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Munafa ebook

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Read Ebook: Storia degli Italiani vol. 09 (di 15) by Cant Cesare

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Ebook has 662 lines and 149289 words, and 14 pages

Il Machiavelli propone di combinare i due sistemi della falange macedone e della legione romana, alle prime file dando picche per respingere la cavalleria, alle altre spada buona per difendersi; surrogare i campi trincierati alle fortezze, i rapidi attacchi e decisivi alle lunghe evoluzioni. All'abitudine de' condottieri, per cui ogni milite menava dietro quattro cavalli, oppone l'esempio de' Tedeschi che un solo ne hanno, ed uno ogni venti pel bagaglio. Da politico qual era, ragiona delle relazioni tra la vita militare e la civile, tra la politica e la tattica, e cerca soprattutto come armare e disporre i combattenti nell'ordinanza. Pone una gerarchia di gradi, ben proporzionata alle facolt? dell'uomo e delle masse; suggerisce tamburi, bandiere, pennacchi, colori, altri distintivi opportuni a conservar l'ordine; vuole si esercitino le truppe continuamente, per? in modo che il cittadino non divenga soldato se non all'istante del pericolo. Siano regolari le marcie; ma anzich? dividere, come si soleva, in avanguardia, battaglia e retroguardia, basta che qualche partita di cavalleria preceda e segua, mentre il grosso avanza in colonne parallele: idea non desunta dagli antichi, e che poi form? una delle glorie di Federico di Prussia.

L'ordinanza dunque non doveva essere <>. A tale intento, sottomette alla coscrizione tutti gli uomini dai diciassette ai quarant'anni per la prima volta, dipoi quelli soli di diciassette, et? sicuramente precoce; sicch? tutti ad un bisogno possano prendere le armi, n? per? queste siano professione speciale d'alcuno; tutti lo sentano come un dovere santo, n? per? corrano alle file con ardore improvvido. Corpi distinti formino le scorte, i piccoli distaccamenti, le guardie d'onore, senza che per tali servigi siano menomati i battaglioni. Durante la pace, il soldato si eserciti con armi e vestito e calzatura pi? pesanti che quando marcia in guerra.

Il Machiavelli confessa la superiorit? della moderna sopra la cavalleria antica, sprovvista di staffe su cui appoggiarsi nel ferire. Comprende che le armi nuove toglievano la prevalenza alla forza personale; ma qualora le applica, sempre le subordina alle antiche, e il fucile e il moschetto non ravvisa che come succedanei all'arco e alla fionda dei veliti: tanto poco ancora se ne capivano le conseguenze. Pure nel trattare delle fortezze prevede gli effetti delle mine: in citt? munita non vorrebbe castello o ridotto, acciocch? la guarnigione non vada meno risoluta nel difendere il tutto perch? confidi nel riparo che ancora le rimane.

Le armi da fuoco avrebbero dovuto far immediatamente allargare la fronte, e la battaglia di Marignano mostr? quanto maggiore offesa portassero nell'ordine profondo: pure la consuetudine lo facea conservare per la fanteria; e il Machiavelli lo preferiva per ammirazione ai Romani, per la quale voleva i corpi grossi di ventiquattro in trentamila uomini. Nemmanco giunse, in quel suo concetto del principe forte, a conoscere che stromento precipuo a farlo tale sarebbe l'esercito stabile, e che questo renderebbe inutili i suggerimenti che dava al conquistatore d'andare ad abitare nel paese conquistato o di devastarlo.

Alcune, e diciamo pure molte massime buone non bastano a collocare il Machiavelli fra gli strategi. Bens? come a filosofo politico concediamogli il merito d'avere aspirato a costituire eserciti nazionali; e anzich? puri miglioramenti tattici, voluto opporre al tristo spettacolo de' mercenarj la forza morale di Italiani, che convincessero non essere qui morto l'antico valore. In fatto, ad istanza di lui la Signoria arm? diecimila contadini con abito uniforme bianco-rosso, armi e suono al modo degli Svizzeri e Tedeschi; gli esercitava i giorni festivi nel Comune, e due volte l'anno a mostre generali; e costarono meno che le condotte, e mostrarono maggior disciplina.

Con questi Firenze continu? la sciagurata guerra contro Pisa , citt? che, in quattordici anni di lotta, chiar? come ottantasette di servit? non ne avessero spento il coraggio e la perseveranza. Firenze, ostinata a volerla, vi adoperava l'abilit? di Leonardo da Vinci e Giuliano da Sangallo; fu persino teso un ponte di barche, in modo di reciderle ogni sussidio dal mare; fu scavato un fosso per deviare l'Arno, ma una piena ruppe la diga, e trarip? il fiume sopra il campo fiorentino. Allora, come avea usato l'antico Capponi, si blocc? Pisa, con navi e batterie chiudendo le foci dell'Arno, del Serchio, del Morto, e stabilendo tre campi trincierati: laonde, mancate le vittovaglie, Giovan Gambacorti si vide costretto mandar fuori i vecchi, le donne, i fanciulli; ma i commissarj fiorentini pubblicarono impiccherebbero chiunque uscisse di Pisa, e le donne rimanderebbero colle gonnelle scorciate alla vita.

Perch? i Francesi la osteggiavano, gli Spagnuoli e il Grancapitano fiancheggiavano Pisa, e con essi il Petrucci di Siena e il Baglione di Perugia per gelosia della vicina repubblica: ajuti deboli e in parole, mentre Firenze potea guastarla con una nuova spedizione ogni anno, ma non prenderla.

Durata dunque a malincuore sotto lo Sforza, quando egli mor? se ne sottrasse a sollecitazione di Sisto IV, e tempest? fra le antiche parzialit?: Prospero Adorno se ne fece governatore , poi prevalsero i Fregosi, e Paolo cardinale arcivescovo divenne anche doge; indi si torn? ad obbedire a Milano, al quale poteva Genova essere tanto superiore per opportunit? marittima e per memorabili imprese. Quando Milano cadde ai Francesi, dovette accettarli anche Genova, pur conservando l'amministrazione repubblicana. Scaduta di gente, di commercio, d'armi, esposta a tutte le avvicendantisi fortune d'Italia, i Francesi le minacciavano l'ultima ruina alzandole a fianco il porto di Savona.

