Read Ebook: Prima di partire by Castelnuovo Enrico
Font size: Background color: Text color: Add to tbrJar First Page Next PageEbook has 1580 lines and 92874 words, and 32 pagesRelease date: September 18, 2023 Original publication: Milano: Treves, 1896 PRIMA di PARTIRE NUOVI RACCONTI Enrico Castelnuovo PROPRIET? LETTERARIA. Milano. -- Tip. Treves. INDICE. Prima di partire Pag. 1 Fuori di tempo e fuori di posto 72 Il salottino giapponese 200 Nell'andare al ballo 258 L'eredit? di Giuseppina 274 Il natale di Ninetta 303 La nipote del colonnello 318 La zia Teresa 338 La bambina 352 PRIMA DI PARTIRE Venezia, luned?, 31 maggio 1886. O dovevo forse notare le freddure di qualche bellimbusto, dovevo descrivere la corte che qualcheduno mi fece nei tempi lieti, salvo a piantarmi in asso nei tempi della sventura? No, no, abborro le inutili querimonie. Oggi l'ho tirato fuori dal suo cassetto, l'ho spolverato, l'ho aperto, e son qui, son proprio qui, seduta al tavolino, e la mia penna corre su queste pagine, e nonostante la mobilit? del mio carattere credo che per qualche settimana ancora dedicher? a tale occupazione un'oretta al giorno. Gli ? che mi trovo in un momento solenne della mia vita, un momento di cui desidero raccogliere e serbar tutte le impressioni e tutti i ricordi. Sto per abbandonar forse per sempre la mia citt?, la mia patria, sto per andar a migliaia e migliaia di miglia da qui, in un paese di cui ignoro la lingua, dove sar? a poco a poco dimenticata da conoscenti ed amici, dove, passati alcuni mesi, non mi giunger? pi? una parola dalla mia Venezia.... Non ? morire, ma ci somiglia. Scommetto che chi leggesse queste righe direbbe: -- Ah, una ragazza che si marita all'estero.... Solite smorfie. Non mi marito. Senza esser bella non sono neanche un mostro, ma il fatto si ? che ho venticinqu'anni compiuti e il mio sposo ? sempre di l? da venire. Intanto vado a Tiflis a raggiungere un mio fratello che ? stabilito laggi? e al quale, dopo la morte del povero zio, il mio unico sostegno da quando son rimasta orfana, dovevo pur scrivere per dir ch'ero sola e che, una volta venduti i quattro stracci che avevo, sarei rimasta sul lastrico. Fu una grande umiliazione, perch? di quell'Odoardo, sebbene mio fratello, io rammento appena la fisonomia; perch? ci siamo scambiate con lui forse tre lettere in tutta la vita; e perch? infine, com'io sento pochissimo la famosa voce del sangue, cos? non posso pretendere che la sentano molto gli altri.... Che cosa importa chiamarsi fratello e sorella quando non s'? cresciuti insieme, quando non s'? avuta nessuna comunanza di pensieri, di dolori, di gioie? Questa lettera, lo confesso, mi suscit? una tempesta nell'anima. Rispondere di s? era proprio giocare un terno al lotto; se c'era incompatibilit? di carattere tra mio fratello e me, se il clima di Tiflis non si confaceva alla mia salute, se m'assaliva la nostalgia?... Ma d'altra parte risponder di no era precludermi la sola via d'uscita dagl'impicci in cui mi trovavo, era mettermi nella necessit? di batter di porta in porta alla ricerca d'un'occupazione pur che sia, e, peggio ancora, espormi alla mortificazione delle beneficenze mal simulate; inviti a desinare o in campagna, regali d'abiti dimessi e altre cose simili.... Alla lunga poi, qualcheduno mi avrebbe detto: -- Ma, cara Elena, perch? vi siete lasciata sfuggir la buona occasione? -- E allora mi sarebbe convenuto scrivere di nuovo a mio fratello, spiegargli le mie contraddizioni, pregarlo di compatirmi, d'accogliermi!... No, no, a