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Munafa ebook

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Read Ebook: La vita nuova by Dante Alighieri Agresti A Antonio Editor Rossetti Dante Gabriel Illustrator

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Ebook has 212 lines and 31077 words, and 5 pages

INCIPIT VITA NOVA:

AVVERTENZA.

PER QUESTA EDIZIONE DELLA <> CI SIAMO VALSI DELLA LEZIONE SEGU?TA DA ALESSANDRO D'ANCONA COME DI QUELLA CHE, PER ESSERE STATA SCRUPOLOSAMENTE RISCONTRATA SU CODICI E STAMPE, ? FINORA IL PI? VERACE TESTO DELL'AUREO LIBRO GIOVANILE DEL DIVINO POETA. LE TAVOLE SONO STATE RIPRODOTTE IN ELIOTIPIA DALLO STABILIMENTO DANESI DI ROMA.

In quella parte del libro della mia memoria, dinanzi alla quale poco si potrebbe leggere, si trova una rubrica la quale dice:

Sotto la quale rubrica io trovo scritte le parole, le quali ? mio intendimento d'assemprare in questo libello; e se non tutte, almeno la loro sentenzia.

A ciascun'alma presa e gentil core, Nel cui cospetto viene il dir presente, A ci? che mi riscrivan suo parvente, Salute in lor signor, cio? Amore.

Gi? eran quasi ch'atterzate l'ore Del tempo ch'ogni stella n'? lucente, Quando m'apparve Amor subitamente, Cui essenza membrar mi d? orrore.

Allegro mi sembrava Amor, tenendo Mio core in mano, e nelle braccia avea Madonna, involta in un drappo, dormendo.

Poi la svegliava, e d'esto core ardendo Lei paventosa umilmente pascea: Appresso gir lo ne vedea piangendo.

Da questa visione innanzi cominci? il mio Spirito naturale ad essere impedito nella sua operazione, per? che l'anima era tutta data nel pensare di questa gentilissima; ond'io divenni in picciolo tempo poi di s? frale e debole condizione, che a molti amici pesava della mia vista: e molti pieni d'invidia si procacciavano di sapere di me quello ch'io voleva del tutto celare ad altrui. Ed io accorgendomi del malvagio addomandare che mi faceano, per la volont? d'Amore, il quale mi comandava secondo il consiglio della ragione, rispondea loro, che Amore era quegli che cos? m'avea governato: dicea d'Amore, per? che io portava nel viso tante delle sue insegne, che questo non si potea ricoprire. E quando mi domandavano: <> ed io sorridendo li guardava, e nulla dicea loro.

Un giorno avvenne, che questa gentilissima sedea in parte, ove s'udiano parole della Reina della gloria, ed io era in luogo, dal quale vedea la mia beatitudine; e nel mezzo di lei e di me, per la retta linea, sedea una gentile donna di molto piacevole aspetto, la quale mi mirava spesse volte, maravigliandosi del mio sguardare, che parea che sopra lei terminasse; onde molti s'accorsero del suo mirare. E in tanto vi fu posto mente, che, partendomi di questo luogo, mi sentii dire appresso: <>. E nominandola, intesi che diceano di colei, che mezza era stata nella linea retta che movea dalla gentilissima Beatrice, e terminava negli occhi miei. Allora mi confortai molto, assicurandomi che il mio segreto non era comunicato, lo giorno, altrui per mia vista: ed inmantanente pensai di fare di questa gentile donna ischermo della veritade; e tanto ne mostrai in poco di tempo, che il mio segreto fu creduto sapere dalle pi? persone che di me ragionavano. Con questa donna mi celai alquanti anni e mesi; e per pi? fare credente altrui, feci per lei certe cosette per rima, le quali non ? mio intendimento di scrivere qui, se non in quanto facesse a trattare di quella gentilissima Beatrice: e per? le lascer? tutte, salvo che alcuna ne scriver?, che pare che sia loda di lei.

Dico che in questo tempo, che questa donna era ischermo di tanto amore, quanto dalla mia parte, mi venne una volont? di voler ricordare il nome di quella gentilissima, e d'accompagnarlo di molti nomi di donne, e specialmente del nome di questa gentile donna; e presi i nomi di sessanta le pi? belle donne della cittade, ove la mia donna fu posta dall'altissimo Sire, e composi una epistola sotto forma di Serventese, la quale io non scriver?: e non n'avrei fatta menzione, se non per dire quello che, componendola, maravigliosamente addivenne: cio?, che in alcuno altro numero non sofferse il nome della mia donna stare, se non in sul nono, tra' nomi di queste donne.