Cessano allora i soccorsi ai Pisani, che <> . Per quanto ogni avere e forza mettessero a sostenersi con una costanza che dava risalto alla sconnessione degli aggressori, tolti in mezzo da corsari e da eserciti, sobbalzati fra le trattative di Francia e di Spagna, che non pensavano a fiancheggiarne la libert?, ma al denaro che trarrebbero dal tradirla ai Fiorentini, dopo una resistenza di quattordici anni e mezzo, che forse non ha altri esempj, dovettero rassegnarsi all'antica servit? . A Parigi e a Madrid, ove ormai si decidevano le sorti italiane, fu pattuito il prezzo di quella sommessione in centomila fiorini che Firenze pagherebbe al re di Francia, cinquantamila a quel di Spagna. Salt? in mezzo anche l'imperatore, e ne volle quarantamila, mediante i quali confermava a Firenze tutti i privilegi concessile dai precedenti imperatori, tutte le ragioni sopra il territorio fiorentino e pisano.

Firenze non fu crudele ai vinti, e s'obblig? per patto a restituire i beni ai fuorusciti, e persino gli affitti riscossi dalle campagne, e le franchigie di commercio, e le magistrature; ma loro aveva tolto l'indipendenza, e con essa la popolazione e i guadagni, non la memoria e gli sdegni. Delle famiglie primarie alcune seguitarono le armi mettendosi in condotta, altre si mutarono a Palermo, a Lucca, in Sardegna, in Francia, molte furono trasferite a Firenze. L'antica dominatrice dei mari, tenuta in soggezione con presidio e fortezze, perdette ogni importanza e attivit?, e il censimento del 1531 vi cont? appena cinquecensettantuno abitanti.

Altri guaj sbattevano intanto il resto della penisola; poich? le facili conquiste degli ultimi anni aveano abituato Francia, Spagna, l'imperatore a guardarla come una preda, e disputare di chi sarebbe, senza por mente ai veri suoi possessori.

Nel Napoletano, quelli che turpemente si erano spartito un regno altrui ben presto vennero a lite pei confini del possesso; e il Cordova pretendeva la Capitanata, dove l'annuale migrazione degli armenti per isvernare nella Puglia fruttava di pedaggio fin ducentomila ducati. Da quel dissapore il re di Francia sper? occasione di occupare l'intero regno, e divampata guerra, Francesi, Spagnuoli, condottieri italiani fecero belle e inconcludenti prove di valore, sia in battaglie aperte, sia in disfide particolari. E fu singolarmente decantata quella di Barletta , ove tredici nostri mantennero contro altrettanti Francesi, che la loro nazione non era inferiore di coraggio; compassionevoli sfoggi di una valent?a personale che nessuno negava: e il vederli con tanta compiacenza vantati da storici e poeti contemporanei, indica come gl'Italiani ignorassero che il valore non ? glorioso se non per lo scopo a cui si dirige; dissipassero l'ammirazione sopra qualche vincitor di duello, invece di rimbrottare i prodi che non sapessero raccogliere le volont?, e versare il sangue unicamente pel riscatto della patria.

Vedemmo come fosse salito papa Giulio II, destro nella politica ed anche nelle armi, sicuro nelle provvidenze, magnifico ne' divisamenti, scurante di domestici vantaggi, rispettoso alle franchigie dei popoli; per? mancante in tutto di moderazione, imperioso, tenace negli odj, sollecito a punire come nemico del cielo chiunque contrariasse le sue volont? terrene; onde si disse aveva gettato in Tevere le chiavi di san Pietro, per non tenersi che la spada di san Paolo. Franco d'atti e di parole in modo, che il suo gran nemico Alessandro VI diceva peccasse di tutti i vizj eccetto il mentire, approfitt? di questa reputazione per meglio ingannare. Foment? egli il dominante farnetico di guerre e d'intrighi; e poich? dal sublime magistero, sostenuto nel medioevo, il papato immiserivasi negli uffizj d'un principato terreno, Giulio volle almeno rialzarlo, e il debole paese gli bast? perch? in dieci anni dominasse i forti, e reggesse a briglia le cose d'Europa.

Fra i passati turbamenti Venezia era rimasta sulla breccia contro i Turchi , in pericolo di perdere tutti i suoi possessi d'oltremare e di veder accampati sull'Adriatico que' nemici comuni della cristianit?. La causa sua era dunque europea, tutti credeano sacro dovere il soccorrerla, ma sol come un dovere il faceano, cio? coi minori scomodi possibili. Minacciata da Bajazet e perduto Modone, essa avea gridato al soccorso; e Fernando il Cattolico le sped? una flotta, la quale fece buone prove all'assedio di Cefalonia, sinch? fu chiamata alle guerre di Napoli. Alessandro VI vi destin? un buon rinforzo, e il ricavo delle indulgenze che si vendeano nello Stato veneto, le quali fruttarono ottantamila ducati. Una flotta inviata dalla Francia, per mancanza di soldi ripart? avanti rendere alcun servigio. Meglio valse la guerra mossa alla Porta dal sof? di Persia, onde Andrea Gritti, ch'era caduto prigione dei Turchi, pot? introdurre una trattativa, che fin? colla pace del 1503, vegliata sin al 1537.

Questa guerra avea costretto Venezia a tener bassa la fronte davanti alle potenze, e lasciarle fare: ora per? la rialza per ritornare alla prisca importanza e in concorrenza colle nazioni che per le scoperte nuove mutavano faccia al commercio e alla marina.

Ma Venezia, che ai capitani di galee imponeva di accettare battaglia contro venticinque navi nemiche, proibiva ai nobiluomini di comandare pi? di venticinque uomini di terra, e per gelosia si metteva all'arbitrio de' venturieri; e doveva presto mostrare come mal provvedano gli Stati che, invece di svolgere tutte le proprie facolt?, sperano nella debolezza. I nobiluomini, distolti dall'arme, s'affinavano nella politica: e poich? allora tutti aspiravano a crescere, e Venezia era stretta dall'Austria da un lato, dall'altro dai Turchi, si butt? sull'Italia, dove eccit? gelosie che le costarono caro.

La metropoli conteneva ducentottantamila abitanti, dava alimento a ogni sorta di manifatture ed arti belle, ricetto a forestieri d'ogni paese; e se lo strepito delle industrie, delle musiche, della popolaglia sturbassero gli studiosi, poteano ricoverare in amenissimi giardini delle vicine isole, come erano la villa Ramusia del famoso collettore di viaggi, a Murano quelle del Bembo, di Trifone Gabriele, dei Priuli, e quelle di Murano stesso, della Giudeca, di san Giorgio Maggiore, ove teneano le loro tornate gli accademici Pellegrini. Commines, il pi? filosofico scrittore d'allora, non rifina d'ammirarla, come <>.