questo non volevo assolutamente arrivarci.... Aggiungasi al resto il col?ra che ha spopolato la citt?, che mi toglie perfino la speranza di procurarmi qualche lezione.... Troncai gl'indugi, e prima che spirasse il termine stabilito spedii il dispaccio.... Adesso attendo il danaro. Non m'ero consigliata con anima viva. Consigliarsi in cose di poco rilievo, passi; ma in cose gravi, Dio mio!... ? il vero modo per non venir pi? a capo di nulla. Ognuno d? un parere diverso e si finisce coll'aver la testa come un cestone. Cos?, quando, dopo l'invio del telegramma, annunziai alla signora Celeste, la mia padrona di casa, che probabilmente sarei tra non molto partita, per Tiflis, nel Caucaso, ella rimase fulminata. Non occorre dire che le cognizioni geografiche della signora Celeste sono men che mediocri, e che quest'era la prima volta ch'ella sentiva parlare del Caucaso e di Tiflis.... -- Vergine Santissima! -- ella esclam? -- e che paesi sono? -- Ma.... paesi alquanto lontani. -- Pi? lontani di Verona? -- ella chiese. -- Verona dov'ell'ha una cugina maritata ? il punto estremo a cui la signora Celeste si sia spinta nello sue peregrinazioni. -- Molto, molto pi? in l? -- risposi sorridendo; -- paesi che son fuori d'Europa, in Asia. -- La signora Celeste che non ha idee chiare delle cinque parti del mondo congiunse le mani in atto di dolorosa maraviglia. -- In Asia! Dunque pi? in l? anche di Milano? -- Pi? in l?, pi? in l? -- replicai. Un'idea terribile balen? nella mente della signora Celeste. -- Andrebbe, Dio guardi, fra i Turchi? -- Ci sono anche dei Turchi, ma la citt? appartiene ai Russi, che sono cristiani. -- E ha preso una risoluzione simile cos? su due piedi? -- seguit? la buona donna che non sapeva darsi pace. -- E pu? serbar questa calma? -- Cara signora Celeste -- dissi io -- bisogna far di necessit? virt?. Del resto, la mia calma non era che apparente, e poi che fui nella mia stanza ed ebbi dato il chiavistello all'uscio mi gettai con la faccia sul letto, e inondai i guanciali di lacrime, e mi parve che sarei stata tanto contenta se avessi potuto ritirare il telegramma e non partir pi?. Ma ormai non c'era rimedio. Il male si ? che quanti pi? giorni passano tanto pi? sanguina la ferita che questo prossimo distacco dalla mia patria mi ha aperto nel cuore. Provo dentro di me un non so che d'inesplicabile. Questa citt? dove son nata e cresciuta, di cui ho percorso forse tutte le strade e calcato tutte le pietre, acquista ora per me un fascino nuovo; non posso uscir di casa senz'aver qualche argomento di sorpresa. Dico a me stessa: -- Come? Non m'ero mai accorta di quell'effetto di luce, di quel contrasto di colori, di quello scorcio cos? pittoresco? Cara, cara Venezia!... Mi piacciono persino le suo brutture, le sue bicocche pi? diroccate, le sue calli pi? anguste, i suoi rii pi? sudici. E anche questa ? curiosa. Cento faccie indifferenti che ho incontrato mille e mille volte sul mio cammino, cento faccie di persone delle quali ignoro il nome pigliano oggi a' miei occhi un aspetto insolito; mi sembra quasi ch'esse mi guardino con simpatia; mi sembra che, s'io le incoraggiassi, le loro labbra si moverebbero per consigliarmi di non partire, di restar qui, in mezzo ad amici. Illusioni, fantasie d'un cervello malato. Evidentemente ? cos?, ma sento anche che quando sar? nella terra d'esilio, quando non vedr? pi? il bel cielo d'Italia n? al mio orecchio soner? il nostro dolcissimo idioma, sar? un conforto per me il cullarmi in queste fantasie e in