La donna, con la quale io avea tanto tempo celata la mia volont?, convenne che si partisse della sopradetta cittade, e andasse in paese molto lontano: per che io, quasi sbigottito della bella difesa che mi era venuta meno, assai me ne sconfortai, pi? che io medesimo non avrei creduto dinanzi. E pensando che, se della sua partita io non parlassi alquanto dolorosamente, le persone sarebbero accorte pi? tosto del mio nascondere, proposi adunque di farne alcuna lamentanza in un Sonetto, lo quale io scriver?; perci? che la mia donna fu immediata cagione di certe parole, che nel Sonetto sono, siccome appare a chi lo 'ntende: e allora dissi questo Sonetto:

O voi, che per la via d'Amor passate, Attendete, e guardate S'egli ? dolore alcun, quanto il mio, grave: E priego sol, ch'udir mi sofferiate; E poi imaginate S'io son d'ogni dolore ostello e chiave.

Amor, non gi? per mia poca bontate, Ma per sua nobiltate, Mi pose in vita s? dolce e soave, Ch'i' mi sentia dir dietro spesse fiate: Deh! per qual dignitate Cos? leggiadro questi lo cor have?

Ora ho perduta tutta mia baldanza, Che si movea d'amoroso tesoro; Ond'io pover dimoro In guisa, che di dir mi vien dottanza.

S? che, volendo far come coloro, Che per vergogna celan lor mancanza, Di fuor mostro allegranza, E dentro dallo cor mi struggo e ploro.

Piangete, amanti, poi che piange Amore, Udendo qual cagion lui fa plorare: Amor sente a piet? donne chiamare, Mostrando amaro duol per gli occhi fuore;

Perch? villana Morte in gentil core Ha messo il suo crudele adoperare, Guastando ci? che al mondo ? da lodare In gentil donna, fuora dell'onore.

Udite quant'Amor le fece orranza; Ch'io 'l vidi lamentare in forma vera Sovra la morta imagine avvenente;

E riguardava inv?r lo ciel sovente, Ove l'alma gentil gi? locata era, Che donna fu di s? gaia sembianza.

Morte villana, di piet? nimica, Di dolor madre antica, Giudicio incontestabile, gravoso, Poi c'hai data materia al cor doglioso Ond'io vada pensoso, Di te biasmar la lingua s'affatica.

E se di grazia ti vo' far mendica, Convenesi ch'io dica Lo tuo fallir, d'ogni torto tortoso; Non per? che alla gente sia nascoso, Ma per farne cruccioso Chi d'Amor per innanzi si nutrica.

Dal secolo hai partita cortesia, E, ci? che 'n donna ? da pregiar, virtute In gaia gioventute: Distrutta hai l'amorosa leggiadria.

Pi? non vo' discovrir qual donna sia, Che per le propriet? sue conosciute: Chi non merta salute, Non speri mai d'aver sua compagnia.

Appresso la morte di questa donna alquanti d?, avvenne cosa, per la quale mi convenne partire della sopradetta cittade, ed ire verso quelle parti, dov'era la gentil donna ch'era stata mia difesa, avvegna che non tanto lontano fosse lo termine del mio andare, quanto ella era. E tutto che io fossi alla compagnia di molti, quanto alla vista, l'andare mi dispiacea s?, che quasi li sospiri non poteano disfogare l'angoscia, che il cuore sentia, per? ch'io mi dilungava dalla mia beatitudine. E per? lo dolcissimo signore, il quale mi signoreggiava per virt? della gentilissima donna, nella mia imaginazione apparve come peregrino leggiermente vestito, e di vili drappi. Egli mi parea sbigottito, e guardava la terra, salvo che talvolta mi parea, che li suoi occhi si volgessero ad uno fiume bello e corrente e chiarissimo, il quale sen g?a lungo questo cammino l? ove io era. A me parve che Amore mi chiamasse, e dicessemi queste parole: <>; e nomollami s?, ch'io la conobbi bene. <>. E dette queste parole, disparve tutta questa mia imaginazione subitamente, per la grandissima parte, che mi parve ch'Amore mi desse di s?; e, quasi cambiato nella vista mia, cavalcai quel giorno pensoso molto, e accompagnato da molti sospiri. Appresso lo giorno, cominciai questo Sonetto:

Cavalcando l'altr'ieri per un cammino, Pensoso dell'andar, che mi sgradia, Trovai Amor nel mezzo della via, In abito leggier di peregrino.

Nella sembianza mi parea meschino Come avesse perduta signoria; E sospirando pensoso venia, Per non veder la gente, a capo chino.

