Read Ebook: Reliquie - Le masse cristiane by Calandra Edoardo
Font size: Background color: Text color: Add to tbrJar First Page Next Page Prev PageEbook has 752 lines and 30174 words, and 16 pages-- Oh santo Dio! poco bene, -- male anzi..... si va perdendo la razza di tutto... Se il Governo non piglia le misure, se la seguita ad andar cos?, fra un paio d'anni quando si vorr? tirare una schioppettata, la sar? per le cavallette, le lumache o gli scarafaggi. -- Potevi scrivere, e non si veniva. -- Eh! via, hanno fatto bene a venire, dico per dire, un giro si pu? sempre fare con profitto; vi sono qua e l? nel territorio, dei campi freschi, nei quali le quaglie non possono mancare... poi lascino fare a me che ho sempre in serbo qualche novit?, oggi nei grani turchi, domani nella macchia, saranno pernici, saranno fagiani... Gli altri in paese non trovano perch? non san cercare. Infine se ce ne sar? per gli altri, ce ne sar? anche per noi. Poi entr? a discutere con Mario, se ci tornava di pi? fare il giro di qua o di l? dal fiume, per arrivar prima dei cacciatori di questo o di quel villaggio ecc., e durante quella pioggia di frasi caratteristiche, di vocaboli cinegetici, di nomi barbari di regioni note a me quanto l'interno dell'Africa, mi addormentai senz'altro. Mario mi svegli? che erano le dieci: -- Vedo che la tua conversazione con noi langue. Se invece di dormir male sul tavolo, preferisci dormir bene nel letto, puoi quando tu voglia, salir in camera..... Io esco in paese con Rocco, cos?, per sentir dove vanno gli altri domani. -- Ti sono proprio riconoscente. -- Bisogner? uscir per tempo, sai, essere i primi in campagna se ? possibile. Per? mi rincresce vederti cos? assonnato, speravo farti ancora gustare una piccola sorpresa storica, archeologica. -- Ti ringrazio di cuore. Rimettiamola a domani, anzi a doman l'altro. -- No, no, ne godrai ugualmente stassera, ma non avrai la sensazione cos? netta. Pensa che t'ho fatto apparecchiare la camera gialla, nella quale nessuno ha pi? dormito dal... dal... ora ti faccio il conto... Lo guardai subito di traverso. -- Senti, gli dissi, se per caso si tratta della solita camera gialla, rossa, verde o pavonazza, nella quale nessuno vuol dormire, credo bene di prevenirti che quando non dormo di notte, ho inesorabilmente mal di capo al domani; perci? avrai tutta la mia riconoscenza se ti vorrai risparmiare il disagio d'alzarti a mezzanotte pi? o meno precisa, e venir avvolto in un lenzuolo bianco di bucato, a far lo spettro, a scuoter le catene del pozzo, a cacciar urli, empir la camera col fumo di colofonia, che puzza, e malsano e sciuperebbe i tuoi mobili... siamo intesi. Mettimi a dormir dove vuoi, ma non seccarmi. Mario scosse le spalle, inarc? le ciglia, accese un lume, s'avvi? precedendomi su per la scala, e giunto alla camera gialla sollev? alto il candelliere acciocch? potessi in un sol colpo d'occhio abbracciarne l'insieme. -- Vedi!... ? o non ? interessante anche senza spettri la camera gialla? -- Guarda, osserva, esamina, -- dormi tranquillo, come far? anch'io, e fa d'essere in piedi piuttosto prima che dopo le tre. Mi trovai solo col cuore leggermente serrato da quel senso vago d'ansiet?, che accompagna ogni cambiamento un po' importante nelle nostre abitudini. Guardai intorno sollevando in alto il lume e cercando, nella luce un po' dubbia, di farmi un'idea netta di tutta la camera. L'aspetto n'era singolare; non ispiravano melanconia n? letizia; trasportava, senza sforzo d'immaginazione, indietro di molti anni; e l'ambiente del principio di questo secolo era cos? ben definito, che si provava l'intuizione, direi quasi retrospettiva, d'avervi vissuto. I mobili di maggior mole ed importanza, come i pi? piccoli arredi, avevano tra loro come un'aria di famiglia. Erano tutti fabbricati nello stesso carattere, involti e coperti d'una medesima patina, e dormivano nell'ordine, nel luogo a loro destinato da chi aveva abitato un tempo quella stanza; ordine e sonno rispettato poi dai successori, che, vuoi per venerazione, vuoi per combinazione di speciali circostanze, non avevano pi? portato in quel sito il movimento e l'agitazione della vita. Nel soffitto erano dipinte a chiaroscuro le quattro stagioni. V'era un vecchio coperto d'una pelle di volpe, che raffigurava l'inverno. La primavera era una giovinetta dalle forme sviluppate e le mani piene di rose. Un giovane nudo con un covone al fianco ed una falce in mano, una venditrice d'uva e di pomi, rappresentavano l'uno l'estate, l'altra l'autunno. Un gran