queste illusioni. Voi mi aiuterete a evocarle, o pagine discrete, alle quali confido i miei pensieri pi? intimi. Marted?, 1? giugno. In casa della signora Celeste, ch'? vedova d'un impiegato e alla sua magra pensione aggiunge il po' che guadagna affittando camere ammobigliate, ci sono, oltre a me, due inquilini, il professor Verdani, bolognese, che veggo di rado e non sento mai, e il cavaliere Struzzi, colonnello in pensione, che non veggo quasi mai e che sento sempre. La sua camera ? dirimpetto alla mia, dall'altra parte del corridoio, e io comincio a gustar le gioie di s? amabile vicinanza la mattina quando la Gegia, la donna di servizio, va per tempissimo ad aprirgli le imposte. Allora egli inizia la giornata scagliandosi contro di lei o perch? ? venuta troppo tardi o perch? ? venuta troppo presto, e le d? della marmotta, della buona a nulla, concludendo col dire ch'? veneziana, e tanto busta. Poich? il colonnello, sebben veneziano nelle midolle, ostenta un grande disprezzo pel suo paese e pe' suoi concittadini. Pi? tardi il bizzarro uomo si raddolcisce con la Gegia, ma ne fa la sua vittima in un altro modo, costringendola a ricevere i suoi sfoghi contro tutto e tutti, dai cuochi della trattoria che lo avvelenano coi loro manicaretti sino al ministro della guerra che lo ha messo in pensione prima di nominarlo generale. E una volta toccato questo tasto, non la finisce pi?. A differenza dei veterani che si vedono nelle commedie, ruvidi, brontoloni, ma pronti a rasserenarsi se possono discorrere delle loro gesta, il colonnello o si pente, o finge di pentirsi di tutto quello che ha fatto. ? stato un prode, ha preso parte alle guerre d'indipendenza dal 1848 in poi, s'? guadagnata la medaglia al valor militare sul campo di Custoza e dichiara che doveva invece tenersi un banco di lotto come aveva suo padre, e non mischiarsi di politica, e non andar incontro alle palle e alle sciatiche per quelle fanfaluche che si chiamano libert? e indipendenza. Ma che libert?! Ma che indipendenza! Valeva la spesa di gettar via gli anni pi? belli della vita perch? cinquecento arruffoni potessero empir di chiacchiere quella loro gabbia di matti a cui diedero il nome di Parlamento? Queste filippiche si rinnovano pi? volte nel corso della giornata sotto forma di soliloqui, specialmente quando il colonnello legge i fogli che gl'irritano i nervi, ma dei quali non pu? star senza. -- Buffoni! -- egli esclama di tratto in tratto rivolgendosi a interlocutori immaginari -- Asini e buffoni! Ebbene; non c'? dubbio che il colonnello sia un vicino poco piacevole; ma in fin dei conti non fa male a nessuno e sento che mi parr? molto strano di non udir pi? la sua voce. In quanto al professore Verdani egli ? il perfetto contrapposto del colonnello. ? un giovine pallido, studioso, timidissimo, taciturno. Lo incontro spesso per le scale ed egli si fa piccino piccino, e tenendosi alla propria destra rasente al muro si tocca col dito la tesa del cappello e bisbiglia un impercettibile: -- Riverisco. Il buon professore ? l'idolo della signora Celeste. Cos? scrupoloso nel pagar la sua mesata, cos? pieno di riguardi, cos? affabile con lei e con la Gegia! ? una brava persona anche, un uomo che col tempo diverr? famoso. La signora Celeste non se ne intende, ma glielo assicur? il bidello della scuola ove il professore d? le sue lezioni.... Ha ormai stampato dei libri!... A questo proposito la signora Celeste mi mostr? in gran segretezza un opuscolo ch'ella aveva preso sulla tavola del Verdani, un