro, cento uomini d'arme e ducento balestrieri a cavallo: Pisa, non potendo pi? reggersi contro Firenze, mette il partito di darsi a lui, che, prese nefandamente Sinigaglia e Perugia, ha gi? posto gli occhi sopra Siena e a spegnere Pandolfo Petrucci ch'era il cervello della lega contraria, e che a stento era sguizzato dal lacciuolo di Sinigaglia.

Costui, accannito ai Borgia perch? aveangli strappato di pugno una prima volta il papato, erasi fin allora tenuto in armi o in esiglio, alle loro lusinghe e invitazioni rispondendo: -- Giuliano non si fida del Marano>>. Subito si rannodano le alleanze con Francia e Spagna; molti signori rientrano ne' perduti dominj; a Forl? gli Ordelaffi, a Rimini i Malatesta, a Faenza e altrove i Veneziani; ciascuna citt? si arma. Il Valentino, ridotto coll'acqua alla gola, cede i castelli che tenevansi a suo nome; e rilasciato, secondo la sicurezza datagli dal papa affine d'avere il voto de' cardinali di sua fazione, si getta a Napoli promettendo agli Spagnuoli il braccio e l'arte sua per acquistar Pisa ed altre terre; don Gonsalvo lo riceve cortesemente, e ne asseconda i disegni, finch? re Ferdinando gli ordina di mandarlo in Ispagna. Assicurato sulla parola d'onore, il Valentino ci va, ma ciurmato egli ciurmadore, fu messo prigione; riuscitogli di fuggire al re di Navarra suo suocero, ? ucciso all'assedio di Viana e sepellito ignobilmente.

Costui ? l'eroe del Machiavelli, il quale trova ch'ei <>; i tradimenti ne racconta con un'indifferenza che somiglia a complicit?, fin a dire -- Io non saprei quali precetti dare migliori ad un principe nuovo, che l'esempio delle azioni del duca>>; e -- Pel duca Valentino le opere io imiterei sempre quando fossi principe nuovo...>>; e conchiude: -- Raccolte tutte queste azioni del duca, non saprei riprenderlo, anzi mi pare di proporlo ad imitare a tutti coloro che per fortuna e con le armi d'altri sono saliti all'imperio>>.

Dante poneva nell'inferno quel che diede i mali consigli a re Giovanni, e Buoso da Dov?ra che agevol? ai Francesi la venuta, e il Montefeltro che sugger? il prometter lungo e attender corto. Vecchiaggini del medioevo! Ora non si inneggia ai santi del paradiso, ma si applaude agli eroi dell'inferno dantesco: ora bando ad ogni idealit?: si stia al fatto: non vedasi quel che dovrebb'essere, ma quel ch'?; la virt? ? la forza intelligente: doti uniche in un principe sono accorgimento di consigli, fermezza di risoluzione e fortuna; unica lode il riuscire. Ma a ci? quali regole dare quando sottentra l'onnipotenza individuale, cio? l'arbitrio supremo, il fluttuamento, la variazione? Il Machiavelli avea veduto Fernando il Cattolico da piccolo re divenire uno dei maggiori potentati d'Europa; per quali mezzi? per l'assolutismo: onde proclam? che bisognasse sradicare gli spinosi germogli del medioevo per mezzo d'una dominazione unica e incondizionata, e a questa giungere per qualsifosse via. Sian pur mali i mezzi, male anche il fine; ma sono passeggeri, e ne seguiranno il dominio supremo della legge, l'eguaglianza e la libert? di tutti, e si far? della cittadinanza un medesimo corpo, ove tutti riconoscano un solo sovrano. Cerca dunque speranze nella disperazione; vedendo perire le antiche glorie d'Italia, vuol uccidere anche il diritto e la giustizia, della debolezza far forza, ad alto scopo giungere per vie basse; <>; oggi diremmo al fatto, anzich? all'idea. <>.

Conseguenti a questa teorica sono le applicazioni. Il tiranno deve sempre avere in bocca giustizia, lealt?, clemenza, religione, ma non curarsene qualvolta gli torni bene il contrario; farsi temere piuttosto che amare quando l'uno e l'altro non possa: scopo dei Governi ? il durare, n? questo si pu? che coll'incrudelire, <>. Tutto ci? egli espone colla freddezza d'un anatomista, o d'un generale che calcola quante migliaja d'uomini si richiedono per espugnare una posizione. Per lui sono ammirabili i colpi arditi; lo strumento migliore ? la forza, sia quella di Sparta per conservare, o quella di Roma per conquistare: il diritto ? rinnegato; rinnegato Cristo, per surrogarvi non so che religione astrologica; rinnegato il progresso, giacch? <>. L'umanit?, sottoposta a influssi d'astri, percorre entro un circolo insuperabile dal bene al male e da questo a quello; e negli ordini politici, dalla monarchia all'aristocrazia, da questa alla democrazia, finch? l'anarchia riconduce la necessit? d'un monarca.