Quando mi vide, mi chiam? per nome, E disse: Io vegno di lontana parte, Dov'era lo tuo cor per mio volere;

E recolo a servir novo piacere. Allora presi di lui s? gran parte, Ch'egli disparve, e non m'accorsi come.

Appresso la mia tornata, mi misi a cercare di questa donna, che lo mio signore m'avea nominata nel cammino de' sospiri. Ed acci? che il mio parlare sia pi? brieve, dico che in poco tempo la feci mia difesa tanto, che troppa gente ne ragionava oltra li termini della cortesia; onde molte fiate mi pesava duramente. E per questa cagione, cio? di questa soperchievole voce, che parea che m'infamasse viziosamente, quella gentilissima, la quale fu distruggitrice di tutti i vizj e reina della virt?, passando per alcuna parte mi neg? il suo dolcissimo salutare, nel quale stava tutta la mia beatitudine. E uscendo alquanto del proposito presente, voglio dare ad intendere quello che il suo salutare in me virtuosamente operava.

Dico, che quando ella apparia da parte alcuna, per la speranza della mirabile salute nullo nemico mi rimanea, anzi mi giugnea una fiamma di caritade, la quale mi facea perdonare a chiunque m'avesse offeso: e chi allora m'avesse addimandato di cosa alcuna, la mia risponsione sarebbe stata solamente: <> con viso vestito d'umilt?. E quando ella fosse alquanto propinqua al salutare, uno Spirito d'amore, distruggendo tutti gli altri spiriti sensitivi, pingea fuori li deboletti Spiriti del viso, e dicea loro: <>; ed egli si rimanea nel loco loro. E chi avesse voluto conoscere Amore, far lo potea mirando lo tremore degli occhi miei. E quando questa gentilissima donna salutava, non che Amore fosse tal mezzo, che potesse obumbrare a me la intollerabile beatitudine, ma egli quasi per soperchio di dolcezza divenia tale, che lo mio corpo, lo quale era tutto allora sotto il suo reggimento, molte volte si movea come cosa grave inanimata. Sicch? appare manifestamente che nelle sue salute abitava la mia beatitudine, la quale molte volte passava e redundava la mia capacitade.

Ballata, io vo' che tu ritruovi Amore, E con lui vadi a Madonna davanti, S? che la scusa mia, la qual tu canti, Ragioni poi con lei lo mio Signore.

Tu vai, Ballata, s? cortesemente, Che, senza compagnia, Dovresti avere in tutte parti ardire: Ma, se tu vuogli andar securamente, Ritruova l'Amor pria; Ch? forse non ? buon sanza lui gire: Per? che quella, che ti debbe udire, Se, com'io credo, ? inv?r di me adirata, E tu di lui non fussi accompagnata, Leggieramente ti far?a disnore.

Con dolce suono, quando se' con lui, Comincia este parole Appresso ch'averai chiesta pietate: Madonna, quegli che mi manda a vui, Quando vi piaccia, vuole, Se egli ha scusa, che la m'intendiate. Amore ? quei, che per vostra beltate Lo face, come vuol, vista cangiare: Dunque, perch? gli fece altra guardare Pensatel voi, dacch'e' non mut? 'l core.

Dille: Madonna, lo suo cuore ? stato Con s? fermata fede, Ch'a voi servir l'ha pronto ogni pensero: Tosto fu vostro, e mai non s'? smagato. Se ella non ti crede, Di' che 'n domandi Amor, che sa lo vero: Ed alla fin le fa umil preghiero, Lo perdonare se le fosse a noia, Che mi comandi per messo ch'i' moia; E vedrassi ubidir bon servidore.

E di' a colui ch'? d'ogni piet? chiave, Avanti che sdonnei, Che le sappia contar mia ragion buona: Per grazia della mia nota soave Riman tu qui con lei, E del tuo servo, ci? che vuol, ragiona; E s'ella per tuo priego gli perdona, Fa' che gli annunzi in bel sembiante pace. Gentil Ballata mia, quando ti piace, Muovi in quel punto, che tu n'aggi onore.

Tutti li miei pensier parlan d'amore: Ed hanno in lor s? gran var?etate, Ch'altro mi fa voler sua potestate, Altro folle ragiona il suo valore.

Altro sperando m'apporta dolzore; Altro pianger mi fa spesse f?ate; E sol s'accordano in chieder pietate, Tremando di paura ch'? nel core.

Ond'io non so da qual matera prenda; E vorrei dire, e non so che mi dica: Cos? mi truovo in amorosa erranza.