Oltre il dogato, cio? le lagune e il littorale dall'Adige alla Piave, il dominio abbracciava la marca Trevisana, tolta agli Scaligeri il 1387; il Padovano, tolto l'anno seguente ai Carrara, e nel 1405 incorporato alla Signoria con Vicenza e Verona; Feltre e Belluno, datisele nel 1404; Cervia e Ravenna, tolte ai Polenta nel 1441; nel 1428 aveva dai duchi di Milano avuto il Bresciano, il Bergamasco, il Cremasco; dal signore di Mantova Lonato, Valeggio, Peschiera; e nel 1484 in pegno dal duca di Ferrara il Polesine di Rovigo, cio? la penisola fra l'Adige e il Po; anzi ottenuto il vicedominio sopra Ferrara, dove un gentiluomo, eletto dal senato, dovea governare alternativamente col duca. Dal lago di Garda e dal Bassanese spingeasi verso il principato vescovile di Trento, cercando rosicchiarne qualche lembo. Nel 1420 avea recuperato la Dalmazia dal re d'Ungheria, eccetto Trieste citt? imperiale, e Ragusi, repubblica sotto la protezione dei Turchi: dominava pure le isole di quella costa fino a Cattaro, Corf? nel mar Jonio, Tenedo, Candia, Negroponte e le minori isole frapposte nell'Arcipelago; poi acquist? Cipro: sulle coste del Peloponneso, Argo, Napoli di Roman?a, Patrasso, L?panto le erano disputate dai Turchi.

Il Tagliamento, piovendo dal monte Maura sul confine del Cadore colla Carnia, separa due schiatte, la carnica e la veneta, parlanti due favelle distinte, malgrado la vicinanza, le mescolate parentele e la dominazione comune sotto i patriarchi d'Aquileja, poi sotto San Marco. Ivi il Friuli avea fiorito d'una costituzione particolare sotto que' patriarchi, divenuti smisuratamente poderosi e ricchi, fin quando non li cincischiarono da un lato i conti della Carnia, dall'altra i Veneti, a cui obbedienza molte citt? e signori si posero, sicch? il patriarca Lodovico conte di Theck , indarno sostenuto dalle armi di Sigismondo re d'Ungheria suo cugino, dovette ritirarsi a morir da privato, e il Friuli accett? la dominazione di Venezia. Essa vi conserv? le costituzioni municipali, come soleva altrove: e per esempio, a Cividale la municipalit? si componea di sessanta consiglieri ordinarj, di cui venti popolani, un solo per casa; dieci straordinarj ogni semestre, e due difensori dei poveri e dei carcerati; due nodari, tre regolatori del prezzo delle biade, e tre sopra le frodi nelle vettovaglie, ne' pesi e misure.

Nel Friuli principalmente, ma anche in altri paesi duravano feudatarj, sui quali Venezia faceva sentire il suo alto dominio, imponendo leggi e gravezze. N? Venezia lasciava libert? ai cittadini, e tanto meno ai sudditi: ma il non esservi una volont? unica che prevalesse su tutte, bastava per farla contare come uno Stato libero. A chi poi l'accusasse, ella poteva opporre due argomenti di peso, la durata e la potenza. Perci? il Machiavelli non vedeva che tre repubbliche al mondo degne di lode, Sparta, Roma e Venezia: il Guicciardini, il Giovio, il Varchi, gli altri speculativi nostri partecipavano a quest'ammirazione; e qualvolta si trattasse di riformare uno Stato, affacciavano quel modello. Anche esternamente era protetta dall'opinione di ricchezza e prudenza; aveasi per buon augurio quand'ella si unisse a una potenza; <>.

Aveva essa perduto molte terre in Levante; eppure coll'acquisto di qualche brano della Romagna e del Milanese e di alcune fortezze nella Puglia, parve alle Potenze emule scompigliasse l'equilibrio; o piuttosto esse dolevansi che nel decennio precedente sola non avesse sofferto; Giulio II non men che il Machiavelli ne mostravano sgomento, e l'ispiravano agli stranieri: deplorabili gelosie, le quali diedero pretesto alla prima lega che, dopo le crociate, tessessero i principi d'Europa; lega di momentanee amicizie e dispetti personali che dava tristo iniziamento al nuovo diritto pubblico col divisare lo spartimento d'uno Stato libero, e col considerarlo nemico soltanto perch? repubblicano.

Questi erano i titoli; nella realt? una sorda gelosia moveva i re contro di una repubblica, la quale, non governata dal genio di un uomo che coll'uomo perisce, ma dall'immortale sapienza del senato, senza dispendj di corte, con appena tre milioni di sudditi e un decimo del territorio della Francia o della Spagna, avea tenuto testa a Turchi e Tedeschi, prosperato di commercio e manifatture; ed elevatasi fra i maggiori potentati, ardiva dir di no a Roma, impediva ai Francesi di prevalere in Lombardia, e agli imperatori di calarvi quando volessero. Di tale bassa invidia non facea mistero Luigi Eliano, ambasciadore francese, che diceva alla dieta germanica: -- Fa appena un secolo che sbucarono dai loro paduli, e gi? occupano pi? terre che non acquistassero in ducent'anni i Romani. Soggiogata che abbiano l'Italia, divisano valicare le Alpi, gettar ponti sul Danubio, sul Reno, sulla Senna, sul Rodano, sul Tago, sull'Ebro. Feccia delle nazioni, vissero di pesca, poi si fecero riverir principi per via di furti, assassinj, avvelenamenti. Si dicono padroni del mare, lo sposano come fosser mariti di Tetide e mogli di Nettuno. Quante citt? non distrussero! quante oppressioni ai loro popoli! Non rammenter? le loro gozzoviglie, gl'infami stravizj, ma ? ben certo che hanno beccherie di carne umana, han caverne dove sepelliscono i vivi, han tori di rame come i tiranni antichi. Noi non vestiamo di porpora preziosa; le nostre tavole non sono imbandite con servizj d'oro e d'argento; non d'oro rigurgitano i nostri scrigni... Certamente, se disdice a principi far da mercanti, pi? disdice a mercanti l'elevarsi alla condizione di principi>>.

Margherita, figlia di Massimiliano d'Austria, perduto il marito Filiberto II di Savoja, per tomba gli elev? la chiesa di Brou, colla spesa di trenta milioni; eppure nel resto di sua vita si mostr? semplice, famigliare, cucitora di camicie, come s'intitolava; govern? economicamente le Fiandre, e fidando nel denaro, e trattando gli affari mercantilmente, arriv? poi a comprare l'impero per Carlo V, e adesso cominci? l'obbrobrio della Francia e il disastro d'Italia colla lega di Cambrai. Perocch?, animati da frivole stizze, essa e l'imperatore e il cardinale d'Amboise ministro di Francia , adunatisi col titolo di pacificare i Paesi Bassi, conchiusero una lega, che avea per pretesto solito la guerra contro i Turchi, e per iscopo reale il por freno a Venezia, usurpatrice, tiranna, seminatrice di risse; e tutto quel peggio che possa apporsi a chi si vuol opprimere; trovavano dunque <>. Il re di Francia menerebbe l'esercito; Giulio II, quel desso che volea risciacquar l'Italia dai Barbari, far? strada ai Barbari lanciando interdetti contro le citt? pi? italiane; Massimiliano buttava al fuoco il libro rosso, su cui registrava man mano i torti che dalla Francia riceveva Casa d'Austria, e, tregua o no, verrebbe qual protettore della Chiesa; ciascun pretendente occuperebbe la destinatagli porzione; ciascuno che avea temuto Venezia, le tirerebbe una stoccata, <>.