Pertanto indifferenza per le vittime, e simpatia per chi sormonta; male ? il tradimento se non raggiunge il fine; male le congiure sol perch? le pi? volte escono a peggio; torna meglio pentirsi d'aver fatto, che pentirsi di non aver fatto. Appone ai Fiorentini che non avessero, nel 1502, sterminato la ribellata Arezzo e tutta val di Chiana, giacch? <>, altrimenti ? tenuto o ignorante o vile. Che importa se un privato rimanga vittima d'un'ingiustizia? basta che la repubblica sia assicurata da forza straniera e da fazioni interne: <>. E proclama quella massima dei Terroristi del 93, che <>.

Crede egli alla potenza del genio, e vedendo tanti fatti grandiosi, pensa possano sorgere Licurghi e Soloni, perdendo quasi il sentimento che nella politica separa il fatto dal miracolo. E questi genj non hanno pi? obblighi con nessuno, non vogliono la libert? piuttosto che la tirannia, non Cristo piuttosto che Giove, purch? giungano una meta premeditata.

E forse, tra le violenze soldatesche d'allora, soltanto un soldato come il suo Valentino potea prevalere: ma che un siffatto assodasse un desiderabil ordine di cose, era follia il riprometterselo; e l'eroe suo, coll'oro di Roma e l'oro di Francia, con astuzie e ferocie tante non consegu? che tenui effetti, e bast? un soffio a dissiparlo, bastarono circostanze che non avea prevedute. Venezia s'era accorta che sarebbe fuoco di paglia; un Piagnone nella fine dei Borgia legge un chiaro esempio della verit? di quella sentenza che dice, <>: ma il Machiavelli neppure in quella caduta si disinganna: tanto il cuore pu? annebbiar l'intelletto.

Il Missaglia, nella vita del Medeghino, scriveva: -- Poich? l'ultimo fine della guerra ? la vittoria, per ottener quella pare che sia lecito o almeno tollerato mancare di fede, usare crudelt? ed altri enormissimi errori>>. L'Ariosto cantava: -- Fu il vincer sempre mai laudabil cosa, Vincasi o per fortuna o per ingegno>>; e Francesco Vettori: -- Stimerei una delle buone nuove che si potesse avere quando s'intendesse che il Turco avesse preso l'Ungheria, e si voltasse verso Vienna; e i Luterani fossero al dissopra di Lamagna; ed i Mori, che Cesare vuol cacciare di Aragona e di Valenza, facessero testa grossa, e non solamente fossero atti a difendersi, ma ad offendere>>.

Quando, nell'accordo di Granata, il Cristianissimo e il Cattolico conculcavano ogni obbligazione morale, ogni legge d'onore per spartirsi il regno di Napoli; quando l'usurpazione di questo era agevolata da perfidie le pi? sfacciate; che diritto aveano le nazioni forestiere di far rimproveri all'italiana? ai politici di quella scuola poteva altro insegnarsi se non ad elidere coll'inganno l'inganno, coll'assassinio un altro prevenirne? il Machiavelli espone queste pratiche come evenienze naturali, senza passione, in tono d'assioma, con freddo computo di mezzi e di fine; non come Satana dice al male: <>, ma <>; se l'utile deva all'onesto posporsi, ? disputa da frati. Cos? il chimico insegna come preparare i tossici e gli abortivi; se siano poi da adoperare, non ? quistione da chimico.

Delle astuzie insegnate ai forti, della vergogna ad essi risparmiata, gli effetti ricadono sempre sui deboli, sul popolo. Quante volte gi? vedemmo e quante vedremo la ricantata perfidia degl'italiani soccombere alla buona fede tedesca, alla rozza franchezza svizzera, all'onore francese, alla lealt? castigliana! I maneggi, la fredda astuzia, l'occhieggiar l'occasione, il lasciare logorarsi le forze nemiche erano tattica pi? praticata che non il valore personale. Alcuni Italiani impararono presto queste arti, e se ne valsero contro i popolani, di pi? schietto sentimento e perci? pi? ingannabili; e perch? in Italia fu chi espose ad alta voce questa politica, che appena uno confesserebbe alla propria coscienza, venimmo tacciati quali maestri delle scelleraggini, delle quali restammo vittime. Si perdona pi? facilmente una cattiva azione che non la teoria di essa, pi? facilmente il delitto che il sofisma.

E noi, confessando che il Machiavelli e il Guicciardini contribuirono immensamente a sviluppare la nuova scienza politica, li giudichiamo scandalo della letteratura cristiana, e li rigettiamo fra i grandi del mondo gentile.