E se con tutti vo' fare accordanza, Convenemi chiamar la mia nemica, Madonna la Piet?, che mi difenda.

Appresso la battaglia delli diversi pensieri, avvenne che questa gentilissima venne in parte, ove molte donne gentili erano adunate; alla qual parte io fui condotto per amica persona, credendosi fare a me gran piacere in quanto mi menava l? dove tante donne mostravano le loro bellezze. Ond'io, quasi non sapendo a che io fossi menato, e fidandomi nella persona, la quale un suo amico all'estremit? della vita condotto avea, dissi a lui: <> Allora quegli mi disse: <>. E lo vero ?, che adunate quivi erano alla compagnia d'una gentil donna, che disposata era lo giorno; e per?, secondo la usanza della sopradetta cittade, conveniva che le facessero compagnia nel primo sedere alla mensa nella magione del suo novello sposo. S? che io, credendomi far il piacere di questo amico, proposi di stare al servigio delle donne nella sua compagnia. E nel fine del mio proponimento mi parve sentire un mirabile tremore incominciare nel mio petto dalla sinistra parte, e distendersi di subito per tutte le parti del mio corpo. Allora dico che io poggiai la mia persona simulatamente ad una pintura, la quale circondava questa magione; e temendo non altri si fosse accorto del mio tremare, levai gli occhi, e mirando le donne, vidi tra loro la gentilissima Beatrice. Allora furono s? distrutti li miei Spiriti per la forza che Amore prese veggendosi in tanta propinquitade alla gentilissima donna, che non mi rimase in vita pi? che gli Spiriti del viso; ed ancor questi rimasero fuori de' loro strumenti, per? che Amore volea stare nel loro nobilissimo luogo per vedere la mirabile donna. E avvegna ch'io fossi altro che prima, molto mi dolea di questi Spiritelli, che si lamentavano forte, e diceano: <>. Io dico che molte di queste donne, accorgendosi della mia trasfigurazione, si cominciarono a maravigliare; e ragionando si gabbavano di me con questa gentilissima: onde, lo ingannato amico mi prese per la mano, e traendomi fuori della veduta di queste donne, mi domand? che io avessi. Allora io riposato alquanto, e resurressiti li morti Spiriti miei, e li discacciati rivenuti alle loro possessioni, dissi a questo mio amico queste parole: <>. E partitomi da lui, mi ritornai nella camera delle lagrime, nella quale, piangendo e vergognandomi, fra me stesso dicea: <>. E in questo pianto stando, proposi di dire parole, nelle quali, a lei parlando, significassi la cagione del mio trasfiguramento, e dicessi che io so bene ch'ella non ? saputa, e che se fosse saputa, io credo che piet? ne giugnerebbe altrui: e propuosele di dire, desiderando che venissero per avventura nella sua audienza; e allora dissi questo Sonetto:

Con l'altre donne mia vista gabbate, E non pensate, donna, onde si mova Ch'io vi rassembri s? figura nova Quando riguardo la vostra biltate.

Se lo saveste, non porr?a Pietate Tener pi? contra me l'usata prova; Ch? quando Amor s? presso a voi mi trova, Prende baldanza e tanta sicurtate,

Ch'el fier tra' m?ei Spirti paurosi, E quale uccide, e qual pinge di fuora, S? ch'ei solo rimane a veder vui;

Ond'io mi cangio in figura d'altrui; Ma non s?, ch'io non senta bene allora Gli guai degli scacciati tormentosi.

Appresso la nuova trasfigurazione mi giunse un pensamento forte, lo quale poco si part?a da me; anzi continuamente mi riprendea, ed era di cotale ragionamento meco: <>. Ed a questo rispondea un altro umile pensiero, e dicea: <>. Ond'io, mosso da cotali pensamenti, proposi di dire certe parole, nelle quali, scusandomi a lei di cotal riprensione, ponessi anche di quello che mi addiviene presso di lei; e dissi questo Sonetto:

Ci? che m'incontra, nella mente more Quando vegno a veder voi, bella gioia, E quand'io vi son presso, sento Amore, Che dice: Fuggi, se 'l perir t'? noia.

Lo viso mostra lo color del core, Che, tramortendo, dovunque s'appoia; E per l'ebr?et? del gran tremore Le pietre par che gridin: Moia, moia.

Peccato face chi allor mi vide, Se l'alma sbigottita non conforta, Sol dimostrando che di me gli doglia,

Per la piet?, che 'l vostro gabbo uccide, La qual si cria nella vista morta Degli occhi, c'hanno di lor morte voglia.

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