Oltre questi ordinamenti, Venezia cerc? lancie spezzate e stipendiarj; e quantunque il papa trattenesse i condottieri romagnoli da essa patteggiati, pot? sull'Oglio raccorre duemila cento lancie, mille cinquecento cavalleggeri italiani e mille ottocento greci, mille ottocento fanti e dodicimila cerne. Li guidavano come capitan generale il conte di Pitigliano, e come governatore Bartolomeo d'Alviano, entrambi degli Orsini, due delle migliori spade: ma l'uno, vecchio, lento, ostinato, nulla volea fidar nella sorte, e credea vittoria il non perdere; l'Alviano, <> , e volonteroso ai fatti, sarebbesi avventurato a una sconfitta nella speranza della vittoria. Quello volea si prendesse posizione fra l'Oglio e il Serio, proteggendo di l? la terraferma, e aspettando che i Francesi esalassero <>; l'Alviano spingeva a pigliar l'offensiva e passare l'Adda, assalendo inopinati i Francesi sul proprio territorio.

Fra il disparere di due intelligenti gl'inintelligenti credono mostrar sapienza coll'appigliarsi a un di mezzo; onde la Signoria, che, gelosa fin ne' maggiori frangenti, a nessun dei due volea mostrarsi deferente, ordin? si accostassero all'Adda per difendere anche la Geradadda, ma non venissero a battaglia. Fu il peggior partito; avvegnach? il Trivulzio di trotto serrato guid? l'esercito della Lega alle loro spalle, onde dovettero accettare tra Vailate e Agnadello una battaglia , che riusc? la pi? sanguinosa che da tempo si vedesse. Il re di Francia gridava: -- Chi ha paura, si collochi dietro me>>; il La Tr?mouille, vedendo i suoi voltare le spalle: -- Ragazzi, il re vi osserva>>. In effetto, malgrado il gran valore, gl'Italiani soccombettero, e Bartolomeo medesimo rest? preso.

Di fatto l'essere sospesi i ricambj di commercio fra le provincie e la metropoli tornava di grave scapito ai minuti trafficanti; le citt?, che, esposte ai patimenti d'un assedio, avrebbero maledetta la Signoria, ribramaronla non appena fatto assaggio de' fieri oppressori; dappertutto era ridesiderato San Marco appena si cess? di temerlo. <>.

Chiave una volta del Friuli verso la Marca Trevisana era Sac?le, in un avvallamento sopra il fiume Livenza; sicch? i patriarchi d'Aquileja che n'erano signori, gli diedero la libert? comunale fin dal 1190, coll'emancipazione dei servi e colla facolt? di vendere i terreni; e lo munirono come loro difesa contro di Treviso e dei signori di Camino. Caduti questi, ingranditi in Sac?le i Pelliccia, sub? l'influenza dapprima, poi il dominio dei Veneti, che ne crebbero le fortificazioni in modo che avea tre castelli, e una cinta di mura e torrioni attorno ai due borghi, difesi anche dal fiume. Questo apparato non valea pi? contro le armi nuove, e gl'Imperiali vi passarono facilmente. Ma quando Leonardo Trissino, fuoruscito vicentino, si present? a Treviso per riceverne la dedizione, un Marco Calligajo, spiegato lo stendardo di san Marco, condusse il popolo a respingere il disertore, e saccheggiare i palazzi de' nobili che eransi affrettati a sottomettersi, e chiam? in soccorso milizie italiane: primo passo al risorgere di Venezia, che assolse per quindici anni dalle imposte i Trevisani.

I Sette Comuni Cimbri, colonia tedesca, conservatasi in mezzo al Bassanese, di Venezia piuttosto alleati che sudditi, pagandole un tenue tributo, reggevansi per comunit?, ciascuna indipendente dall'altra, con un consiglio composto delle famiglie originarie. Per gl'interessi di tutti si facea capo ad una reggenza di due deputati ogni Comune, sedente in Asiago. Il sindaco di ciascun Comune decideva le controversie in prima istanza; l'appello recavasi alla reggenza, che in casi straordinarj rimetteva a due arbitri, e ne' pi? complicati al senato veneto. Anch'essi presero caldamente le parti di Venezia, con non piccolo giovamento.

A Padova la nobilt? si era chiarita per l'imperatore, sperando col suo mezzo ricostruire la feudalit?, e ridurre i contadini servi alla tedesca; e subito mostr? l'arroganza di chi tiensi appoggiato dal vincitore. I cittadini se ne indispettirono; trovarono stomachevole il rimanere sotto nazione lontana e diversa, che ai nuovi suoi sudditi imponeva intollerabili taglie per le passate e per la futura guerra, e coi modi rozzi e soldateschi contrastava alla colta affabilit? de' nostri. S'intesero dunque con una mano d'uomini del lago di Garda, che condotti da Francesco Calsone di Sal? sorpresero Padova nottetempo, e saccheggiarono le case degli avversi. Alcuni de' pi? caldi che eransi rifuggiti in conventi, furono colla speranza del perdono invitati a una cena, ma quivi c?lti e spediti ai Dieci, che alcuni imprigionarono in vita, alcuni relegarono oltremare, altri condannarono alle forche, sebbene reputati per sapere e prudenza. Cos? periva il fiore delle famiglie padovane; e ne rimase indelebile macchia a Massimiliano, che non avea pensato a difendere la citt? a lui datasi.