Sotto un altro aspetto ci si presenta il Machiavelli, come maestro di tattica. Notammo altrove i miglioramenti che in questa aveano introdotto le bande mercenarie ; dappoi le bocche da fuoco portarono cambiamenti di cui era difficile valutare l'estensione; le cortesie cavalleresche soccombeano a un'arte tutta positiva; ma l'antica e la nuova si trovavano a fronte senza ancora che l'una all'altra prevalesse. La fanteria svizzera, serrata in battaglioni di tre o quattromila uomini, con picche di sei metri, spadoni a due mani, poche armi difensive, poche da fuoco, offriva una siepe insormontabile alla cavalleria, e faceva poderosa impressione nell'esercito avverso: ma se fossero costretti combattere per distaccamenti, scadeano di coraggio; poco valeano in affari di posto, in assedj od assalti; e una volta scompigliati, difficilmente si rannodavano.

I cavalieri tedeschi o Raitri, oltre che male armati, avendo un cavallo solo, arrivavano sul campo stanchi, e mal poteano reggere contro la gente d'arme francese e italiana. I Lanzichenecchi, introdotti sotto l'imperatore Massimiliano, erano armati e ordinati al modo degli Svizzeri, coi quali spesso per emulazione venivano alle mani non dandosi quartiere: alti e belli di presenza, menavansi dietro mogli e figliuoli, grandissimo impaccio alle fazioni; volenterosi al bere, impazienti de' disagi, improvvidi, puntigliosi; e diceasi ungessero i ferri e le mani col grasso de' cadaveri nemici. Dietro a quegli eserciti vedeansi lunghi treni di prigionieri, uomini e donne, giovani e vecchi, legati fra loro alle code dei cavalli, e spinti a calci e a frustate; e sui carri gl'infermi e i bambini, ammonticchiati fra le spoglie, i calici e le bottiglie.

Ricchi, occupati d'arti, d'industria, di traffico, gl'Italiani non aveano tempo o voglia di mettersi soldati, e preferivano vederseli condotti sul mercato, come le derrate dell'Arabia e dell'India; gente senza morale perch? di mestiero, la cui vilt? facea sempre pi? spregevole l'uso dell'armi; sicch? la nazione restava distinta dall'esercito. Que' mercenarj, puri masnadieri, assoldati oggi a combattere quello per cui campeggerebbero domani, feroci quando lontano il pericolo, coraggiosi solo nella speranza della preda, riponevano la prodezza nella jattanza dei pomposi nomi, Fracassa, Tagliacozzi, Fieramosca. Si tardavano le paghe? rompeano l'obbedienza, arrestavano il generale, e spesso costringevano ad azzuffarsi in circostanze disopportune, od a fazioni sconvenienti, solo per la speranza di saccheggio. Del quale conservavano il diritto per poco che una terra si fosse difesa; sicch? talvolta pattuivasi il riscatto ancor prima di acquistarla, o la si vendeva a un appaltatore.

Alcuni signorotti continuavano ad esercitare le armi come nobile occupazione; lo perch? la guerra menavasi con certe cortesie e a gran cura risparmiando la strage: ma con ci? eternavasi, perch? d'oro soltanto si contendeva, e miglior partito avea chi pi? ricco o pi? perfido, senza che la vittoria svigorisse il vinto, il quale coll'inganno provvedeva a rifarsi.

In questo sciagurato sistema, i capi, non comprendendo che non v'? societ? senza governo, n? governo senza forza, si rimetteano all'arbitrio de' venturieri, dai quali da oggi in domani erano traditi; e cos? toglievano ai nostri il sentimento delle proprie forze, l'orgoglio nazionale, l'affetto pel bene pubblico; e i soldati, forza materiale senza giustizia di modi n? nobilt? di fine, sapendo di poter tutto, trascorrevano a qualunque delitto; e avvezzavano i popoli a soffrirli e imitarli.

Il Machiavelli propone di combinare i due sistemi della falange macedone e della legione romana, alle prime file dando picche per respingere la cavalleria, alle altre spada buona per difendersi; surrogare i campi trincierati alle fortezze, i rapidi attacchi e decisivi alle lunghe evoluzioni. All'abitudine de' condottieri, per cui ogni milite menava dietro quattro cavalli, oppone l'esempio de' Tedeschi che un solo ne hanno, ed uno ogni venti pel bagaglio. Da politico qual era, ragiona delle relazioni tra la vita militare e la civile, tra la politica e la tattica, e cerca soprattutto come armare e disporre i combattenti nell'ordinanza. Pone una gerarchia di gradi, ben proporzionata alle facolt? dell'uomo e delle masse; suggerisce tamburi, bandiere, pennacchi, colori, altri distintivi opportuni a conservar l'ordine; vuole si esercitino le truppe continuamente, per? in modo che il cittadino non divenga soldato se non all'istante del pericolo. Siano regolari le marcie; ma anzich? dividere, come si soleva, in avanguardia, battaglia e retroguardia, basta che qualche partita di cavalleria preceda e segua, mentre il grosso avanza in colonne parallele: idea non desunta dagli antichi, e che poi form? una delle glorie di Federico di Prussia.

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