opuscolo composto proprio da lui e del quale egli aveva ricevuto dallo stampatore una cinquantina di copie, tantoch? non si sarebbe nemmeno accorto del piccolo furto. Quell'opuscolo la signora Celeste non lo leggeva, perch? gi? non aveva confidenza con la lettura, e in ogni caso l'argomento era troppo difficile per lei.... Ma se volevo darci un'occhiata io che avevo studiato alla scuola superiore femminile? Santo cielo! Questo ? arabo, persiano, sanscrito. So dalla Gegia che oggi i miei due coinquilini si sono occupati entrambi di me, mostrandosi, ciascuno a suo modo, dolenti della mia partenza. -- Chi sa chi verr? in luogo suo -- brontol? il colonnello -- quella l? almeno non recava disturbo. E il professore disse: -- Mi dispiace davvero. Una signorina tanto per bene. Mercoled?, 2 giugno. Si vanno aprendo collette e istituendo comitati: della Croce verde, della Societ? del Bucintoro; si annunziano distribuzioni gratuite di commestibili, questue per le case, ecc., ecc.; tutta roba che fa salir la mosca al naso al colonnello Struzzi. L'ho sentito stamattina esprimere le sue opinioni in proposito alla Gegia. Che Croce rossa, o verde, o bianca?... Buffonate di gente che vuol mettersi in evidenza e magari buscarsi un cavalierato.... Ci credete voi al col?ra?.... Non vi domando il vostro parere; pu? importarmene molto del vostro parere!... Ma vi dico io che non c'? col?ra, non c'? che un branco di vigliacchi che scappano e un manipolo di vanitosi che si arrampicherebbero sugli specchi per richiamare l'attenzione sopra di s?.... Come quei dottorini della policlinica che girano per la citt? in cerca di colerosi, e quando non ce ne sono se ne inventano.... Saltimbanchi, saltimbanchi!... Oh nel 1849 s? che ci fu il col?ra a Venezia, e avevamo pi? di quattrocento casi in un giorno.... Ma gi? voi non eravate neanche nata nel 49... Peggio per voi che vi toccher? stare di pi? in questo mondaccio.... Cosa c'?? Dove andate? -- Ma.... -- balbett? la ragazza -- hanno suonato alla porta di strada. -- Che aspettino.... Fin che parlo io, voi dovete rimanere.... Dove avete imparato la creanza? In quel momento suonarono di nuovo, e siccome sapevo che la signora Celeste era uscita e ritenevo quindi che fosse lei, andai io stessa ad aprire. Era invece il professore Verdani che aveva dimenticato la chiave di casa e veniva a prenderla. Figuriamoci com'egli rimase quando vide me sul pianerottolo, come arross?, e quante scuse mi fece. Gli dispiaceva proprio d'avermi disturbata. -- Un disturbo piccolo -- risposi; -- La Gegia ? tenuta in chiacchiere dal signor colonnello. -- Ah! -- fece il professore. E voleva aggiungere qualche cosa, e qualche cosa volevo aggiungere anch'io. Ma eravamo imbarazzati tutti e due e ci limitammo a un saluto pi? espansivo del solito. A guardarlo bene il professore non ? mica un brutto giovine.... Probabilmente la lettera di Odoardo ? in viaggio. Ma da Tiflis a Venezia le lettere ci mettono un paio di settimane, sicch? ho da aspettare almeno dieci o dodici giorni. Sono curiosa di vedere quanti danari mio fratello mi manda, e aspetto la sua rimessa prima di fare alcune spese necessarie pel mio viaggio e di comperare qualche regaluccio per le mie amiche. S'egli non mi spedisce che quanto occorre strettamente pel tragitto a Costantinopoli, mi converr? vendere o impegnare i pochi oggetti preziosi che conservo come ricordi di famiglia.... Sarebbe un principiar molto male. Add to tbrJar First Page Next Page |
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