Quelli che aveano aspirato ad esser primi a sottomettersi, si vergognavano in faccia a' proprj concittadini, dacch? erano cessate le illusioni e le speranze: rinnovatesi le battaglie e il coraggio, i nobili veneti, che non aveano mai combattuto se non per mare, furono autorizzati a porsi nell'esercito di terra, e seicentoquattordici di essi a proprio conto fecero leva di soldati. Alcun savio suggeriva di chiedere ajuti ai Turchi, e Bajazet ne aveva esibiti; ma per quanto offesa dal papa che le imponeva d'abbandonare il dominio dell'Adriatico, Venezia se ne astenne. A re Luigi non sapea perdonare la turpe fede, le ingannevoli promesse, l'atrocit? dopo la vittoria, sicch? non cerc? mai ravvicinarsegli. Ma Antonio Giustinian, traverso ai gravissimi pericoli che gli sovrastavano come scomunicato, giunse fin a Massimiliano, e il tent? con sommessione e con promesse di soddisfarlo d'ogni pretensione; ma quello, che fin allora non avea mosso un dito, s'ostinava: -- Voglio veder Venezia al nulla; la citt? medesima si occupi, e si partisca in quattro giurisdizioni fra i sovrani alleati, che vi porranno ciascuno una fortezza>>; e davasi aria di gran politico col non palesare a nessuno i suoi divisamenti, di gran guerriero col menare di qua di l? le truppe ne' paesi che per altrui fatica aveva ricuperati. Poi udita la presa di Padova, Vicenza avere aperto le porte al provveditore Andrea Gritti, e l'esercito aver riprese da una parte Bassano, Feltre, Belluno, Castelnuovo del Friuli, dall'altra Monselice, Montagnana, il Polesine di Rovigo, accorse con truppe senz'ordine n? disciplina, che lasciavano orribili orme, fino ad avere addestrati cani a pigliar e sbranare uomini.

A Mons?lice i Tedeschi posero il fuoco, bruciandovi gli stradioti di presidio, e riceveano sulle punte delle picche quei che precipitavansi dalle mura incendiate. Dappertutto poi i lanzichenecchi non pagati rifaceansi col rubare, e fin tre volte in una settimana Verona fu saccheggiata. Seicento Vicentini s'intanarono nel C?volo di Masano, e i soldati accesero legna alla bocca e ve li soffocarono. Orrendo spettacolo si affacci? a costoro quando entrarono a vedere le proprie vittime, ammucchiati in fondo alla grotta, stretti ai loro cari, o in atti rabbiosi; alcune donne sconciarono; una tenea sotto la sottana i sei figliuoletti, come ultimo schermo; un ragazzo, che unico sopravvisse, narr? come, al primo addensarsi del fumo, alcuni nobili si fosser mossi per offrire grossi riscatti, ma gli altri vollero che tutti l'egual sorte corressero. Tali inumanit? riproduceansi altrove; e ci? ch'? orrendo, i Francesi reclamano per s? questo fatto che altri appone ai Tedeschi; e i loro cronisti celiano di que' villani di Venezia appiccati ai merli.

Padova, dove s'era ricoverata gente quattro volte pi? dell'ordinario, fu da Massimiliano assediata con centomila soldati tra suoi e francesi, pagati dal saccheggio e animati dalla speranza di maggiore, e ben ducento cannoni cos? grossi che alcuni non potevano mettersi sul carretto. Egli medesimo con coraggio attend? sotto il tiro delle batterie nemiche; ma ignorava la costanza, n? riusciva a chetare le pretensioni de' cavalieri. Mand? una volta al generale francese La Palisse, che mettesse a piedi i suoi uomini d'arme perch? salissero alla breccia co' lanzichenecchi; ma il cavaliere Bajardo riflett?: -- Come mai scavalcare tanta nobilt?, e perigliarla con pedoni che sono calzolaj, maniscalchi, panattieri e gente meccanica, cui l'onore non sta a cuore come a ben nati? Non ha egli molti conti, signori, gentiluomini di Germania? li metta a piedi coi gendarmi di Francia, e volentieri mostreranno loro la strada, poi i lanzichenecchi terranno dietro>>. Ma i gentiluomini tedeschi neppur essi degnavano esporsi fra la pedonaglia, onde Massimiliano si ritir? a Verona congedando l'esercito. Sebbene poi alla Polesella fosse distrutta la flotta veneziana che assaliva Ferrara per punire la slealt? di quel duca, rivoltatosi contro la repubblica sotto le cui ali era cresciuto; e sebbene morisse il conte Pitigliano, mente di quella guerra, le cose pigliavano miglior indirizzo; a Luigi Malvezzi, poi a Gianpaolo Baglione fu dato il bastone di generalissimo; il comando delle fanterie a Renzo di Ceri degli Orsini, permettendogli d'adoprar le armi riposte negli arsenali.

Ercole I d'Este aveva ingrandito Ferrara, e fuor di essa fabbricato un magnifico parco, a pubblico uso; eresse e dot? chiese e monasteri; il gioved? santo dava mangiare a cinquanta poveri; avea la cappella meglio fornita di musici e cantori; apriva caccie, combattimenti, tornei; e ogni anno facea rappresentare la Passione del Signore o l'Annunziazione o la vita di qualche santo, con indicibile sontuosit?, ai quali spettacoli antichi univa il novissimo di qualche commedia di Plauto o Terenzio e di composte allora, a tal uopo cominciando un teatro stabile; e alla corte teneva Matteo Bojardo, Pandolfo Colenuccio, Tito Strozza ed Ercole suo figlio, Nicol? Leoniceno, Pellegrino Prisciano, Antonio Cornazzano, Battista Guarino il vecchio, Antonio Tibaldeo ed altri begl'ingegni. Egli sostenne guerra con Venezia, che, pretendendo il monopolio del sale, gl'impediva di cavarne a Cervia. Alfonso suo figlio, che dicemmo sposato a Lucrezia Borgia, ottenne da papa Alessandro VI di ridurre il tributo da mille ducati a cento: entr? nella lega di Cambrai, ma sarebbe soccombuto alla vendetta de' Veneziani se papa Giulio nol salvava. Il quale ora pretendeva lasciasse l'alleanza francese, e facesse pace coi Veneziani; cavillava sulle saline; e perch? tard? a obbedirgli, lo profer? scomunicato e decaduto. E subito rotte le ostilit?, egli in persona men? gli eserciti impaziente d'ogni ritardo, esponendosi di ottant'anni alla neve e al fuoco, dirigendo le batterie contro la Mirandola, per la cui breccia entr? ; e ripeteva: -- Ferrara, Ferrara, corpodidio ti avr?>>. Ma Alfonso, impegnando le gioje proprie e della moglie onde non gravare i popoli, si sostenne contro il papa, che mai non lasciossi placare.

Dal concilio di Basilea in poi la Germania non aveva cessato i lamenti contro Roma, contro l'ignoranza e avidit? dei nunzj e dei prelati, contro la vendita delle indulgenze, e le annate e le aspettative. Pertanto l'imperatore Massimiliano, qual patrono della Chiesa, ind?ce un sinodo a Pisa, sotto la protezione dei Fiorentini, che, smunti dalla passata guerra, si erano tenuti neutrali, bench? inchinevoli a Francia. Se sbuff? Giulio dell'insulto a quella dignit?, di cui era gelosissimo! e l'interdetto di lui lasci? che ben pochi prelati s'adunassero, questi pure oltraggiati dal popolo, e col? e dopo che furono trasferiti a Milano.