letto di legno scolpito, ornato di piastre e trofei in bronzo, s'avanzava fino nel mezzo della stanza. Un canap?, due seggioloni ed alcune seggiole collocate lungo le pareti, tese d'una tappezzeria gialla a mazzolini di rose, avevano, nel dorso rigido e rettangolare, scolpita una lira colle sue corde. Sul caminetto, v'era un orologio a pendolo a foggia di tempietto d'alabastro e sotto al quadrante di questo, tra le colonnine, due colombe posate sul margine d'una piccola vasca si dissetavano in un pezzetto di specchio, che rappresentava l'onda cristallina. Accompagnavano l'orologio, due vasi sottovetro, pieni di fiori di carta scolorita. Non sentivo pi? d'aver sonno: andavo e venivo lungo le pareti, me ne scostavo ad un tratto, e fermo nel mezzo della camera, alzavo il lume dirigendolo a destra, a sinistra, in alto, in basso per scoprir nuove cose; poi mi avvicinavo ad osservar minutamente gli oggetti, attirato, spinto a proseguir il mio inventario da fremito intenso di curiosit? rispettosa. Al disopra del canap? era appeso un ritratto d'uomo. Salii sul mobile ed attirandomi sulla persona un nuvolo di polvere e di ragnatele, lo staccai per esaminarlo da vicino. I capelli tirati sulla fronte ed i pizzi corti che inquadravano le guancie, interamente bianchi, contrastavano in modo singolare coi lineamenti d'un viso giovane ancora. Le fattezze tutte del volto erano pure, regolari, delicate e l'assenza completa di pelo alle labbra ed al mento comunicava loro una apparenza alquanto femminile. Nei suoi occhi traspariva poi un sentimento di cos? profonda mestizia, che vi fermava lo sguardo, v'obbligava a pensarvi, v'interessava per modo che avreste voluto aver lui vivo d'innanzi, saperne i casi, la vita, ricevere le sue confidenze. Incominciai a spogliarmi per pormi a letto. Avendo l'abitudine di leggere prima di prender sonno, tolsi alla biblioteca, appesa accanto al caminetto, alcuni piccoli volumi, tutti insieme cos? per vederne i titoli. Fatta la mia scelta volli riporre a luogo gli altri, ma pel vano aperto mi apparve al di dietro, dove avrebbe potuto essere una seconda serie di libri, una scatola rettangolare, che liberata e spolverata, venne in luce sotto la forma d'un vecchio cofanetto in lacca del Giappone. Inutile dire che pensai subito ad aprirlo, vi sentivo ballar dentro degli oggetti, che dalla variet? dello strepito, giudicavo di diversa natura. La chiave mancava, non la trovai nel vano lasciato nella biblioteca n? fra i libri rimasti. Provai tutte quelle che aveva nel taschino; non entravano nella toppa o giravano a vuoto. Non potendolo aprire in via naturale, non volendo ricorrere alla violenza, posai il mobiletto sull'ottomana e seguitai a spogliarmi non senza volger lo sguardo di tanto in tanto, a quel bucolino scuro della serratura che, col suo piccolo punto brillante nel centro, pareva un occhio piccino piccino che mi guardasse insistente per eccitare la mia curiosit?. No. Non potevo tardare a pigliar sonno. Un cordoncino in seta rossa pendeva tra i fogli come un segno. Aprii a quel punto per vedere a che quel segno si riferisse, un oggetto racchiuso frusci? scorrendo tra i fogli, luccic? sfuggendone... cercai fra le pieghe del lenzuolo... a capo del cordoncino rosso pendeva una piccola chiave dorata. Un momento dopo ero seduto in camicia sul canap?: dal cofanetto aperto sulle ginocchia un profumo soave, sottile, sconosciuto, mi penetrava per le nari nel cervello, maneggiavo adagio, con riverenza, un piccolo portafoglio legato in avorio, un guanto lunghissimo ed una scatola circolare. Il guanto era di donna senza dubbio e contemporaneo dell'imperatrice Giuseppina. Nelle taschine di raso rosato del portafoglio vi erano su pagine di carta velina, alcune note insignificanti; alcune massime: Souvenez vous de la faiblesse humaine, il est de notre nature de tomber et de faire des fautes. En avez vous commis? -- ne craignez pas de les reparer. Votre ?me est elle malade? Cherchez ? la gu?rir. La vie est courte; ne portons pas trop loin nos esp?rances. Erano d'una scrittura femminile finissima. V'erano dei versi d'un altro carattere pi? probabilmente maschile: La scatola era in tartaruga cerchiata d'oro, tutta seminata di stelle dello stesso metallo. L'aprii era vuota. Trovai strano lo spessore del coperchio in proporzione del fondo. Girando e rigirando, provai a torcere con forza, sentii che si svitava e lo ebbi fra mani diviso ancora in due. Add to tbrJar First Page Next Page Prev Page |
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