Bologna contro l'esercito pontifizio fu difesa dal Bentivoglio e dai Francesi. Brescia era stanca delle prepotenze di questi, ma partita fra i G?mbara e gli Avogadro, non valeva a liberarsi. Nel castello di Monticolo erasi fortificato Valerio Paitone, educato dalle armi e dai libri a studiare gli uomini e sprezzarli, e circondato dai migliori buli bresciani, facea vita indipendente e soperchiatrice, taglieggiando i viandanti e i valligiani, ottenendo rispetto dalla repubblica veneta, il cui doge in pien senato si abbass? <>. Fremendo del veder la patria sottoposta a Francia, con Lorenzo Gigli di Rovato, Giammaria Martinengo, ed altri gentiluomini bresciani congiur? per sollevare il paese , e consegnarlo al provveditore Gritti. Scoperti, furono chi cacciati, chi morti; Ventura Fenaroli ch'erasi ascoso in una sepoltura, trovato si trafisse da s? e fu appiccato. Per? il Paitone un? quanti pot? dalle valli Camonica, Sabbia, Trompia, dalla Franciacorta e dalla riviera di Sal?, e secondato da Bergamo e da' vicini paesi, assalse e prese Brescia; ma forse impedito dalla prudenza del Gritti non attacc? il castello. I collegati speravano che, occupato da Bologna, Gastone non potrebbe impedire quest'altro acquisto; ma egli colla celerit? li previene , ed entrato nel castello, di l? assale Brescia. I natii si difesero col coraggio che ? loro abituale, e ferirono il cavaliere Bajardo sulla breccia; onde i suoi presero furore a vendicarlo, ed entrativi, e combattuti via per via, la mandarono a guasto e sangue; seicento cittadini si dissero uccisi, violati fin gli asili sacri ove le donne s'erano ricoverate, fattovi un bottino di tre milioni di scudi ; l'Avogadro con due figliuoli ed altri generosi, inviati al supplizio de' traditori, volendo assistervi il cavalleresco Gastone, e ricevendone lode da storici e poeti.

Bajardo ferito fu portato in una casa, la cui signora gli si butt? ginocchione, offrendogli quanto possedea purch? salvasse l'onore di lei e di due sue figliuole da marito; ed esso glielo promise, e che da gentiluomo non le deruberebbe. Gratissima la Bresciana, gli us? ogni attenzione nella lunga malattia, e quando risanato ei fu per partire, gli offerse uno scrignetto pien di denaro, quasi in riscatto della casa non ispogliata, dell'onore non violato: tali erano le relazioni dell'Italia co' suoi invasori! Ma Bajardo, saputo che conteneva duemila cinquecento ducati d'oro, chiam? le due ragazze, che belle e di buona educazione, gli aveano alleviato le noje e i dolori col leggere, cantare e sonare del liuto e della spinetta; e ringraziandole, pose di que' ducati mille nel grembiale di ciascuna, il resto alle monache della citt? state saccheggiate. Le donne, piangendo e ringraziando e donandogli due braccialetti ed una borsa di lor fattura, presero congedo dal leale cavaliero, augurandogli ogni ben di Dio.

Ancor pi? funesta fu quella dell'accannitissima battaglia di Ravenna. I cavalieri erano da un pezzo abituati a combattere con poco rischio della vita: coperti di ferro essi e il cavallo, esercitati dalla fanciullezza, trovavansi senza confronto superiori alla ciurma de' gregari, che a piedi e colle picche gli assalivano, e che, se pure col numero li potessero sopraffare, anche dopo buttatili a terra non gli ammazzavano, preferendo trarne grosso riscatto. L'armi a fuoco cangiarono la vicenda; e, per quanto ancora imperfette, la palla di un cannone e la scaglia di un moschetto sparato da un villano poteano freddare il miglior eroe od un figlio di Francia.

La battaglia di Ravenna fu una delle poche ove la tattica operasse pi? che il valor personale, e la prima vinta merc? delle artiglierie. Massime i cannoni d'Alfonso di Ferrara operarono utilissimamente, e alcune colubrine opportunamente messe innanzi per consiglio di Bajardo, sfolgorarono gli uomini d'arme di Fabrizio Colonna, uccidendone, se credessimo al cronista, fin trentatre ogni colpo: da sedicimila persone rimasero morte, prigionieri Giovanni Medici legato pontifizio, il marchese di Pescara, Pietro Navarro, esso Colonna ed altri capi de' collegati. Ma i capitani francesi, che non voleano buttarsi col ventre a terra come gli spagnuoli, rimasero esposti ai colpi di fuoco, sicch? di quaranta che erano, trentotto perirono, ed anche lo splendido Gastone di Foix; perdita che elise il vantaggio della vittoria.

Roma and? al fondo dello sgomento, e i cardinali, aspettando da un momento all'altro i Francesi vendicativi, stringeansi attorno al papa supplicandolo a chieder pace: le citt? di Romagna atterrite si rendevano al legato del concilio di Milano, ed eran messe a ruba dai brutali Francesi, per quanti ne impiccassero i loro generali. Ma come fu saputa la morte del capo, i pi? disertavano, e dispersi erano pigliati a insulti e peggio: il vescovo Giulio Vitelli riprese Ravenna che i Francesi aveano saccheggiata nell'atto che trattavasi la capitolazione, e la plebaglia se ne vendic? col sepellir vivi sino alla testa quattro ufficiali della guarnigione; sicch? re Luigi a chi nel congratulava rispose: -- Augurate di tali vittorie a' miei nemici>>.

Giacomo La Palisse, sostituito a Gastone, non n'aveva a gran pezza la rapidit? e maestria di guerra, n? quella confidenza dei soldati che ? met? della vittoria. Intanto il legato prigioniero vedevasi in Milano ricevuto con venerazione; i soldati si affollavano a invocarne l'assoluzione, colla promessa di non pi? militare contro santa Chiesa; lo stesso re di Francia supplicava perdono per le proprie vittorie e riconciliazione; il duca d'Urbino aveva ottenuto la ribenedizione dallo zio; la convocazione del V concilio di Laterano, fatta dal papa, toglieva sempre scusa allo scisma e credito al conciliabolo. Massimiliano, nel mentre si professava fedele alla Francia, stipulava tregue e ricevea denari da Venezia, e si lasciava menare dal Cattolico; il re d'Inghilterra minacciava le coste francesi; Giulio, che cresceva le esigenze a misura dell'altrui depressione, comprava diciottomila Svizzeri.

A vicenda dunque, anzi a gara, quattro nazioni forestiere desolavano il bel paese. I Francesi in un paese di signorie divise e temperate recavano quelle indefettibili loro idee del despotismo monarchico, dell'accentramento, dell'unit?, laonde erano a continui cozzi colla libert?, colla federazione, cogli statuti, colle variet? italiane. Meravigliati ancor pi? che indispettiti di trovare opposizione dopo che il conquistare era stato s? facile, n? tampoco sognavano che la gerarchia, che l'onnipotenza di un re avessero a riuscire disastrosi al paese nostro mentre erano cos? profittevoli al loro; e con imperturbabile ingenuit? calpestavano le nostre tradizioni antiunitarie, le franchigie antimonarchiche, quasi ricoveri di deplorabili perfidie; armati di tutto punto, correano da un estremo all'altro d'Italia a vendicare torti, e ripristinar quello che credeano diritto; con pretensioni cavalleresche faceansi sostegno ai pi? ribaldi, al Moro, al Borgia, ai Bentivoglio; e con tutta seriet? declamavano contro la slealt? italiana, essi autori della lega di Cambrai e del trattato di Noyon. Quanto ai soldati, appetitosi ma prodighi, ? vero che <>: pure prendeano dimestichezza coi nostri, e seduceano le donne invece di violentarle. Gli Spagnuoli, alieni dalla famigliarit? per orgoglio, dalla piet? per l'abitudine di trucidar Mori ed Americani, il vinto consideravano men che uomo. Svizzeri e Tedeschi, superbi della propria forza e delle ripetute vittorie, rozzi e bestiali, insaziabili nel saccheggio, sovrattutto ubriaconi, chiedevano orgie non amori, denari non parole. Quali eran dunque gli amici, quali gli avversarj? Avea ragione Alfonso d'Este allorch?, al fatto di Ravenna avvertito che le sue artiglierie colpivano anche i Francesi, rispose: -- Tirate senza riguardi, ch? son nostri nemici tutti>>. Eppure la povera Italia era costretta guardare i Tedeschi come redentori; e nel consueto inganno di credere libert? il mutar signoria, dappertutto insorgeva contro i Francesi, trucidando alla spicciolata quelli che non le era pi? dato affrontare in battaglia.

Il cardinale Schinner, di cui diceva il re di Francia che gli fecero pi? male ancora le parole che non le lancie de' suoi, per Trento mena sulla Lombardia gli Svizzeri, e proclama duca di Milano Massimiliano Sforza , figlio del Moro, ch'era ricoverato da gran tempo alla corte imperiale, e che i potentati furono contenti di vedere in quel dominio, perch? n'escludeva i Francesi. Ma per recuperare il ducato lo Sforza avea dovuto sbranarlo; ed oltre le enormi taglie imposte dagli Svizzeri, i tre Cantoni montani si tennero Bellinzona; gi? la Federazione elvetica dominava i baliaggi di Lugano, Locarno e Val Maggia; i Grigioni la Valtellina; il papa, Mantova, Parma, Piacenza, come eredit? della contessa Matilde. Di poi, o per gratificare i vecchi, o per farsi nuovi amici, lo Sforza regal? altre porzioni, come Lecco a Girolamo Morone suo consigliere, Vigevano al cardinale di Sion, Rivolta e la Geradadda a Oldrado Lampugnano; ed era costretto gravare d'enormi ed arbitrarie taglie i sudditi, onde satollare gli stranieri, lieti di rendere con ci? esoso il governo nazionale.

I Francesi, troppo deboli, e dispersi in paese ribollente, con gravi perdite dovettero partirsi di Lombardia: Milano, sollevata con quel codardo furore che prorompe contro i vinti, trucid? fin i mercanti di quella nazione rimastivi ; cos? Como, cos? Genova che acclam? doge Giovanni Fregoso; e tutte le citt? ripigliavano chi questo chi quel dominatore, purch? non fossero i Francesi. Anche Bologna si arrese ai Pontifizj; e il papa, irritato de' fattigli insulti, peritossi un tratto se distruggerla e trasportarne gli abitatori a Cento, poi si content? di toglierle i privilegi e le magistrature: assolse Alfonso d'Este, ma ne fece occupar gli Stati dal duca d'Urbino, e cerc? anche tenerlo prigione.

Firenze, tuttoch? alleata di Francia, si conservava quieta e ne' doveri, nessuno offendendo; eppure non evit? la sorte dei deboli fra i prepotenti. Gi? per punirla del radunato concilio, il papa avea tentato soppiantare il gonfaloniere Soderini e la parte popolare, e lasciato che il cardinale Giovanni de' Medici intrigasse per ripristinarvi la sua famiglia. Ora il vicer? Cardona move sopra di essa , promettendo rispettare i beni e le franchigie, purch? siano cacciato il Soderini e ricevuti i Medici. Poteva ella salvarsi offrendo denari, unico movente di quei capitani; ma parendo che il pagare fosse un confessarsi in colpa, ricorse alle ragioni, quasi abbiano luogo fra le armi; e il Soderini, nobile patrioto anzich? uomo risoluto, tentenn? e non fece armi se non quando il pericolo era irreparabile. Il Cardona travers? l'Appennino senza ostacoli; Prato, ove prima un corpo soldato ferm? gli aggressori , fu mandata a inumana carnificina, sotto gli occhi del legato pontificio uccidendo da tremila persone, e violando fin le vergini sacre; i rimasti, messi a strazio perch? pagassero enormi taglie. Firenze ne fu sbigottita: l'ordinanza non osava tener testa alle bande: poi una mano di giovani, che solevano adunarsi negli orti Rucellaj a ragionamenti letterarj, proclamano esser inutile il resistere, cacciano il Soderini con minaccia d'ucciderlo , lo fan deporre dai consigli, dare al Cardona quanti denari domanda, e acclamare Giuliano Medici terzogenito del magnifico Lorenzo.

Gli antichi dominatori, restituiti in quella che consideravano casa loro, ma dove erano resi stranieri dall'esiglio, se sulle prime condiscesero alla democrazia, ripigliarono ben tosto il vantaggio; e colla solita ciurmeria del voto universale abolendo le leggi emanate dopo la loro cacciata, sostituirono una stretta oligarchia, congedata l'ordinanza, rigorosamente esclusi d'ogni carica gli antichi Piagnoni, fautori della libert? e della riforma morale; con un prestito forzoso pagarono lautamente gli Spagnuoli; e Firenze entr? anch'essa nella Santa Lega.

Se a quest'unico intento avesse misurato le azioni, poteva ben meritare del paese, come gi? s'era mostrato degno di governare uno Stato pi? grande; ma operando per collera, e volendo ogni cosa piegasse alla sua dispotica volont?, emp? l'Italia di stranieri e di sangue. Noi lo lasciamo ammirare e rimpiangere dai classici adoratori della forza; come dagli idolatri del bello il suo successore.

Il magnifico Lorenzo de' Medici ebbe tre figliuoli, che educ? domesticamente in colta cortesia. Una volta taluno ritrov? lui e il fratello Giuliano che, messisi carponi e fattisi montare in groppa que' bambini, trottavano a maniera di cavalli; e vedendolo meravigliarsi, il pregarono a non farne motto finch? egli pure non fosse padre.

Piace il trovare quest'amorevole padre di famiglia sotto le dissolute reminiscenze, questo principe cittadino quando sottentravano le Corti. E mandando Pietro suo al papa il 1484, quando cio? avea quattordici anni, gli dava di proprio pugno istruzioni minute, e insegnavagli le lusinghe da usar colle signorie e coi privati: -- Ne' tempj e luoghi dove concorreranno gli altri giovani degli ambasciadori, p?rtati gravemente e costumatamente, e con umanit? verso gli altri pari tuoi, guardandoti di non preceder loro se fossero di pi? et? di te, poich?, per esser mio figliuolo, non sei per? altro che cittadino di Firenze, come sono ancor loro: ma quando poi parr? a Giovanni di presentarti al papa separatamente, prima informato bene di tutte le cerimonie che si usano, ti presenterai alla sua santit?, e lasciata la lettera mia che avrai di credenza al papa, supplicherai che si degni leggerla; e quando ti toccher? poi a parlare, prima mi raccomanderai a' piedi di sua beatitudine, come feci alla santissima memoria del predecessore di quella... Farai intendere a sua santit?, che avendogli tu raccomandato me, ti sforza l'amore di tuo fratello raccomandargli ancora Giovanni, il quale io ho fatto prete, e mi sforzo e di costumi e di lettere nutrirlo in modo, che non abbia da vergognarsi fra gli altri. Tutta la mia speranza in questa parte ? in sua beatitudine, la quale avendo cominciato a fargli qualche dimostrazione d'amore, supplicherai si degni continuare per modo, che alle altre obbligazioni della casa nostra verso la Sede apostolica s'aggiunga questo particolare; ingegnandoti con queste ed altre parole raccomandarglielo, e metterglielo in grazia pi? che tu puoi. Avrai mie lettere di credenza per tutti i cardinali, le quali darai o no, secondo parr? a Giovanni. In genere, a tutti mi raccomanderai... Visiterai tutti que' signori di casa Orsina che fossero in Roma, usando ogni riverente termine, e raccomandandomi a loro signorie, e offrendoti per figliuolo e servitor loro, poich? si sono degnati che noi siamo lor parenti, del quale obbligo tu hai la maggior parte per essere tanto pi? degnamente nato; e per? ti sforzerai a tua possa di pagarlo almanco con la volont?.

<>.

Principale oggetto di quest'invio era l'ottenere a Giovanni il cappello cardinalizio: e l'ebbe quando ancor non finiva i tredici anni. A minorare lo scandalo della precoce liberalit?, non fu lasciato prendere la porpora n? posto in concistoro se non due anni pi? tardi; e gli ammonimenti che in quell'occasione gli dava Lorenzo, son quali suole un padre al figlio che va in collegio: -- Il primo mio ricordo ? che vi sforziate a esser grato a monsignor Domenedio, ricordandovi ad ogn'ora che non meriti vostri, prudenza o sollecitudine, ma mirabilmente esso Iddio v'ha fatto cardinale, e da lui lo riconosciate, comprobando questa condizione con la vita vostra santa, esemplare ed onesta; a che siete tanto pi? obbligato per aver gi? voi dato qualche opinione nell'adolescenza vostra da poterne sperare tali frutti... L'anno passato io presi grandissima consolazione intendendo che, senza che alcuno ve lo ricordasse, da voi medesimo vi confessaste pi? volte e comunicaste; n? credo che ci sia miglior via a conservarsi nella grazia di Dio, che l'abituarsi in simili modi e perseverarvi... ? necessario che fuggiate come Scilla e Cariddi il nome dell'ipocrisia e la mala fama, e che usiate mediocrit?, sforzandovi in fatto fuggir tutte le cose che offendono in dimostrazione e in conversazione, non mostrando austerit? e troppa severit?; cose le quali col tempo intenderete e farete meglio che non lo posso esprimere. Credo per questa prima andata vostra a Roma sia bene adoperare pi? gli orecchi che la lingua. Oggimai v'ho dato del tutto a monsignor Domenedio e a santa Chiesa; onde ? necessario che diventiate un buono ecclesiastico, e facciate ben capace ciascuno, che amate l'onore e stato di Santa Chiesa e della sede apostolica innanzi a tutte le cose del mondo, posponendo a questo ogni altro rispetto... Nelle pompe vostre loder? pi? presto stare di qua dal moderato, che di l?; e pi? presto vorrei bella stalla e famiglia ordinata e polita, che ricca e pomposa. Ingegnatevi di vivere accostumatamente, riducendo a poco a poco le cose al termine, che, per essere ora la famiglia e il padron nuovo, non si pu?. Gioje e sete in poche cose stanno bene a' pari vostri. Pi? presto qualche gentilezza di cose antiche e bei libri, e pi? presto famiglia accostumata e dotta che grande; convitar pi? spesso che andare a conviti, n? per? superfluamente. Usate per la persona vostra cibi grossi, e fate assai esercizio; perch? in codesti panni vien presto in qualche infermit? chi non ci ha cura. Lo stato del cardinale ? non manco sicuro, che grande; onde nasce che gli uomini si fanno negligenti, parendo loro aver conseguito assai, e poterlo mantenere con poca fatica; e questo nuoce spesso e alla condizione e alla vita, alla quale ? necessario abbiate grande avvertenza; e pi? presto pendiate nel fidarvi poco, che troppo... Una regola sopra l'altre vi conforto ad usare con tutta la sollecitudine vostra; e questa ? di levarvi ogni mattina di buon'ora, perch? oltre al conferir molto alla sanit?, si pensa ed espedisce tutte le faccende del giorno, e al grado che avete, avendo a dire l'ufficio, studiare, dar udienza ecc., vel troverete molto utile. Un'altra cosa ancora ? sommamente necessaria a un pari vostro, cio? pensare sempre, la sera innanzi, tutto quello che avete da fare il giorno seguente, acciocch? non vi venga cosa alcuna immediata...>>

Il cardinale de' Medici, costretto esular da Firenze quando i suoi ne furono espulsi, e vedendo non poter vivere a Roma con dignit? e sicurezza sotto Alessandro VI, prefisse di andar viaggiando. Prese seco undici giovani gentiluomini, la pi? parte suoi parenti, fra cui Giulio; e tutti vestiti a una divisa, comandando un per giorno alla brigata, percorsero Germania, Francia, Fiandra; a Genova alloggiarono presso il cardinale della Rovere anch'esso profugo da Roma; onde, fra quei fuorusciti, tre erano futuri papi.

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